Controfinanziaria

Dal taglio alla mannaia. Il mondo della conoscenza sotto attacco: ecco le proposte della Rete della Conoscenza.

La crisi che attraversiamo colpisce i luoghi della formazione devastandoli. L’assenza di investimenti pubblici in scuola, università e ricerca è il segno della miopia di un governo che fa una chiara scelta politica: far pagare la crisi a tutto ciò che è pubblico, il welfare, le politiche sociali, la scuola, l’università, la sanità, colpendo gli strati sociali più deboli della popolazione.
Questo schema trasforma la crisi in un grimaldello per realizzare un chiaro progetto politico che, dagli accordi GATS. del WTO alla direttiva Bolkestein dell’Unione Europea, ha svenduto l’idea dei servizi e delle politiche sociali al soldo del mercato con un unico risultato: abbassare le tutele e i diritti di ognuno e favorire la speculazione dei privati, come nel caso dell’acqua, della sanità e proprio l’istruzione a tutti i livelli.
Ma se negli altri Paesi il taglio alle risorse pubbliche è pur presente, nessun Paese d’Europa ha pensato di tagliare una risorsa strategica per il futuro di tutti i sistemi produttivi come l’istruzione, l’università e la ricerca.

La distruzione pubblica
Dalla legge 133/2008 a oggi si registra ancora un totale disinteressamento agli investimenti sulla scuola e un’incapacità generalizzata di considerare le politiche di accesso ai saperi nel loro quadro d’insieme comprendendo lo stretto legame e interazione che esiste tra scuola e università, e le necessità di investire massicciamente nella scuola per dare valore a un percorso di formazione continua. Al ministero dell’istruzione verranno ridotti gli investimenti su base triennale (2011 – 2012 – 2013) di 8,970 miliardi all’anno. Una politica economica che ha dietro di sé un chiaro progetto politico, quello di snaturare e decostruire totalmente l’istruzione pubblica.
Non si parla di diritto allo studio, non vi sono accenni sulla vivibilità della “scuola”, quindi all’edilizia scolastica e ai finanziamenti per garantire quantomeno piena attuazione dell’obbligo scolastico; nulla di scritto sull’autonomia didattica e amministrativa delle scuole; oltre all’assenza totale di accenni sulle riduzioni per i consumi culturali per gli studenti e alla messa in campo di politiche per garantire l’accesso ai saperi in generale.
Ovviamente nella voce riduzione della manovra correttiva non compare la voce scuole private. Sono invariati i finanziamenti deliberati con il via libera della conferenza unificata di circa 130 milioni di euro per il 2010, 10 milioni in più del 2009, che arriveranno dallo scudo fiscale. I fondi alla legge 440/97 che finanzia l’offerta formativa e l’alternanza scuola-lavoro vengono ulteriormente diminuiti nella finanziaria da i 140,5 milioni del 2009 (già 120 milioni in meno rispetto alle risorse stanziate nel 2001) ai 128,9 milioni di euro (1,3 di questi milioni sottratti alla 440/97 sono dirottati sulle cosiddette “Missioni di pace) e non rappresentano quindi ulteriori riduzioni nella manovra correttiva.

I finanziamenti all’università
Le principali voci di entrata dei bilanci delle università italiane sono costituiti da: FFO (fondo di finanziamento ordinario), diverso tra i vari atenei, che copre circa il 60-70% delle entrate di ogni università, incassi per attività di ricerca e attività commerciali, compresi tra il 20 e il 30%, e la contribuzione studentesca, che fino all’ultimo anno si attestava mediamente tra il 10 e il 15%.
La legge 133/08 approvata dall’attuale governo determina un taglio di 1,5 miliardi di euro al FFO in 5 anni. Inoltre, nel 2010 scade il patto Mussi–Padoa Schioppa del 2008, che prevedeva 550 milioni all’anno per tre anni.
Il finanziamento alle università nel 2011 preventivato sulla base della legge 133 e della fine del patto Mussi - Padoa Schioppa è di 6,1 miliardi di euro, assolutamente insufficienti anche solo per il pagamento degli stipendi del personale di ruolo (tenendo conto degli aumenti stipendiali degli ultimi anni), ma anche e soprattutto per dottorati, assegni di ricerca, contributi Erasmus, servizi ai disabili, ecc..
Inoltre, molti atenei per compensare i tagli al FFO puntano ad aumentare il prelievo sugli studenti, aumentando le quote di contributi studenteschi all’università. Già oltre 25 atenei non rispettano il limite massimo previsto per la contribuzione studentesca (il 20% del FFO ricevuto).
A ciò bisogna aggiungere la situazione del fondo ministeriale grazie al quale le regioni offrono i servizi di diritto allo studio (borse di studio, mense, alloggi, ecc.), passato dai 246 milioni di euro nel 2009 ai 100 milioni nel 2010, con la previsione di scendere ancora nel 2010, fino a 100 milioni di euro. La finanziaria oggi in discussione ha ulteriormente decurtato questo fondo, portandolo per il 2011 a 25.731.000 euro, con una previsione di 25.774.000 euro per il 2012 e di 12.939.000 euro per il 2013. Un taglio dell’89,54% in 2 anni e del 94,7% in 4 anni, che espellerebbe di fatto dal sistema universitario i quasi 200 mila studenti che ricevono ogni anno una borsa di studio.

