Una resistenza nuova
La violenza produce solo altra violenza. Noi raccogliamo ciò che seminiamo con distruzione, lacrime e sangue. Desideriamo ora che la resistenza sia compiuta in una direzione nuova, con una strategia diversa che persegua lo stesso scopo seppure con mezzi differenti, più efficaci e meno sanguinosi. Non sosteniamo né la sottomissione, né la capitolazione né chiediamo di sospendere la resistenza. Vogliamo goderci la libertà, l'indipendenza e la fine dell'occupazione, riconquistare la nostra terra, liberare il popolo e creare uno Stato. Tutto questo è giusto e legittimo. Nessuno può avere nulla da obiettare al riguardo, poiché si tratta di uno dei diritti inalienabili sanciti dal diritto internazionale. Abbiamo spesso citato la Strategia del Ramo d'Ulivo per la resistenza pacifica nel contesto dell'attuale Intifada. Bisogna decidersi a sposare questa nuova metodologia; quali sono i requisiti di base per il successo di questa resistenza pacifica?
Educazione o habitus mentale
Senza dubbio la nonviolenza è un metodo complesso, in quanto fondata su un forte autocontrollo nel rispondere alla violenza e all'oppressione. Significa mettere in atto una resistenza pacifica motivata dalla fiducia nella verità e nella giustizia della nostra causa. La reazione umana spontanea è rea gire alla violenza con altra violenza, sulla base del principio che “tutto ciò che è sottratto con la forza può essere riconquistato solo con altra forza”, nonostante la nostra fiducia e fede nelle parole di Cristo. È necessario mettere da parte la forza militare e utilizzare un altro tipo di potenza: il potere della gente, della verità, dell'amore; questo, infatti, non può essere sconfitto nemmeno dagli eserciti ben armati in quanto la sua strategia consiste semplicemente nel paralizzare la violenza materiale con una resistenza spirituale e morale ancora più potente.
Questi principi, però, richiedono istruzione specifica e un determinato habitus mentale, una formazione per tutti, iniziando proprio dalla base e salendo fino al vertice sino a che questo modo di pensare diventi uno stile di vita da adottare come unica scelta strategica di resistenza. Valori etici o religiosi, da un lato, e il confronto con metodi di resistenza adoperati nel corso della storia, dall'altro, possono svolgere un ruolo determinante nel sostenere questo nuovo modo di pensare.
Certamente non è qualcosa che si ottiene da un giorno all'altro o che si può adottare rapidamente: richiede tempo, sperimentazione, programmi scolastici, addestramento e mobilitazione del pubblico. Comunque potrebbe essere applicato, almeno inizialmente, come principio per poi realizzare ciò che è immediatamente fattibile. E già questo sarebbe un notevole successo per un grande popolo che ha combattuto con le spade e col fuoco e che ora saprebbe come riprende re la lotta in senso spirituale e giusto.
Gli alberi più alti non iniziano subito a dare frutti e a sfoggiare i propri rami: essi nascono da semi e radici, poi si sviluppano e crescono fino a dare i primi frutti. I germogli di pace esistono in tutti gli esseri umani, ma hanno bisogno di essere sostenuti, protetti e allevati. La necessità di adottare uno strumento di resistenza pacifica è sempre più sentita in questo periodo, poiché tutti avvertono un senso di scoramento derivante dalle immani perdite di vite e dalla distruzione della proprietà materiali insieme ai minimi guadagni che se ne ricavano.
Alcuni sono disperati al punto da non riuscire ad agire e si chiedono: stiamo procedendo a piccolissimi passi oppure stiamo tornando indietro?
La partecipazione popolare
Il segreto del successo di un metodo come la nonviolenza risiede nella forza dell'opinione pubblica, che si può paragonare un incendio talmente forte da non poter essere spento neanche da un diluvio di acqua. Ecco perché è necessario coinvolgere tutti in questa lotta: giovani e vecchi, uomini e donne, in modo che il fardello della resistenza non ricada solo su un gruppo di bambini come quelli che scagliavano pietre durante la prima Intifada o sullo sparuto nucleo di uomini armati che aprì il fuoco contro i carri armati nella seconda Intifada, mentre la popolazione rimaneva inerte a soffrire, pagando un tributo doppio in termini di vite umane e perdita di beni per le azioni militari delle forze di occupazione. Quante grandi dimostrazioni per le strade sono state vanificate dall'azione isolata di un kamikaze in una strada vicina!
