Grazie a Beslan
Vladimir Putin ha colto al balzo l'occasione. È terribile dover usare questo termine per riassumere ciò ch'è accaduto a Beslan: i bambini morti, il terrore negli occhi dei sopravvissuti, il dolore dei genitori e dei parenti, la disperazione, la paura di tutti, anche di quelli, come noi, che hanno assistito da lontano, attraverso gli schermi televisivi. Eppure per un leader anche questo magma di sentimenti e di orrore può essere un'occasione.
Per fare che? Per accrescere il proprio potere, per vincere un'elezione, per aumentare il proprio rating. Anche Bush, che non c'entrava niente in questo caso, ne ha ricavato vantaggio. Le sue quotazioni alla borsa elettorale di Washington erano basse, ma poiché esse aumentano con l'accrescersi del terrore, ecco che Beslan è stato “utile” per innalzare Bush di undici punti sul suo avversario elettorale John Kerry.
Putin ha fatto di meglio: si è impadronito di tutto il potere sulla Russia e sui russi. Ha praticamente cancellato uno dei due rami del parlamento, sottoponendolo al suo diretto controllo, ha sancito che sarà il presidente a decidere tutto, i ministri del governo, i governatori delle regioni, i presidenti delle repubbliche autonome della federazione. Già tutta l'economia energetica era nelle mani dei suoi fidati, già era sotto il suo controllo l'insieme di tutti i “ministeri della forza”, difesa, interni, polizie varie. Adesso anche la Duma e il Consiglio della Federazione hanno perduto ogni possibilità di agire autonomo.
Colpo di stato istituzionale
Coloro – come Sergio Romano – che amano esprimersi diplomaticamente, hanno definito questa svolta come un inizio di “democrazia autoritaria”. Io, che amo dire le cose come sono, non posso che definire tutto questo come un colpo di stato istituzionale. Cioè un colpo di stato che si fa senza carri armati, senza spargimento di sangue (almeno per ora), senza troppo clamore. Ma sempre colpo di stato è, quando il più forte si prende tutto e la democrazia finisce, nella sostanza, lasciando appesi solo i tendaggi della forma.
Ma allora sorgono molti sospetti.
Chi “coglie l'occasione” è immediatamente sospettabile di averla creata,
specie se mostra di avere riflessi troppo pronti. Il terrore è molto utile, molto comodo per chi vuole usare i sentimenti dell'uomo della strada, di coloro che non sanno e non possono sapere cosa si muove sotto i tappeti del potere. Di coloro – e siamo quasi tutti in questa situazione – che non hanno nessuna idea della ferocia con cui si possono combattere, sulla pelle di tutti, le battaglie per il potere di pochi.
Noi tutti facciamo fatica a immaginarci una tale ferocia. Al massimo possiamo immaginare che ci siano dei pazzi, che possono uccidersi per uccidere, che possono provocare disastri appunto perché sono pazzi, kamikaze, fanatici. Questo lo possiamo immaginare, perché non abbiamo mai ucciso nessuno e nemmeno ci è mai passato per la mente. Perché è fuori dal nostro orizzonte, per nostra fortuna.
Quello che non possiamo fare, invece, è immaginare che ci sia qualcuno, da qualche parte, magari vestito elegantemente, con cravatta e gilet, in un bell'ufficio, che possa freddamente, consapevolmente, per i propri interessi, programmare stermini di innocenti.
Questo ci è tremendamente difficile e tendiamo a evitare un pensiero del genere. E i media fanno il possibile perché questo pensiero non ci venga nemmeno in mente.
L'informazione dei servizi segreti
Anche loro hanno paura, perché sono uomini e donne come noi. Ma dietro di loro, dietro i giornalisti che scrivono e parlano, ci sono forze potenti che preferiscono che il nostro sguardo non si spinga in profondità nell'analisi dell'accaduto. Ci offrono quasi sempre la versione più semplice, più scontata, più banale. Quella che si può racchiudere in poche righe, che si può tradurre in pillole. In genere è anche l'unica che sono capaci di distillare. Pillole che producono terrore in tutti noi, ma senza spiegarne le cause, il significato.
