EDITORIALE

Sangue e silenzi sulle strade del dialogo

La redazione

Sin dall’agosto 1990 quando l’esercito iracheno violò i confini del Kuwait fornendo il pretesto per quella che sarebbe diventata la “guerra del Golfo”, Pax Christi ha consolidato vincoli di amicizia e di fraternità con tante e tanti abitanti di quella terra. Ha accompagnato soprattutto il difficile cammino della Chiesa caldea apprezzando il coraggio dei pastori e dei credenti di quella comunità cristiana, la fedeltà alla storia, il martirio accolto in solidarietà con tutte le vittime della guerra. Una delegazione italo-francese di cui faceva parte anche don Renato Sacco aveva incontrato mons. Rahho, vescovo caldeo di Mosul, una settimana prima del suo rapimento conclusosi tragicamente con la morte dello stesso presule e dei suoi accompagnatori.
Un motivo in più per continuare ad assumere la sfida della solidarietà e della nonviolenza con chi è costretto ad assaporare i frutti amari di una guerra che sempre di più si sta rivelando “avventura senza ritorno” e figlia degenere della menzogna che l’ha partorita.
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