Tutti dovrebbero scendere in strada facendo giungere la propria voce fino alle strade dei nemici e in mezzo a loro, per raccogliere amicizia e sostegno oltre le frontiere fino ai vicini Paesi arabi e musulmani, ma anche più lontano fino a raggiungere i Paesi amici che sostengono la nostra giusta causa. La partecipazione di tutto il pubblico, di qualsiasi settore e orientamento, in tutte le città, paesi e campi, causerebbe confusione dall'altro lato paralizzando le forze e i carri armati; alla fine le armi sarebbero ridotte a giocattoli inutilizzabili e chiunque decidesse comunque di usarle sarebbe censurato dal mondo intero e oggetto di critica da parte dei mezzi di comunicazione.
La perseveranza
L'elemento perseveranza è molto importante. Non basta organizzare una dimostrazione, una marcia o un sit-in e poi aspettare qualche mese fino alla prossima azione. Necessita una mobilitazione generale che sia determinata e perseverante al fine di raggiungere gli obiettivi graduali, strategici o definitivi, senza mai dimenticare che per questo ci vuole tempo e pazienza. Ecco perché è necessario avere idee simboliche creative e diversificare i mezzi di azione nonviolenta. È assolutamente necessario studiare le tecniche adoperate nel corso della storia e, se necessario, elaborare altri mezzi che si possano adattare agli eventi che cambiano.
Fondamentale è non disperare e tenere viva la speranza nei cuori perché con la perseveranza si raggiunge la meta; d'altra parte nessun diritto è perso fin quando c'è qualcuno a rivendicarlo e la giustizia alla fine prevarrà anche se ci vorrà molto tempo. Da questo punto di vista noi siamo ormai esperti nell'arte della sopportazione e della pazienza. Abbiamo provato tutti i mezzi per più di un secolo e abbiamo aspettato a lungo, quindi perché non tentare adesso anche questo metodo, con la certezza che presto o tardi risulteremo vincitori?
Inoltre, anche se non riusciamo a raggiungere tutti i nostri obiettivi finali subito, possiamo ritenerci soddisfatti dei risultati raggiunti, seppur limitati, e continuare a impegnarci nella consapevolezza che, pur non riuscendo a ottenere tutto, non perdiamo nulla. Non perderemo la nostra dignità, le nostre case non saranno rase al suolo, il nostro sangue non sarà versato e non perderemo la nostra umanità. Potremo camminare a testa alta e riguadagnare la nostra umanità, restituendo al contempo al nemico la propria, aiutandolo a capire ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.
I mezzi di informazione
Possiamo considerare i moderni mezzi di informazione come il quarto potere del mondo, se non il maggiore, e dobbiamo ritenere che essi abbiano raggiunto un elevato livello di accuratezza, velocità ed efficienza; ecco perché bisogna usarli in modo abile e razionale. Ciò è molto importante per varie ragioni, dato che purtroppo la nostra immagine al momento è notevolmente distorta. Nonostante il nostro impegno eroico siamo identificati col terrorismo, nonostante la nostra causa sia giusta il mondo non solo non capisce ma ne ha una visione erronea e falsata; nonostante la ricchezza derivante dal petrolio, il mondo arabo non ha creato dei canali di informazione universali per coprire o controbilanciare i mezzi di informazioni diretti o consacrati al servizio della propaganda israeliana: da tutto questo deriva una completa mancanza di obiettività o una visione del tutto parziale.
Quello che serve è creare una nuova immagine. Il mondo riesce ad abituarsi a tutto, persino alla guerra e alla morte, al punto che queste diventano qualcosa di scontato. Si è annoiato di vedere immagini di gente che scaglia pietre e spara, non sopporta più i bombardamenti e non ne può più di dover assistere a funerali… La nostra è una battaglia sia di informazione sia politica, quindi perché non renderci conto dell'importanza dei media nella nostra battaglia nonviolenta? Essi sono parte integrante della lotta stessa! Vale la pena partire prima che sia troppo tardi. Il viaggio di mille miglia inizia dal primo passo.