GIUSTIZIA AMBIENTALE

Solo un sogno?

Rievocando l’azione e le parole di mons. Proaño, padre Gabicho ci racconta il suo amore per la gente andina e per la terra.
Claudio Giambelli (membro del direttivo CIPAX)

Parto apparentemente da un po’ lontano: la notizia è che l’americano medio ha trasformato il “sogno americano” in un mito. Lo afferma uno studio condotto da due psicologi americani, Dan Ariely e Michel Norton. Ad esempio il 90 % degli intervistati è convinto di vivere in un Paese dove il 20 % della popolazione controlla il 59 % della ricchezza, ma le cose non stanno così: i ricchi si spartiscono l’89 % e non il 59. Altro dato: c’è la convinzione che un altro 20 % (i più poveri) usufruisca del 3,7 % della ricchezza, quando invece la cifra esatta è un misero 0,1 %. E poi le conclusioni dell’economista Miles Corak: negli USA, se nasci povero, rimani povero.
Abbiamo tutti l’esperienza concreta di quanto siano fondamentali i nostri sogni: infatti, sono il più potente metodo di progettazione che abbiamo; ci infondono motivazione, coraggio di osare, prospettiva di futuro, energia interiore. Però sono anche pericolosi, se si trasformano in miti moderni non criticabili: la mente corre veloce al mito della razza ariana, della terra promessa, della crescita indefinita dello sviluppo economico.
A poco o nulla valgono le angosce e gli incubi notturni, che sicuramente ci segnalano un errore di valutazione. Non è un caso che le uscite di WikiLeaks sconvolgano il mondo, al di là del mero contenuto delle segnalazioni: sta vacillando il mito del racconto di un mondo “ordinato e pulito”.

Pacha Mama
Eppure è proprio sul fronte di una crescita di consapevolezza basata su dati veritieri che dobbiamo agire tutti, nell’ambito di una visione di insieme dell’umanità unita con e dipendente dalla Madre Terra.
Per chi cerca l’esistenza di evidenze di questo tipo, si apre un mondo ricco di pluralità di esperienze. Occorre fare un piccolo bagno d’umiltà, operando la decolonizzazione dell’immaginario collettivo, come spesso si dice, ed ecco il miracolo di un mondo diverso si apre davanti.
È quello che è successo a me e ad alcuni amici quando abbiamo “scoperto” nell’anno 2000, nel lontano Ecuador, l’esistenza di una persona semplice e umile, un prete, discepolo di mons. Proaño, noto vescovo di Riobamba, uno dei vescovi della Teologia della Liberazione. Di sé, p. Gabicho (così lo chiama amorevolmente la sua gente indigena delle Ande) dice: “Non ero un bravo studente e sono stato bocciato per due volte. Il settimo anno di scuola elementare è stato molto difficile per me perché il maestro aveva deciso che non ero in grado di proseguire gli studi e mi aveva addirittura scritto sulla pagella che non ero idoneo a frequentare la scuola… Nel 1963, quando avevo 16 anni, i miei genitori acquistarono una piccola radio a transistor e ogni domenica ci sintonizzavamo sulla stazione radio di Riobamba che si chiamava Scuola Radiofonica Popolare… Questo mi ha aiutato molto a uscire dal mio isolamento culturale e dal senso di frustrazione che ha accompagnato la mia giovinezza… Nel 1969, all’età di 18 anni, il Padre che gestiva la Scuola Radiofonica Popolare, mi guidò alla vocazione del sacerdozio… Nel 1972 monsignor Proaño decise di organizzare un nuovo percorso di formazione sacerdotale che comprendeva lavoro, studio e attività pastorale… Da monsignor Proaño ho imparato molte cose, ma soprattutto che bisogna sapere ascoltare i poveri, riuscire a sentire e condividere il loro dolore, cercare insieme una speranza di vita… Il giorno che fui ordinato sacerdote le autorità del Paese fecero chiudere le porte della chiesa dalla polizia poiché volevano impedire che fosse ordinato un prete che, per quei tempi, era considerato ‘un comunista’. Monsignor Proaño mi ordinò sacerdote per strada, davanti alla chiesa chiusa, in mezzo ai passanti. Quando mi chiese obbedienza al vescovo e ai suoi successori io risposi: si, sempre, nel rispetto del Vangelo di Cristo e della Giustizia! Il 16 Agosto dello stesso anno fui arrestato assieme a 17 vescovi e numerosi religiosi riuniti a Riobamba per un incontro pastorale nel quale si discuteva, tra l’altro, la condizione di estrema miseria e disagio sociale delle comunità indigene”.

