Un'anomalia, tutta italiana
A colloquio con il prof. Michele Polo.
Dopo l'approvazione della legge Gasparri di riforma del sistema radiotelevisivo, uno scenario poco roseo si prospetta agli occhi di coloro che ancora credono nella difesa del pluralismo e della libertà di informazione e che affondano le radici del proprio impegno – in qualunque modo esso si manifesti – o dei loro studi nella Costituzione italiana e nei diritti di cittadinanza che essa prevede e riconosce. Diritti che, però, ci vuol poco a evitare quando non addirittura a calpestare o rimuovere…
Basta una legge, ad esempio, come quella in materia di informazione recentemente approvata nonostante le riserve espresse in un primo momento dal
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Può darci una valutazione generale della legge Gasparri e delle riforme che essa prevede? Cosa cambia in Italia rispetto al diritto dei cittadini a una informazione libera e pluralista?
La garanzia del pluralismo in ambito televisivo richiede una condizione necessaria e primaria: l'esistenza di un numero sufficiente di canali indipendenti. L'innestarsi di questi canali nel mercato e la loro sopravvivenza dipende fondamentalmente dalle caratteristiche della concorrenza e dalle quote di mercato accessibili a ognuno, in termini di audience e di introiti pubblicitari.
A questo si aggiunga che l'indipendenza dei singoli canali è legata e rimanda agli assetti proprietari dei gruppi televisivi. Prima di addentraci in tal discorso in modo più approfondito, posso dire che la legge Gasparri ha fotografato la situazione di partenza nel sistema dell'informazione che in Italia è caratterizzata da un singolare stato di duopolio. La legge recentemente approvata, inoltre, dà un notevole impulso nell'evoluzione del settore. Perché non solo non si pone mano alla necessità di deconcentrare il mercato televisivo, ma per di più i limiti che in
Con la pubblicazione sulla Gazzetta n. 104 del 5 maggio 2004 il provvedimento ha concluso il suo travagliato iter, che il 15 dicembre 2003 si era interrotto poiché il Presidente della Repubblica aveva chiesto alle Camere, come previsto dell'articolo 74 primo comma della Costituzione, una nuova deliberazione della legge in quanto il testo originario risultava difforme dagli orientamenti Costituzionali e avrebbe potuto portare alla formazione di posizioni dominanti.
Lei ha spesso definito nei suoi scritti la situazione italiana come una vera e propria anomalia: perché?
Perché in Italia vi è una struttura proprietaria notevolmente concentrata, molto evidente nel sistema televisivo. Come ho avuto modo di argomentare, tale concentrazione nel settore televisivo non deriva dall'insufficiente disponibilità di frequenze per la trasmissione, bensì dalle modalità di concorrenza tra reti generaliste finanziate con pubblicità.
In generale, anche negli altri Paesi europei, soprattutto circa la televisione in chiaro – quella che cioè riceviamo tutti senza doverci abbonare – la situazione è comunque di forte concentrazione. Abbiamo pochi canali che raggiungono la quasi totalità delle scelte del pubblico. Abbiamo un mercato che dal punto di vista delle scelte dei telespettatori è molto concentrato.
La particolarità dell'Italia è la forte presenza dei cosiddetti multicanale – le reti cioè che hanno più di un canale – e che esistono in larga misura sia da noi che in Germania. I gruppi multicanale consentono, con una programmazione coordinata, di massimizzare l'audience e di rendere più difficile l'entrata di nuovi canali in parti del mercato non coperte. L'altra particolarità tutta italiana è che sostanzialmente abbiamo tre canali pubblici e tre canali privati che da soli coprono il 90% (e oltre) del mercato televisivo. Questo non si riscontra negli altri Paesi ove, se pure pochi canali coprono tutta l'audience, almeno sono nelle mani di gruppi editoriali diversi!
Quanto pesa l'economia nella costruzione dell'informazione?
Legami tra il mondo dell'economia e quello dell'informazione ne esistono e sono molti. Nel nostro Paese una delle caratteristiche riguarda il fatto che sostanzialmente non abbiamo degli editori puri, cioè quei gruppi editoriali che hanno come attività unica quella editoriale e che altrove si possono invece rinvenire, persino negli Stati Uniti.
Da noi, sia per le televisioni che per i giornali, abbiamo gruppi che hanno forti interessi anche in altri settori economici. Questo comporta dei vincoli che a volte
Ribadire con forza i diritti. La libertà dell’informazione, la libertà della ricerca, la libertà della comunicazione, la libertà di espressione culturale rappresentano diritti civili insopprimibili per tutti i cittadini dell’Unione europea. […].
Il Parlamento europeo ha approvato il 22 aprile una importante risoluzione sui rischi di violazione, dell’UE e particolarmente in Italia, della libertà di espressione e di informazione, che esplicitamente chiede l’inserimento nella Costituzione per l’Europa di una disposizione specifica sulla necessità di garantire il pluralismo dei media.
