Lettera aperta all'On. D'Alema
Onorevole D’Alema, non mi piace scrivere lettere aperte ai politici, ma dopo le affermazioni da lei fatte il mese scorso alla Direzione dei DS a proposito della possibile modifica dell’art.11 della nostra Costituzione, ho sentito l’obbligo morale e civico di stendere queste righe.
Storicamente la sinistra italiana ha sempre sostenuto le ragioni della pace, compreso lo spirito dell’articolo 11 della Costituzione. Il fatto che lei sia l’erede di questa sinistra, aumenta il mio stupore nel leggere le sue affermazioni che rompono, di fatto, con tale tradizione. In effetti una simile rottura si era già consumata ai tempi della guerra in Kossovo, quando lei era Presidente del Consiglio. Mi sembra utile ricordare che si è trattata di una rottura che ha fatto male a molta gente. Ma quella odierna è una rottura ancor più grave: non si tratta solo di una violazione, bensì dello stravolgimento, del tradimento di un valore.
Di fatto, da una modifica della nostra Costituzione secondo quanto lei auspica non può che venire la conclusione che la guerra può essere uno strumento per risolvere i conflitti. Una simile conclusione mi sembra di una gravità estrema.
Il fatto che la nostra Carta costituzionale sia stata scritta alla fine del secondo conflitto mondiale, in un’epoca di “grandi utopie”, in cui la gente sognava un mondo nuovo, senza guerre, finalmente in pace vuol dire che essa è si figlia del suo tempo, ma mi fa spontaneamente pensare al Vangelo, a quell’utopia che avrebbe potuto esaurirsi duemila anni fa e che invece…
Le utopie, onorevole D’Alema, sono estremamente importanti in un mondo come il nostro e di fronte ad una crisi che stentiamo a riconoscere e che non esito a definire antropologica. La più grave che l’umanità abbia attraversato da quando, verso l’anno 4000 a.C., c’è rimasta traccia leggibile della presenza dell’essere umano su questo pianeta.
Ebbene, oggi, per la prima volta, l’uomo sta scoprendo che la violenza gli è sfuggita di mano, che il gene della violenza è uscito dalla provetta. Oggi il monopolio della violenza non esiste più e la violenza dilaga per il mondo, col rischio che diventi apocalittica, grazie all’uso dell’atomica. Per non dire della “nuova” minaccia di terrorismi.
Réné Girard ci ricorda che l’unica maniera che l’uomo ha per uscire dalla condizione di violenza nella quale è immerso è quella di fare un salto di qualità. Nelle società antichissime, l’incesto era una pratica diffusa e accettata: ma lentamente esso è diventato un tabù e tale è oggi per l’umanità. Lo stesso salto di qualità che deve fare l’umanità nei confronti della guerra, perché è solo considerandola tabù che l’uomo si potrà salvare dall’autodistruzione.
Un salto che deve fare anche la nostra politica: ecco perché è importante che l’art.11 della nostra Costituzione non sia toccato ma, anzi, sia realizzato pienamente. E se anche il mio partito facesse un salto di qualità in tal senso? Magari adottando la nonviolenza come cifra della politica? Forse gli stessi elettori di sinistra ne sarebbero contenti.
Non gettiamo alle ortiche la nostra Costituzione e i suoi valori fondamentali. Preserviamo la pace, piuttosto che accettare la guerra come ineluttabile è quello che chiede oggi l’umanità.