EDITORIALE

Dai palazzi alle piazze

Nandino Capovilla (Coordinatore nazionale Pax Christi Italia)

“Lui ha chiuso i suoi occhi e noi li stiamo aprendo!”. Nella voce ferma di una donna tunisina che in piazza sventola la bandiera di un sogno di libertà sembrato a lungo impossibile, il mondo può leggere molto più di ciò che i commentatori ci hanno comunicato con i titoli di un’esplosione popolare che sta contagiando tutto il mondo arabo. Si rivolge al presidente in fuga Ben Ali, ma sembra parlare di tutti i dittatori del mondo. Quella donna sconosciuta è voce di una consapevolezza che, come brace, cova nei sotterranei di ogni potere oppressivo: i potenti prima o poi restano accecati dalla loro stessa cecità.
Se migliaia di piedi tunisini – ritmando il passo di dieci milioni di cittadini – sono scesi in piazza, in poche ore altrettanto hanno scalpitato quelli degli ottanta milioni di egiziani assistendo alla marcia di uomini e donne sospinti dal vento della nonviolenza: ciò vuol dire che quei piedi d’argilla che la Bibbia descrive come piedistallo degli imperi, sono davvero granitici e fragilissimi nello stesso tempo (Daniele 2). “Una statua enorme di straordinario splendore” con la testa d’oro, il petto e le braccia d’argento, il ventre e le cosce di ferro e i piedi in parte di ferro e in parte di creta, rappresentava il grande Nabucodonosor, re di Babilonia. Uno splendore e una ricchezza che allora era evidente nell’oro e nell’argento, oggi va riconosciuta nelle armi più sofisticate e potenti.
Queste proteste sono un messaggio forte a tutti coloro che, dall’Egitto alla Palestina sotto occupazione israeliana, si illudevano di procedere indisturbati in eterno. Ma è anche un messaggio indiretto alla comunità internazionale che ha, per troppo tempo, coperto questi crimini, pesanti come i 700 chilometri di muro dell’apartheid in terra palestinese, ma fragili come le risoluzioni Onu mai rispettate da quella potenza militare che si autodefinisce “unica democrazia in Medio Oriente”.
È fin troppo evidente quanto l’ipocrisia dei potenti si assomigli a ogni latitudine e alimenti se stessa per difendere costantemente gli interessi del più forte a scapito dei diritti e della legalità.
In Oriente come in Occidente siamo ormai assuefatti all’irresponsabile condotta di leader diventati moderni dittatori attraverso le televisioni e i commerci di armi e droga, senza neppure il pudore di riconoscere le costanti violazioni dei diritti umani e la trasgressione delle leggi internazionali accettate come prezzo necessario.
Le telecamere passano dalle stanze oscure dei palazzi dei potenti alle piazze in fermento dei popoli in attesa di liberazione.
Il profeta biblico direbbe che la debolezza dell’enorme statua di ogni potere assoluto sta nei suoi stessi piedi, di ferro e argilla, perché “il ferro non si amalgama con l’argilla” e prima o poi tutte le inconciliabili alleanze, i patti con i poteri mafiosi e purtroppo anche con quelli religiosi, finiscono col crollare su se stessi.
E così l’imbarazzo e lo sconcerto degli italiani per il livello di immorale depravazione raggiunto dai vertici istituzionali e ostinatamente difeso da un esercito di politici corrotti, si misura ogni giorno nelle notizie del telegiornale, dove alle piazze dei popoli altri si alternano i palazzi dei nostri potenti ammorbati dalla puzza della prostituzione di Stato, in sedi istituzionali diventate case di appuntamento.
Un nuovo risveglio dei movimenti per i diritti civili sembra rafforzarsi anche in Italia. Un sussulto di popolo che, dopo anni di dittatura mediatica, si rafforza nelle battaglie per i beni comuni.
Alla comunità ecclesiale il compito di riconoscere questi segni dei tempi, liberandosi una buona volta dalla condiscendenza ammiccante e dal timore di calpestare i piedi del Nabucodonosor di turno.

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