Un nuovo vocabolario
La parola pace racchiude in sé così tanti spunti di riflessione che può risultare rischioso e inappropriato ingabbiarla in uno specifico ambito di ricerca, semplicistico limitarla a un particolare aspetto della vita individuale o collettiva, inadeguato configurarla solo come assenza di guerra e conflitti.
L’affermazione di don Tonino “la pace non è un vocabolo, ma è un vocabolario” esprime tutta la complessità e la ricchezza del termine, ma anche la fatica del processo di costruzione per tentare di raggiungerla.
In questo spazio messo a disposizione dalla redazione di Mosaico di pace, proveremo a riflettere insieme su uno degli aspetti cardine della pace: quello dell’educazione.
Noi volontarie dell’Associazione Casa per la pace di Molfetta, per lo più impegnate nel mondo della scuola, abbiamo maturato gradualmente la consapevolezza che educare alla pace, sin da tenera età, contribuisce a formare persone libere, consapevoli e responsabili.
La pace è molto più di una marcia silenziosa, di un concerto di beneficenza o di una manifestazione partecipata. Nè crediamo che all’interno delle scuole l’educazione alla pace possa esaurirsi in un’ora di lezione o concludersi al termine di un’unità di apprendimento.
La lettura di un articolo specifico, la visione di un film tematico, la conversazione guidata su un preciso contenuto possono costituire preziosi strumenti metodologici e innovative strategie didattiche, ma l’educazione alla pace va oltre ed è ancora altro.
La pace è prassi quotidiana e stile di vita. E in una società frenetica come quella in cui viviamo, competitiva e consumistica, basata sulla logica del profitto, un capovolgimento d’ottica può aiutarci nella nostra ricerca educativa.
Possiamo provare a porre maggior attenzione ai rapporti umani, privilegiando relazioni interpersonali basate sull’ascolto, il dialogo, il confronto e il rispetto dell’altro. Possiamo impegnarci a pesare un po’ di più alle parole che pronunciamo, a utilizzare un linguaggio meno violento e aggressivo, a misurare i gesti, a curare lo sguardo, attribuendo valore alle azioni quotidiane. La tenerezza e la lentezza potrebbero essere le nostre prime compagne di viaggio.
Nella scuola potremmo iniziare a pensare all’educazione alla pace come a un processo, a un’esperienza di vita e non come a una mera trasmissione di conoscenze tra chi è in possesso dei saperi (i docenti) e chi deve limitarsi ad apprenderli (gli alunni).
In tale processo, i ruoli di educatore ed educando tendono a scomparire per lasciare il posto a una interazione dialogica in cui a ciascuno è data l’opportunità di esprimersi e di partecipare attivamente, in un processo maieutico e democratico, alla costruzione del sapere.
L’insegnante, facilitatore-animatore, cura l’organizzazione, i tempi, gli spazi e le modalità comunicative, nella consapevolezza che la forma con la quale si trasmettono i messaggi è altrettanto importante quanto i contenuti dei messaggi stessi, secondo il concetto gandhiano che “i mezzi non sono distinti dai fini”.
In un’ottica di confronto, scambio e ricerca-azione, senza pretesa alcuna di esaustività, proveremo a proporre di volta in volta suggerimenti metodologici e indicazioni operative relative a percorsi di educazione alle relazioni, al superamento dei pregiudizi, alla soluzione positiva dei conflitti, alla mondialità, alla cooperazione, all’intercultura. Tenteremo di condividere con voi l’esperienza di educazione alla pace vissuta in ambito associativo e scolastico.