F35

Visti da vicino

Rappresentanti di associazioni e Campagne impegnate per il disarmo, si sono recati in delegazione all’aeroporto di Cameri. Per dissentire, più di prima, rispetto all’assemblaggio dell’aereo da guerra F35.
Renato Sacco

Poco prima di entrare, mi arriva un sms da parte di un’amica: “Buona visita. Mi raccomando, continua a ricordare che lì si fabbrica la morte! E oggi si celebrano i diritti alla vita. Dei poveri cristi soprattutto”.
È la mattina del 10 dicembre scorso. Il cielo è azzurro e non troppo lontano si vedono le Alpi innevate, con il Monte Rosa che si staglia solenne.
“Bella giornata, vero?”, mi dice l’aviere che mi accoglie sul piazzale, davanti all’aeroporto di Cameri (Novara), sede del 1° Reparto Manutenzione Velivoli.
In questa base si fa la manutenzione del Tornado e dell’Eurofighter, quello, per intenderci, che è stato anche esposto in piazza Duomo a Milano, in occasione del 4 novembre 2009.
Ma ciò che fa di Cameri “un’eccellenza”, ed è il motivo della mia presenza su quel piazzale, è che qui dentro verranno assemblati i nuovi aerei da guerra JSF (Joint Strike Figther), più conosciuti come F35. Mi vengono incontro e salutano con cordialità, il generale Stefano Salamida, direttore del programma JSF, il colonnello Giuseppe Lupoli, responsabile della Direzione generale del programma armamenti del ministero della Difesa, venuti apposta da Roma, e il colonnello Alessandro Tubini, comandante dell’aeroporto di Cameri.
Subito dopo arrivano anche gli altri membri della delegazione: mons. Mario Bandera, responsabile della Commissione Giustizia e Pace della diocesi di Novara, padre Domenico Cremona del direttivo della Commissione Giustizia e Pace dell’Ordine Domenicano e Francesco Vignarca, della Rete Italiana per il Disarmo.
“L’incontro – si legge nel comunicato che abbiamo diffuso al termine della visita – ha avuto il merito di mettere direttamente a confronto due realtà che partono da visioni antitetiche circa il problema degli F35, nell’illustrare il progetto gli ospiti dell’Aeronautica Militare hanno ripercorso tutta la storia che ha portato l’Italia ad aderire a questo programma. Dalla scelta dell’aeroporto di Cameri, quale sito strategico per l’aeronautica italiana, alle prospettive future per un polo d’eccellenza per la qualità tecnologica d’avanguardia che si svilupperà in una zona cerniera tra Piemonte e Lombardia, sino alle ricadute sul territorio. L’incontro durato oltre due ore ha dato modo ai rappresentanti dei vari organismi che s’impegnano per la pace di interagire e porre diverse domande alla quali gli esponenti dell’aeronautica militare hanno risposto con chiarezza e disponibilità, sfatando in tal senso alcuni luoghi comuni. Ricordiamo che per le istituzioni politiche e industriali locali il progetto è sempre stato presentato come una realtà capace di creare diecimila posti di lavoro, ma i dati reali dimostrano come trattandosi di un programma ad altissimo livello vi concorreranno oltre una cinquantina di ditte situate in diverse regioni italiane, per cui la cifra sbandierata ai quattro venti come la soluzione del problema occupazionale del novarese va molto ridimensionata. Secondo i responsabili militari del programma si arriverà a circa 600 operai che saranno assunti a termine e impiegati per la costruzione dei plessi necessari per l’assemblaggio e, a regime massimo, a non più di duemila tecnici – diversi dei quali trasferiti dalle linee attualmente operative sull’Eurofighter – in grado di far funzionare le linee operative necessarie per la costruzione degli aerei. Ricordiamo, inoltre, che si tratta del progetto più costoso per dotazioni d’armamenti mai visto in Italia: circa 15 miliardi di euro”.
L’invito a visitare la base di Cameri, come avevo già scritto su Mosaico di pace dello scorso dicembre, mi era stato rivolto personalmente, a Roma, dal generale Debertolis, vice Segretario generale della Difesa e degli Armamenti al termine di un convegno in cui avevo espresso forti critiche al progetto F35, anche per le numerose bugie che venivano divulgate oltre che per la segretezza che impediva di conoscere realmente lo stesso progetto.
Per questo abbiamo valutato positivamente l’incontro perchè, mentre con i politici spesso i termini della discussioni sono “fumosi”, l’incontro con i militari ha avuto almeno il merito della chiarezza e della schiettezza, premessa fondamentale per ogni confronto e per ricercare strade autentiche di pace.
Una notizia ANSA del 9 dicembre, alla vigilia della nostra visita, riportava una dichiarazione del sottosegretario alla Difesa on. Guido Crosetto: “Stante il modo assolutamente pacato e l’intendimento costruttivo del religioso, ho ritenuto utile autorizzare la visita di don Sacco presso la struttura di Cameri ove avrà occasione di verificare la bontà dell’operato di quanti stanno lavorando per un Programma iniziato ai tempi del ministro Andreatta, proseguito da tutti i governi che si sono susseguiti e che l’attuale governo sta portando avanti, tenendo conto, però, anche di tutte le osservazioni e i dubbi sollevati negli ultimi mesi’’.
Ed è proprio da qui che bisogna ripartire. è indispensabile che tutti coloro che ritengono pura follia questo progetto per gli F35, pensati per attaccare e uccidere, anche con bombe nucleari, facciano sentire la propria voce, la pressione continua sui parlamentari, sul governo, sui mass media, perchè i dubbi possano crescere e, si legge al termine del nostro comunicato, “per arrivare, come ricordava recentemente mons. Corti vescovo di Novara in un suo recente intervento, a cambiare rotta sul programma degli F35. Questa visita che per singolare coincidenza ha avuto luogo nel giorno della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, è stata una buona occasione e uno stimolo importante per continuare a tenere vivo il ‘sogno biblico di Isaia: forgeranno le spade in aratri… non si eserciteranno più nell’arte della guerra’. Agli uomini di buona volontà la responsabilità di renderlo credibile e realizzarlo nella storia”.

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