ULTIMA TESSERA

Quell'Europa che non piace

Vittorio Bellavite

L'approvazione in sordina della nuova Costituzione da parte del Consiglio Europeo non ha impedito alla parte dell'opinione pubblica attenta alle cose importanti di capire che c'è stato un certo arretramento rispetto allo stesso mediocre progetto uscito dalla Convenzione presieduta da Giscard D'Estaing, che non era passato in dicembre. Tra le istanze federaliste e quelle “sovraniste” (che difendono il ruolo e la sovranità degli Stati) le prime sono uscite sconfitte nonostante quanto possa apparire ascoltando le enfatiche affermazioni di Prodi sull'approvazione di questa Costituzione.
Le istanze federaliste sono state accettate ultimamente con convinzione anche da una parte consistente del movimento pacifista e di Porto Alegre e sono fondate anche e soprattutto sull'idea che solo una realtà istituzionale costituita da un'Europa con un certo grado di unità può potenzialmente competere e fermare l'egemonismo USA e il decadimento del multilateralismo e può ipotizzare un ruolo importante delle organizzazioni internazionali riformate su tutti i principali problemi dell'umanità di oggi. Che la salute per l'Europa non sia buona lo dimostrano del resto le elezioni europee. L'astensionismo è stato altissimo nei dieci paesi nuovi arrivati. Il voto poi è stato un po' dovunque molto legato alle situazioni nazionali, a partire dal nostro paese in cui ben poco si è parlato di questioni europee, essendo sia la destra che la sinistra impegnate ad un referendum pro o contro il governo.
Bisognerà approfondire questa nuova Costituzione senza farsi intimidire da tutto il battage mediatico che sarà fatto a fine ottobre quando sarà firmata a Roma. In attesa di un ulteriore esame di un testo di 342 articoli, gli aspetti negativi che appaiono a prima vista sono proprio tanti. Provo ad elencare i principali. La Costituzione non nasce da un processo democratico, da una qualche assemblea costituente o da un qualche coinvolgimento reale dell'opinione pubblica. L'enfasi sul mercato, sulla concorrenza, sulla competizione, sugli “interessi” dell'UE sono penetrati anche nei primi articoli della Costituzione ed ispirano tutta la terza parte. I “diritti fondamentali” sanciti nella Carta di Nizza del 2000 sono stati inseriti nella Costituzione ma, per superare molte paure, si è aggiunta nel Preambolo questa affermazione ridicola: “la Carta sarà interpretata dai giudici dell'Unione e degli stati membri alla luce delle spiegazioni elaborate sotto l'autorità del Presidente della Convenzione che ha redatto la Carta”.
I problemi della pace e della guerra sono trattati in modo inaccettabile da un'ottica pacifista: sulla pace la proposta di inserire il testo dell'art.11 della nostra Costituzione non è mai stato neanche discusso, la pace non è un valore ma un obiettivo (art.3); esistono invece molte norme funzionali all'organizzazione di una politica estera, di difesa e di sicurezza comuni concepite come una cosa sola, è prevista l'istituzione di un'Agenzia europea degli armamenti perché “l'Unione disponga di una capacità operativa mediante mezzi civili e militari”. L'eurocentrismo vi domina: sul rap porto Nord/Sud nessun impegno vero viene preso per quanto riguarda la politica agricola, la politica del debito, la politica monetaria e gli interventi nelle istituzioni finanziarie internazionali. Sulla cooperazione allo sviluppo si ripetono le fragili norme precedenti.
Una gran parte del dibattito che ha raggiunto l'opinione pubblica ha riguardato la questione dell'inserimento del riferimento alle “radici cristiane “ nel Preambolo. La questione è stata chiusa affermando che l'Europa si ispira “alle proprie eredità culturali, religiose e umanistiche” per affermare i propri valori sul ruolo centrale della persona, sui suoi diritti inviolabili e sul rispetto del diritto. Gran parte dell'attenzione e delle forze del mondo cattolico è stata spesa per raggiungere quest'obiettivo di principio ma i dubbi se ci fossero fondamenti solidi per fare questa battaglia e se ne valesse la pena si sono diffusi sempre di più in ambienti cristiani impegnati concretamente nella solidarietà, nella cooperazione e nell'evangelizzazione, che avrebbero preferito un impegno su obiettivi più concreti.
Meno conosciuto è l'art. 51 della Costituzione con cui le Chiese hanno ottenuto che l'Unione mantenga con esse un “dialogo, aperto, trasparente e regolare… riconoscendone l'identità e il contributo specifico”. Sapranno esse usare di questo inedito privilegio per fare proposte e chiedere interventi non solo sui tradizionali temi (famiglia, bioetica…) ma anche a favore delle situazioni più difficili (pace, sud del mondo, migranti, ceti sociali deboli…) dove una parte del mondo cristiano è seriamente impegnata?

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