L’Europa dei popoli
Che strada hanno intrapreso i paesi e i popoli?
Eugenio Melandri è un compagno di strada sin dai tempi della Campagna “contro i mercanti di morte”, delle manifestazioni per lo smantellamento della base militare di Comiso e per la smilitarizzazione della Puglia e dell’Italia intera, accanto a don Tonino Bello. Missionario saveriano e direttore della rivista Missione oggi, eletto nel 1989 a parlamentare europeo nelle liste di Democrazia Proletaria, oggi è direttore della rivista Solidarietà internazionale. Gli abbiamo chiesto alcuni commenti a caldo sul voto per il Parlamento europeo.
Una prima valutazione, sul voto alle europee…
In Europa, se pure con un parlamento composito e con la presenza di alcuni partiti di destra – quello di Orban, di Le Pen, della Lega che hanno avuto un discreto successo – i partiti tradizionali europei hanno fondamentalmente tenuto, con un fattore nuovo che ritengo sia interessante: l’esplosione dei Verdi. Le giovani generazioni europee, soprattutto in Francia e in Germania, guardano più ai problemi ambientali che non ad altre questioni che preoccupano oggi i cosiddetti sovranisti. La domanda rivolta all’Europa – e non solo agli stati nazionali – è decisiva per il futuro ed è un modello di sviluppo, un sistema economico diverso da quello portato avanti sinora.
Sono convinto che da questo voto, tenendo conto sia della crescita di alcuni partiti sovranisti sia dell’emergere dei verdi, l’Europa si sentirà costretta a cambiare le sue politiche. Sinora è stata un continente dove la politica ha seguito quasi pedissequamente le leggi del pensiero unico e neoliberale, il liberismo economico ha regnato sovrano. Oggi è chiamata a ripensare se stessa sia per la spinta sovranista sia per l’impulso ambientalista che chiede che le politiche europee cambino. Io penso, anzi spero, che i partiti tradizionali scelgano l’alternativa verde a quella sovranista.
La nuova Europa sarà in grado di rispondere con apertura e lungimiranza a queste domande di fondo e alle sfide dei diritti umani, a partire da quella dei migranti?
Ho l’impressione che il tema delle migrazioni sia stato ingigantito notevolmente negli ultimi anni; per quanto ci riguarda è stato visto soprattutto guardandolo dall’Italia e utilizzato per far campagna elettorale. L’Europa sarà chiamata ad affrontare in modo più ragionevole, più responsabile, la sfida dei diritti, delle povertà e delle migrazioni e anche qui i Verdi potranno avere un ruolo importante. L’Europa ha bisogno dei migranti per poter portare avanti il suo stesso sviluppo. Senza, l’Italia ma anche tanti altri stati europei non avranno futuro perché siamo tutti paesi di vecchi. Inoltre urge una riforma politica seria perché l’Europa ritrovi strutture nuove che garantiscano la democrazia e non una sorta di tecnocrazia come è oggi.
Quale contributo saprà o potrà dare la Lega a queste sfide politiche cui hai accennato?
La mia impressione è che la Lega vada al governo europeo a condurre alcune battaglie che potremmo definire “sindacali”. In altri termini, va a reclamare un po’ di soldi, per ridurre l’austerità e avere una maggior flessibilità sui propri debiti. Se è cosi come penso, sarà un fallimento perché, se pur potrà ottenere qualcosa, non avrà alcuna voce in capitolo. Potrà aver voce soltanto se, ad esempio, porterà avanti l’idea federalista, costruendo così gli Stati uniti d’Europa in cui gli stati sovrani siano disposti a cedere un po’ della loro sovranità in favore di un’Europa più forte. E in questo contesto, gioca un ruolo fondamentale il rappresentante della politica estera.
Europa e pace: continueremo a essere avamposto di guerra sul Mediterraneo o il diritto alla pace e alla prevenzione dei conflitti – anche con i corpi civili di pace – può diventare un progetto politico?