Separazione del potere economico e mediatico da quello politico, a salvaguardia della democrazia:
a) conflitto di interessi, incompatibilità: […] È opportuno che il prossimo parlamento europeo si adoperi … per far approvare regole comuni in materia di conflitti d’interesse e di incompatibilità, adottare una legislazione intesa a vietare a personalità politiche o candidati di detenere interessi economici di rilievo nel settore dei mezzi di comunicazione; introdurre strumenti giuridici destinati a evitare qualsiasi conflitto d’interessi […]. b) una direttiva sulla proprietà dei media.[…]
Sviluppo del prodotto audiovisivo europeo. L’Europa del futuro avrà bisogno di un mercato libero e aperto, ma anche di una molteplicità di autori e produttori indipendenti capaci di alimentare, con produzioni originali, le diverse autostrade della comunicazione. […]
I nuovi alfabeti. Ogni cittadino ha il diritto di essere messo in condizione di apprendere i vecchi e nuovi alfabeti e di poter accedere alle vecchie e alle nuove reti di trasmissioni della conoscenza e della informazione, anche come nuova concezione di servizio universale in questi settori.[…].
Politiche industriali e lavoro.[…] Diventa quindi quanto mai importante prevedere ed estendere una rete di tutele e di percorsi di formazione e qualificazione professionale che garantisca tutti i lavoratori, a prescindere dal tipo di rapporto di lavoro che hanno, determinando le condizioni affinché certezza di lavoro e qualità della prestazione vengano estese. […]
Lo statuto dell’impresa editoriale e la carta delle libertà. Il diritto a informare e ad essere informati è una pietra angolare delle libertà individuale e della democrazia. […]
I servizi pubblici. Condividiamo integralmente le indicazioni che sui servizi pubblici radiotelevisivi dà la risoluzione approvata dal Parlamento Europeo il 22 aprile: “Il Parlamento Europeo...evidenzia il dovere dei servizi radiotelevisivi pubblici di fornire ai cittadini un servizio di particolare qualità, garantendo l’accesso a informazioni, cultura e contenuti di natura diversificata in modo corretto, obiettivo, neutrale e affidabile […]
L’informazione stampata come servizio. […] Si rendono necessarie definizioni legislative concrete e urgenti in ordine alla garanzia del pluralismo in fase di distribuzione e vendita della stampa.
Copyright, Rete e diritto all’informazione e alla conoscenza. Occorre vigilare affinché le posizioni assunte dal Parlamento europeo, con la direttiva Enforcement sul copyright, non vengano rimesse in discussione. […]
Appello a tutti i candidati. Su tutti questi punti gli Stati Generale dell’Informazione e della Cultura, riuniti a Gubbio il 21 e il 22 maggio 2004, chiedono l’esplicito impegno delle candidate e dei candidati alle prossime elezioni europee. […]
Concretamente il legame tra economia e informazione in cosa si traduce?
La situazione tra la carta stampata e la televisione è abbastanza diversa: Per la televisione assumono sempre maggior rilievo l'audience e i ricavi pubblicitari e questi fattori incidono notevolmente sulle scelte di palinsesto. Accade che si trasmettono programmi che non hanno valore formativo e culturale ma la cui audience poi è alta. E questo è determinante per la programmazione televisiva.
Nella costruzione di questa nuova Europa esistono già delle previsioni normative o anche consuetudinarie unitarie che garantiscano in tutti i Paesi europei il diritto a un'informazione libera e pluralista?
Non ci sono in prospettiva delle leggi unitarie in Europa. Ripeto, in Italia, avvertiamo in modo e in misura maggiore il problema per l'eccessiva concentrazione del mercato televisivo. Circa l'Europa e la normativa esistente, vi sono alcuni richiami in generale al pluralismo, esistono alcuni vincoli in materia pubblicitaria e per la costruzione di palinsesti ma sono abbastanza blandi, soprattutto rispetto alla gravità del problema italiano.
Di fronte a questo scenario poco confortante, ci dia una parola di speranza per chi crede ancora nei valori costituzionali soprattutto in materia di libertà e diritti di cittadinanza. Quali “poteri” sono ancora in mano ai cittadini per tutelarsi dall'abuso del diritto di informazione?
Il primo potere è senza dubbio riposto nel voto. Occorre votare maggioranze che tutelino i valori costituzionali. Questo in linea generale. In termini concreti, rispetto alla situazione attuale così come fotografata dalla legge Gasparri, una possibilità potrebbe essere il referendum che possa modificare il quadro normativo. Esistono anche altre vie indirette, che si potrebbero ricercare e sperimentare, soprattutto entrando nel merito degli assetti del sistema televisivo.