LE NOSTRE PROPOSTE
scuola

• Ripristinare i finanziamenti per il funzionamento didattico amministrativo, che negli ultimi anni hanno subito un taglio per 200 milioni. Riportare alla quota del 2001 anche i finanziamenti per la legge 440/97 sull’offerta formativa. Totale: 300 milioni.
• Finanziare il fondo per il diritto allo studio di 632 milioni di euro, con la previsione del comodato d’uso dei libri di testo, agevolazioni sui trasporti e abolizione di qualsiasi tassa per l’iscrizione ai percorsi scolastici.
• Abbattimento dell’IVA sui consumi culturali.
• Risorse per la carta “Io Studio” necessarie per la realizzazione di misure aggiuntive per garantire agli studenti l’accesso a tutto ciò che costituisce educazione non formale.
• Fondo di almeno di 300 milioni di euro che devono servire a garantire il rispetto dell’innalzamento dell’obbligatorietà scolastica.
• Portare i fondi per i per i progetti studenteschi del d.p.r. 567 a una quota pari almeno a 9 euro per studente trasferiti dallo stato alle scuole.
• Piano di finanziamento straordinario per l’edilizia scolastica di 10 miliardi di euro spalmati in 10 anni.

università
• Abrogazione dei tagli previsti dalla 133 e un conseguente piano straordinario di investimenti che porti in 3 anni l’investimento in formazione, università e ricerca al 7% del PIL e in particolare il finanziamento dell’università da 8.026 a 11.512 dollari per studente (media Ocse).
• Ripartizione equa del FFO, sulla base dei costi effettivi.
• Copertura totale delle borse di studio attraverso uno stanziamento di 321 milioni di euro comprendenti il reintegro dei tagli contenuti nella legge di stabilità 2011. Ampliamento
degli idonei, estendendo i criteri di reddito sulla base dei quali viene assegnata la borsa di
studio.
• Fissare, come previsto dalla legge, i livelli essenziali delle prestazioni erogate dalle regioni e in particolare l’entità minima garantita delle borse di studio.

budget e welfare
• Tagli alla spesa pubblica, in particolare riferiti a: a) riduzione del 20% della spesa militare (risparmio di 4 miliardi), b) cancellazione dei sussidi alle scuole private (risparmio di 700 milioni a partire dal 2012), c) cancellazione dei finanziamenti alle grandi opere (risparmio di 1 miliardo e 700 milioni), d) chiusura dei CIE (risparmio di 240 milioni), e) avvio del passaggio della Pubblica Amministrazione all’Open Source (risparmio di 1 miliardo dal 2011).
• Allargamento ai precari delle misure di protezione sociale già previste per i lavoratori a tempo indeterminato (spesa: circa 4 miliardi e 500 milioni di euro) e ripristino del reddito minimo di inserimento.
• Processi partecipativi tramite cui i territori possano avere potere decisionale in merito a cosa produrre e come, seguendo l’esperienza dei Nuovi Municipi.
• Restituzione al pubblico di spazi aperti sociali e culturali alle realtà attive della cittadinanza.
• Stanziamenti per l’istituzione dei Liveas (livelli essenziali di assistenza) e una una legge quadro nazionale sul reddito di formazione, strumento di liberazione e autonomia oramai presente nella quasi totalità dei Paesi europei.

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