Invece è proprio questo di cui abbiamo bisogno per vincere la paura, per combattere il terrorismo: capire, prima di tutto. E capire significa sapere, in primo luogo, che quasi tutta l'informazione che noi stiamo ricevendo, informazione del terrorismo, sul terrorismo, viene dai servizi segreti di questo o quel Paese. Ed è, per questo specifico motivo, informazione incontrollabile. Per definizione. E non solo incontrollabile: in gran parte, in massima parte, inquinata, falsa, subdola, tendenziosa, mista.
E invece essa viene spacciata per informazione.
Qualche perché sulla verità
Cosa sappiamo di Beslan? Quel poco che il Servizio Federale per la Sicurezza (FSB) della Russia ci ha raccontato. Ma anche quel poco è falso. I terroristi di Shamil Bassaev non sono affidabili nemmeno per un istante. Ma non si può ignorare la loro versione quando essa è suffragata dai fatti. E la versione di Bassaev, uscita da Internet e pubblicata da parecchi giornali, conferma che l'azione mostruosa da loro concepita tendeva a strappare qualche risultato politico e non prevedeva necessariamente il massacro di tutti gli ostaggi. Nessun equivoco deve esserci al riguardo: la condanna per quel tipo di azioni che minacciano la vita di innocenti, uno o mille non cambia, dev'essere senza alcun distinguo. Ma se le cose stavano così (e lo dimostra il filmato girato dai terroristi, che poi è stato mostrato dalle tv, con i terroristi a volto coperto – perché coprirsi se il finale sarebbe stato la morte di tutti?), allora bisogna chiedersi perché le forze speciali hanno attaccato, contribuendo al massacro degl'innocenti. Perché non si è tenuto aperto il varco a un negoziato?
Perché Putin ha permesso l'attacco, sapendo perfettamente che in questo modo avrebbe condannato a morte centinaia di persone che avevano ancora qualche possibilità di salvezza?
È possibile giustificare questi comportamenti? Ripetuti, sistematici, in cui il potere è preoccupato soltanto di mostrare la propria forza, la propria inflessibilità. E un potere così inflessibile da far uccidere oltre 400 persone, ha il diritto di farlo? E ne ha l'autorità morale chi è stato all'origine della guerra? Chi ha ucciso e sterminato decine di migliaia di ceceni, ha l'investitura per decidere la morte di civili, per restaurare l'autorità di uno Stato che si è macchiato, a sua volta, di crimini orrendi di un altro tipo di terrorismo, quello di Stato, perpetrato per anni, nel silenzio dei media di tutto il mondo, complici più o meno consapevoli?
Primo non credere alle versioni ufficiali
Ecco perché non possiamo credere, mai in nessun caso, alle versioni ufficiali. Perché sempre esse rappresentano l'interesse dei poteri. E molto spesso si è già verificato che non solo i poteri non sono sinceri, ma sono anche, spesso conniventi. Sanno e non dicono, lasciano fare e non intervengono. Dall'11 settembre abbiamo imparato purtroppo a convivere con le loro menzogne. Ma in Italia sappiamo per esperienza che la strategia della tensione operò inquinando e mescolando trame di stato, in cui i servizi erano ben presenti, con il terrorismo dei folli e degli ingenui.
Fino ai giorni nostri, quando non tutti i terrorismi sono uguali, non tutti i rapimenti sono della stessa matrice, non tutti gli sgozzati sono macellati dalla stessa mano.
Non possiamo più distinguere una cosa dall'altra. Quindi non possiamo difenderci, perché l'attacco è contro di noi, ma non viene solo da fanatici musulmani. Viene anche da altre mani, insospettabili, che spesso mescolano le loro voci al coro di condanna del terrorismo, come a suo tempo mescolarono le loro voci a quelle che chiedevano di salvare Aldo Moro. Mani che manovrano i fanatici, o i servizi segreti, e che hanno lo stesso obiettivo dei fanatici: costringerci a vivere secondo le loro regole, cioè senza democrazia e senza libertà.