Ci credo poco. Secondo me, l’Europa in questo momento non ha queste priorità e non si accorge che la difesa comune è necessaria. Si sta insieme se si hanno in comune politica estera, politica fiscale e difesa. Io, però, ho l’impressione che se si dovesse andare verso una difesa comune lo si farebbe in direzione di un esercito comune e non di corpi civili di pace né tantomeno verso la nonviolenza. Siamo ancora tutti – dico tutto il mondo non solo l’Italia o l’Europa – lontani dal capire che la nonviolenza può essere una scelta politica oltre che un importante orizzonte valoriale.
Guardiamo al voto degli italiani alle europee e tracciamo una piccola parentesi di analisi interna. Cosa pensa dei nostri risultati elettorali?
Mettono in evidenza che il nostro è un popolo rancoroso, spaventato, che ha paura di sé stesso e del proprio futuro. È un popolo che non vede un futuro, che non si accorge che il problema migratorio non è quello dei migranti che arrivano ma dei nostri giovani che emigrano. È un popolo spaventato che ha premiato chi ha posto la sicurezza come tema centrale sfruttandolo per avere voti. Fermo restando che il voto di ciascuno merita rispetto e non si deve mai criminalizzare chi vota, credo che quello che viene recepito come problema non è tale ma costruito ad arte. La paura della gente è indotta. I problemi reali esistono ma sono la povertà, la disoccupazione, le carenze di case popolari, l’immigrazione, non perché sia tanta quanto perché non sappiamo gestirla. Il problema fondamentale è che ai poveri non ci pensa nessuno.
Perché il ministro Salvini continua a ostentare simboli religiosi?
È evidente che lui crede – e del resto glielo dicono gli esperti di cui si avvale – che l’utilizzo strumentale del crocifisso o del rosario, la preghiera ai vari santi gli procurino audience e quindi più voti. Del resto la sua gestualità si inserisce in quelle che, secondo alcuni, sono le radici su cui si è fondata l’Europa. Ricordiamo il lungo e deviante dibattito di anni addietro sulle radici cristiane dell’Europa? E poi approfitta della guerra, fittizia anche questa, che qualcuno definisce “di sostituzione” perché, a parer loro, staremmo sostituendo i cristiani con i musulmani. La verità è che Salvini non ha assolutamente alcuno scrupolo, sfrutta le paure della gente per avere voti, sfrutta gli immigrati per avere voti, sfrutta persino il crocifisso per avere voti. E questo è grave, patetico. È triste però che i nostri vescovi stiano così in silenzio. Ci vorrebbe una presa di posizione chiara e ferma della Chiesa italiana contro tutto questo.
Nel frattempo però il governo ci sta “regalando” tutto un impianto legislativo come il decreto sicurezza e la legge sulla legittima difesa. Da dove ripartire?
Spero che, finita la campagna elettorale, si smetta di utilizzare le paure della gente. Ci attende una lunghissima attraversata nel deserto. Dovremmo ripartire dalla formazione e principi fondativi della convivenza: siamo tutti uguali, la razza umana è una sola con culture, storie e religioni diverse. In Europa dovremmo riprendere in mano il bellissimo discorso di papa Francesco pronunciato il occasione del premio Carlo Magno del 2016 in cui supera il vecchio problema delle radici cristiane e ci ricorda che l’Europa nasce e passa dall’integrazione delle diversità: “Le radici dei nostri popoli, le radici dell’Europa si andarono consolidando nel corso della sua storia imparando a integrare in sintesi sempre nuove le culture più diverse e senza apparente legame tra loro. L’identità europea è, ed è sempre stata, un’identità dinamica e multiculturale”. Di qui “un’Europa capace di dare alla luce un nuovo umanesimo basato su tre capacità: la capacità di integrare, la capacità di dialogare e la capacità di generare”. A noi tocca, con umiltà e con determinazione, riprendere la formazione delle giovani generazioni. Qui la Chiesa e le associazioni giocano un ruolo importante.
Se dovessimo concludere con uno slogan?
L’Europa dei popoli che si conoscono e sanno dialogare. Anche i sovranisti parlano di Europa di popoli e di nazioni, ma che tendono a dividersi. Noi crediamo in un’Europa dove i popoli tendono a unirsi integrandosi, accettandosi e dialogando tra loro.