POLITICA

La mia Europa e la sua difesa

Il futuro dell’Unione, la difesa comune, i rapporti con gli Usa e il resto del mondo.
A colloquio con il Presidente della Commissione Europea.
Intervista di Giancarla Codrignani

Caro Presidente, a che punto siamo del processo costituzionale dell’Unione? Noi registriamo, in particolare nell’ambito cattolico, una certa radicalità di aspettative: molti diffidano delle ipotesi difensive contenute nel Trattato e insistono per l’inserimento del ripudio della guerra secondo la lettera della Costituzione italiana…
Bisogna diffidare delle impazienze, perché anche i principi debbono essere scritti in accordo con tutti i membri e non è sempre facile raggiungere intese comuni. È importantissimo che sia stata inserita nel Trattato la “Carta dei diritti fondamentali” che impone di “condividere un futuro di pace”, ma è necessario trovare le gambe politiche per attuare una seria “politica” di pace. Tutti debbono rendersi conto che prevedere una “difesa comune” costituisce un passo avanti nella direzione di una politica estera dell’Unione e di un’unificazione degli strumenti militari destinata a sostituire l’attuale configurazione di eserciti autonomi Stato per Stato. Ne deriverà anche una riduzione delle spese militari nazionali.

Come si può rispondere alla domanda di riconoscimento dei “Corpi Civili di Pace”?
Anche personalmente sono interessatissimo alla questione e sono lieto che l’argomento sia arrivato in discussione, anche se non manca qualche ostilità. (c) www.europa.eu.int Alcuni Paesi, per esempio, temono il rischio di organismi paramilitari. Se si può fare un paragone, i “Corpi Civili” dovrebbero diventare una specie di “Erasmus”, un progetto civile al servizio della comunità, in cui i giovani si trovano insieme, conoscono il mondo e i suoi problemi e si spendono per la pace. Voglio aggiungere che sono attivi anche importantissimi servizi di pace specializzati: i Corpi dell’Osce seguono i processi elettorali nei Paesi a rischio, servono la democrazia e la pace.

La Costituzione comporterà un diverso rapporto internazionale dell’Europa con gli Usa?
La Costituzione non entra direttamente in questi problemi. Deve tuttavia essere ben chiaro che la complessità delle situazioni internazionali richiede il necessario equilibrio di entrambi i “pilastri”, quello europeo e quello americano. I problemi sono molti e l’attacco terroristico alle “torri gemelle” ha ulteriormente aggravato le paure della popolazione americana e ci obbliga a una maggiore vigilanza. I grandi problemi del mondo restano nella fase di stallo o si aggravano, dall’Afghanistan, in cui la produzione della droga è decuplicata e i finanziamenti vanno ai signori delle armi, all’Iraq, di cui è superfluo parlare, al Medio Oriente, dove non si avrà pace se non si affronterà definitivamente il nodo Israele/Palestina. Per il prossimo futuro rimango tuttavia molto pessimista.

L’Europa diventerà un pendant istituzionale degli Stati Uniti?
Diciamo subito che l’Unione Europea non sarà mai un “superstato”, perché, a differenza degli Usa, i singoli Paesi conservano la loro identità e le loro autonomie. Si tratta di una storia complessa, a cui hanno dato l’avvio De Gasperi, Schumann, Adenauer. Il processo è ben lontano dall’essere compiuto e le discussioni relative al Trattato mostrano la necessità che tutti gli europei vengano coinvolti nell’attuazione del progetto. L’Europa deve svilupparsi senza accelerazioni ma anche senza ritardi. Occorrono in primo luogo regole funzionali: ben diverso sarà il percorso se prevarrà il voto a maggioranza o resterà necessaria l’unanimità. In quest’ultimo caso sarà molto più difficile per l’Europa fare sentire la propria voce.

Dobbiamo essere ottimisti o pessimisti?
Con il mestiere che faccio, guai a non essere ottimisti. È ovvio che ci vuole coraggio e noi abbiamo avuto il coraggio sia di unificare la moneta, sia di allargare l’Unione.