Con la sua gente
E così per tanti anni p. Gabicho ha continuato a chiedersi come rivitalizzare il suo popolo indigeno, nel totale rispetto della spiritualità ancestrale della Pacha Mama. Dopo svariati tentativi p. Gabicho, insieme alla sua gente, hanno rivolto l’attenzione ai lama, animali considerati sacri nella cosmo-visione andina, massacrati all’epoca della conquista e praticamente scomparsi in Ecuador. E il sogno di p.Gabicho, sognato insieme alla sua gente, si è trasformato in un progetto, quello di ripopolare l’altopiano andino dell’Ecuador, a partire dalla Provincia del Chimborazo con tanti, tantissimi, milioni di lama, perché tanto è teoricamente lo spazio disponibile, fornendo carne ai bambini denutriti e poi nuove economie basate sulla commercializzazione dei lama, della fibra, della pelle, della carne. Come si afferma in una sintesi del progetto: “Il progetto Lama sta generando una vera ri-vitalizzazione culturale dell’attuale società andina indigena, punta direttamente alla conservazione ambientale del paramo, fonte di acqua, ossigeno e vita, promuovendo un suo uso razionabile, sostentabile e sostenibile”.
In effetti l’ambiente dell’altopiano andino (paramo) costituisce il territorio di frontiera dove si gioca il futuro ecologico dell’Ecuador. Il paramo rischia la desertificazione, perché aggredito da numerosi fattori: l’edilizia, l’agricoltura intensiva, la pastorizia con ovini e bovini non adatti a quel territorio. Il paramo è un territorio speciale e delicato: è costituito da un terreno spugnoso e permanentemente umido, che trattiene l’acqua della pioggia e la rilascia nei periodi secchi; praticamente non esistono ghiacciai in Ecuador, ma il paramo svolge la medesima funzione.
I lama sono gli animali adatti, perchè con i loro zoccoli palmati non affondano nel terreno, ma vi galleggiano sopra e con i denti tagliano a rasoio, in pratica potano, la sua erba. È stato calcolato che con soli due lama per ettaro di paramo, il numero totale di lama in Ecuador potrebbe ammontare a 5 milioni rappresentando un’importante valorizzazione economica oltre che una difesa ambientale.
Piano piano, il sogno di p. Gabicho si sta concretizzando: dal 2004 a oggi sono stati introdotti circa 5000 lama.
Però, quando recentemente gli è stato chiesto di esprimere i suoi sogni sul futuro, mentre tutti ci aspettavamo che parlasse di una crescita del numero di lama, lui ha detto: “Penso che tutti noi che siamo qui siamo sognatori di un ieri, di un oggi e di un domani, siamo sognatori di un mondo giusto e umano, siamo sognatori solitari dalla mano tesa non solo per dare, ma per aiutare i bisognosi e i poveri ad alzarsi… Sono qui cari amici per invitarvi a sognare insieme per la cura non solo di una nazione, ma dell’intero universo; la terra è un essere vivente, quello che facciamo in una parte si ripercuote nel corpo intero, sono qui per dirvi che dobbiamo continuare a sognare nella vita di tutti, dove ci sia dignità, giustizia e verità. Come dice il vescovo Proaño: ‘Durante tutta la vita ho combattuto per la verità, la vita, la libertà, la giustizia, che sono i valori del Regno di Dio. Dobbiamo agire prima che sia troppo tardi, prima che l’ambizione e la follia di alcuni uomini convertano il nostro pianeta Terra in una luna morta, in un cimitero dello spazio’”.

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