Salti di gioia
Balzò in piedi e venne da Gesù
(Mc 10, 50 b)
Seguire Bartimeo ci fa bene. Ci fa bene all’anima, alla vita. Abbiamo bisogno di guardare in profondità all’esperienza di vita degli ultimi per poter mettere a nudo tutte le contraddizioni e le ipocrisie della nostra esistenza. Il guaio della nostra epoca e degli abitanti del Nord non consiste soltanto nell’aver costruito il proprio presunto benessere sulla morte, sullo sfruttamento e sull’oppressione della stragrande maggioranza degli abitanti della terra, quanto nell’indifferenza che oggi attraversa occhi, anima e vita di noi che godiamo i benefici di questa situazione. Lo diceva Madre Teresa che il male peggiore non è la miseria bensì l’indifferenza, ma oggi dovremmo riflettere ancora più profondamente sull’assopimento delle nostre coscienze, su quella sorta di rassegnazione strisciante che sembra cogliere anche coloro che dovrebbero suonare le campane dell’allarme nel giorno dell’incendio.
Il vero guaio oggi è che nemmeno ci accorgiamo degli altri che soffrono fame, violenza, malattie e morte. Nella sua sapienza semplice e popolare mio padre era solito ripetere che il sazio non crede a colui che ha la pancia vuota. Il senso è che colui che ha mangiato difficilmente può entrare nella pelle, ovvero nella condizione drammatica, dell’affamato. Eppure soltanto per quella strada potrebbe cogliere dall’interno tutti i frutti amari della fame: dall’umiliazione al male fisico, dal senso di fallimento alla precarietà… Per tutte queste ragioni è importante che non ci limitiamo a leggere superficialmente l’“ultimanza” di Bartimeo, ma che ci soffermiamo ad analizzarla, a comprenderla in tutte le dimensioni.
Il suo cammino è un cammino di liberazione disegnato sul palmo della mano di Dio e sognato col cuore dell’Altissimo, pertanto ci appartiene ancora di più. Come ci insegnano i padri e la sapienza dei monaci, le pagine del Vangelo non possono essere solamente lette. Esse devono essere pregate e meditate a lungo. Per poter essere comprese nel senso etimologico del termine, vale la pena aprire gli occhi… chiudendoli. Ovvero vedere più a fondo rientrando in noi stessi e concentrandoci sulla nostra vita e sul cuore del mondo. Ci accorgeremmo, allora, del pozzo d’acqua viva che sgorga copioso e sempre nuovo dalla scrittura della Scrittura, dalla parola della Parola.
Quanti motivi di resurrezione!
Proprio questa vita nuova sembra aver preso fiato in Bartimeo, alimentata dalla parola di Gesù che lo invita a farsi prossimo a lui (“chiamatelo”). Tagliati i legacci con la vita vecchia, fatti saltare in un solo colpo gli ormeggi con le proprie sicurezze tutte rappresentate da quel mantello che serviva per raccogliere le elemosine…
Bartimeo balza in piedi per andare da Gesù. E quel balzare ha il sapore e il senso e il fascino e la bellezza di tutte le resurrezioni della storia. Non solo di quella che sarebbe avvenuta da lì a poco in terra di Palestina, ma anche di quelle che sanno di riscatto e di liberazione, di fatica e di lacrime di gioia. Sono resurrezioni intime e personali perché segnano la definitiva emersione da un’esperienza negativa e buia come può essere la malattia, la prigione, l’inimicizia, la schiavitù in tutte le sue forme… ma possono essere resurrezioni collettive e di popolo dopo una lunga dittatura, o molto più semplicemente perché nel villaggio è stato finalmente scavato un pozzo o si è inaugurato il dispensario; o perché alle libere elezioni il potente che pensava di poter comprare tutto (anche il consenso delle donne e degli uomini liberi) ha subìto la sconfitta da parte dei poveri che si sono organizzati; perché sono ritornati salvi i bambini che il Lord Resisters Army aveva rapito e costretti con la forza a partecipare a una guerra violenta…
Sono situazioni in cui il balzo diviene passo di danza che nessuno può fermare perché non nasce in una scuola di ballo, ma si accompagna spontaneo al battito del cuore e alle lacrime di felicità. Le gioie dei poveri sono molto più semplici, spontanee, autentiche e vere delle nostre che spesso sono costruite dalla celluloide, dalla banalità di una partita di calcio strapagato e straricco o dalla vincita da capogiro al lotto!
Quale genere di danza?
Bartimeo balza in piedi, ovvero danza di gioia. Come sarà la danza di un cieco? È forse un ritmo scomposto e confuso senza la grazia dell’esercizio armonioso del corpo. Forse è salto caparbio, quasi ostinato, che si fa largo tra la gente che ostacola la gioia. Forse è il tentativo un po’ goffo di tendere verso l’alto, di raggiungere il cielo, di toccare le nuvole per la felicità. In ogni caso è resurrezione come catene spezzate per sempre e lasciate cadere in terra mentre con un balzo si tende verso l’alto. Nell’alto c’è chi riempie di speranza vera e di significato il mio essere, c’è un Cristo, povero come me che proprio per questa solidarietà dal basso riesce ad apprezzare il balzo e la danza, a commuoversi con me e per me.
Al contrario avviene spesso che anche coloro che sono coscientizzati e sensibili sui temi della pace e della giustizia siano capaci di ragionamento e di analisi, ma non di commozione. Esperti nella riflessione e nella statistica né danzano né balzano.
Caro Bartimeo, finalmente posso guardarti in faccia. Ti sei alzato! Che stupido sono stato a non capire prima che avrei potuto guardarti negli occhi anche abbassandomi. C’è riuscito soltanto colui che sa farti balzare in piedi perché per primo si è chinato in basso. Che strano guardare un cieco negli occhi. Non si sarebbe mai detto che anche lo sguardo spento di un cieco potesse essere carico di vita come il tuo in questo momento. Per questo ti ringrazio perché mi comunica tutta la gioia della danza ed è un travaso di vita nuova di cui non mi ero accorto di aver bisogno. Ancora una volta sono io a tenderti la mano nell’atto dell’accattone per chiederti vita, gioia, novità, disposizione al cammino.
Sono assetato di resurrezione e non so danzare, ho fame di vita e non riesco più a trovarne di autentica e bella. Mi verrebbe quasi di darti la mano per lasciarmi condurre da te, un cieco, nelle strade della mia città. Forse è vero che solo i risorti possono operare gesti e pratiche di resurrezione. Chi non è stato mai rialzato da terra difficilmente potrà diventare un operatore di liberazione. Sollevami, allora, da questa prostrazione che condanna il benessere economico all’infelicità e contagiami con uno scatto di reni che sappia di redenzione.
Costruiamo una catena umana che raggiunga tutti gli strati e le tipologie di “ultimanza” che sembrano condannate al ciglio della strada e attende passaggi di vita per balzare e danzare. Intercedi allora presso il Cristo che libera, affinché questa democrazia viva che colora le finestre di arcobaleno e affolla le strade con la protesta, non si stanchi di tenersi per mano e balzi anche verso quei luoghi di miseria che taluni vogliono nascondere e che la maggioranza ha dimenticato sul ciglio della strada. Solo allora la danza sarà
di liberazione!