Progetto di Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa

Articolo 3: Obiettivi dell’Unione
1. L’Unione si prefigge di promuovere la pace, i suoi valori e il benessere dei suoi popoli.
2. L’Unione offre ai suoi cittadini uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia senza frontiere interne e un mercato unico nel quale la concorrenza è libera e non distorta.
3. L’Unione si adopera per lo sviluppo sostenibile dell’Europa, basato su una crescita economica equilibrata, un’economia sociale di mercato fortemente competitiva che mira alla piena occupazione e al progresso sociale e un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell’ambiente.
L’Unione promuove il progresso scientifico e tecnico.
Combatte l’esclusione sociale e le discriminazioni e promuove la giustizia e la protezione sociali, la parità tra donne e uomini, la solidarietà tra le generazioni e la tutela dei diritti dei minori.
Promuove la coesione economica, sociale e territoriale, e la solidarietà tra gli Stati membri.
Rispetta la ricchezza della sua diversità culturale e linguistica e vigila alla salvaguardia e allo sviluppo del patrimonio culturale europeo.
4. Nelle relazioni con il resto del mondo l’Unione afferma e promuove i suoi valori e interessi. Contribuisce alla pace, alla sicurezza, allo sviluppo sostenibile della Terra, alla solidarietà e al rispetto reciproco tra i popoli, al commercio libero ed equo, all’eliminazione della povertà e alla tutela dei diritti umani, in particolare dei diritti dei minori, e alla rigorosa osservanza e allo sviluppo del diritto internazionale, in particolare al rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite.
5. Tali obiettivi sono perseguiti con i mezzi appropriati, in ragione delle competenze attribuite all’Unione nella Costituzione.
Si tratta di scelte di pace: quella dell’euro perché non è bene che il mondo sia governato da una moneta sola e lo dimostra l’intenzione della Cina di diversificare le riserve, mentre con l’ingresso dei nuovi Paesi l’Unione si apre a 77 milioni di nuovi cittadini. È una novità assoluta al mondo che io definisco come una “unione di minoranze”, dove nessuno comanda perché diventa sostanziale la garanzia del rispetto dei diritti di tutti.

Un’Europa senza confini?
L’Europa è un continente i cui popoli vogliono andare d’accordo, non un impero che si dilata. Romania e Bulgaria sono in calendario per l’ingresso nel 2007. La Turchia è Paese candidato ma non sono ancora aperti i negoziati. I negoziati si apriranno cioè quando saranno risolte alcune questioni riguardanti la Turchia, che non è in regola con i principi di Copenhagen. Resta l’allargamento ai Balcani, che appare ineludibile: infatti solo all’interno dello schema europeo può cambiare la vita di quei Paesi ed esserne garantita la pacifica convivenza. A fianco dell’Europa, poi, si costituirà quel Ring of Friends, “anello di amici”, che allargherà la condivisione della vita economica e politica ai Paesi contigui, fatta eccezione per la partecipazione alle Istituzioni europee.

Ma gli Europei a che punto di consapevolezza sono arrivati, se, non molto tempo fa, un sondaggio li identificava come antisemiti?
Il risultato autentico di quel sondaggio diceva che, sei mesi dopo l’inizio della guerra contro l’Iraq, per gli Europei la pace resta il valore fondamentale. La risposta che ha causato tante polemiche non mostra un atteggiamento antisemita, ma è piuttosto rivolta alla politica del governo israeliano. Tuttavia bisogna vigilare contro ogni possibile ritorno di antisemitismo.

E con il Sud del mondo l’Europa quali rapporti manterrà? Il mercato la fa da padrone…
Intanto l’idea che il mercato risolve tutto è oggi finalmente sottoposta a una seria critica. A questo proposito stiamo combattendo contro un’idea folle, ma tuttora prevalente, che cioè anche riguardo ai rapporti con il terzo mondo l’espansione del commercio sia sufficiente. È una vera follia. Il commercio mondiale tiene aperte le frontiere e questo è un risultato positivo, ma bisogna aiutare: si dice, infatti, “trade, not aid” (commercio, non aiuti), ma che trade si fa se non ci sono scuole? Ci sono Paesi ormai usciti dall’aiuto internazionale, come la Cina; ma il Burundi può forse contare solo sul mercato? Il regime degli aiuti, tuttavia, è sempre più ridotto e precario: siamo a livelli vergognosi. Il Sud del mondo, però, a Cancún ha saputo rappresentare interessi alternativi e l’alleanza formatasi attorno a Brasile, Cina, India, rappresentando più di metà degli abitanti della terra e di due terzi dei contadini, ha condizionato il Wto. Si tratta, dunque, di mantenere aperto il dialogo e… di non limitarci all’apertura unilaterale ai 31 Paesi più poveri del mondo, anche se quest’iniziativa dell’Unione europea è stata proprio una bella iniziativa.

Allora, l’Europa è una speranza?
L’Europa è il vero fatto nuovo della storia contemporanea.

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