Liberi tutti
Chi ci definisce “mammoni”, chi “bamboccioni”. Nel dibattito politico italiano, il tema della condizione giovanile, della precarietà, della fuga dei cervelli è spesso strumentalizzato, con l’evidente obiettivo di creare un conflitto generazionale in forma di guerra tra poveri, utilizzando la condizione di disagio vissuta da studenti e giovani lavoratori come grimaldello per scardinare il sistema di diritti e tutele faticosamente conquistato in decenni di lotte.
Noi non siamo disposti a farci trattare come carne da macello. Migliaia di nostri coetanei lasciano il Paese ogni giorno alla ricerca di opportunità e speranze. Fenomeni come l’emigrazione e la stessa questione salariale caratterizzano oggi fasce sempre più ampie della popolazione. La precarietà, di fatto, innestandosi sulle differenze di classe, ha livellato verso il basso le prospettive di vita di un’intera generazione. Ciò che ci caratterizza non è l’anno di nascita, ma la precarietà come cifra dominante della nostra esistenza. A costituirci come generazione è una condizione sociale, quella di essere i primi a essere investiti dal fenomeno della precarietà nella maniera più completa e pervasiva.
Serve una risposta complessiva, che passi attraverso la lotta alla precarietà del lavoro, un’inversione di tendenza nei finanziamenti a formazione e ricerca, un’Altrariforma dal basso di scuola e università. Il primo passo, in questo senso, è la costruzione di un nuovo sistema di welfare, che superi l’impostazione familistica e assistenziale per promuovere l’autonomia sociale dei soggetti in formazione, la libertà di scelta di tutti coloro oggi inseriti in percorsi formativi e che non vedono dinanzi a sé una prospettiva di vita, attraverso cinque ambiti fondamentali: il diritto allo studio e il reddito, l’abitare, la mobilità, la cittadinanza studentesca e l’accesso ai saperi.
Liberi di scegliere
In Italia, a seguito della riforma del Titolo V della Costituzione, il diritto allo studio è diventato materia di competenza regionale, senza che lo stato abbia mai fissato i livelli essenziali per i servizi. I risultati sono evidenti: pochissime regioni riescono a coprire tutti gli idonei alle borse di studio, gli alloggi sono inadeguati rispetto al numero degli aventi diritto, i servizi sono assolutamente insufficienti.
In tutti i Paesi dell’UE, inoltre, tranne Italia e Grecia, esistono forme di reddito diretto per i soggetti in formazione. Si tratta di uno strumento che supera il modello assistenziale, uno strumento di autonomia e di liberazione, in grado di slegare i soggetti in formazione dalla famiglia e dalla sua condizione sociale.
Nell’ambito di questa generale battaglia per la demercificazione del diritto allo studio e per la ripubblicizzazione dei saperi, chiediamo, quindi, una legge quadro nazionale sul diritto allo studio, che preveda il reddito di formazione, tramite la costituzione di un fondo per il futuro, finanziabile tramite il taglio delle spese militari, la tassazione delle rendite finanziarie e delle transazioni internazionali, la lotta all’evasione fiscale, l’emersione del vasto campo dell’economia sommersa e una nuova imposta di scopo, fortemente progressiva.
Liberi di abitare
Affitti stellari per loculi senza finestre, sgabuzzini che diventano camere doppie, triple, quadruple, proprietari che cambiano le regole a piacimento, studenti praticamente deportati in periferie-ghetto, case dello studente enormemente sottodimensionate rispetto al numero degli idonei e lontane da ogni standard dignitoso.
Diritto all’abitare significa diritto alla casa ma anche a un’esistenza degna, all’interno di un contesto urbano accogliente e a un sistema di servizi all’altezza degli standard europei. Respingiamo la logica della separazione tra centri storici ridotti a vetrine disabitate circondate da quartieri-dormitorio svuotati di ogni contenuto sociale e culturale, come rifiutiamo la condizione di subordinazione e ricattabilità che ci impone il predominio dell’illegalità e del sommerso negli affitti.
Chiediamo un massiccio ritorno del pubblico nel campo dell’abitare, attraverso modelli come il diritto di prelazione nell’acquisto degli immobili rivolto alle istituzioni pubbliche previsto in Francia, in grado di immettere sul mercato alloggi a costo sociale che frenino l’impennata degli affitti. Chiediamo, inoltre, un maggiore impegno degli enti locali nella promozione e nella diffusione degli affitti a canone concordato per studenti come via d’uscita dal sommerso.
Liberi di muoversi
Le recenti riforme di scuola e università hanno reso il pendolarismo un fenomeno di massa, così come la dislocazione dei luoghi della formazione in campus extraurbani e il progressivo allontanamento delle residenze studentesche dai centri storici hanno fatto della mobilità un nuovo ostacolo nel raggiungimento del diritto al sapere.
L’emergenza ambientale, inoltre, ci impone un radicale ripensamento degli stili di vita e della stessa geografia urbana, con l’obiettivo di liberarci dalla schiavitù del trasporto privato su gomma e dei combustibili fossili.
Una mobilità sostenibile dal punto di vista sociale e ambientale richiede politiche pubbliche di investimento e incentivo a diversi livelli: nell’ambito extraurbano serve un rilancio del sistema ferroviario in grado di collegare rapidamente e con il minore impatto ambientale possibile le varie aree della città diffusa; in città, oltre alla riconversione ecologica degli autobus, serve un aumento del servizio in grado di coprire l’intero arco delle 24 ore, associato all’integrazione con un sistema di trasporto individuale basato sulla bicicletta.
Ogni studente, inoltre, ha diritto a una carta per la mobilità che, allo stesso prezzo agevolato, a prescindere dal luogo di residenza, lo renda in grado di accedere ai luoghi della formazione e di muoversi liberamente sul territorio nazionale.
Liberi di partecipare
Ripartire dai territori come aree vive e attive è una priorità per i soggetti in formazione. Non possiamo più essere considerati degli alieni nelle città in cui viviamo, trattati come vacche da mungere da parte di baristi e immobiliari, semplici consumatori che devono studiare, pagare e poi, al tramonto, sparire. Rivendichiamo una piena cittadinanza studentesca, il diritto a essere soggetti attivi dei territori in cui viviamo. Chiediamo la possibilità di costruire spazi di aggregazione e produzione culturale liberi dalle logiche del consumo mercificato, chiediamo servizi sociali a misura di studente, dalle biblioteche agli ambulatori medici, chiediamo strumenti di partecipazione diretta alle decisioni che riguardano la comunità di cui anche noi facciamo parte. Chiediamo una carta di cittadinanza studentesca, una dichiarazione del cittadino in formazione che ci riconosca come soggetti attivi della comunità da valorizzare.
Liberi di sapere
I consumi culturali vanno ormai ben oltre i vecchi confini dell’intrattenimento, investendo gran parte della vita quotidiana degli individui, dei momenti della socializzazione e delle economie locali e globali. Negli ultimi decenni il campo della produzione e della fruizione culturale, crescendo in dimensioni e importanza, ha visto accentuarsi il ruolo delle aziende in grado di fare del sapere socialmente prodotto una risorsa scarsa da commerciare.
In questo contesto, rivendichiamo la ripubblicizzazione dei saperi, immaginando e praticando la sottrazione di settori del mondo della conoscenza alle logiche del profitto e la loro riconquista all’interesse generale.
Chiediamo il libero accesso ai saperi nella forma più ampia: dalle agevolazioni agli studenti nell’accesso ai prodotti culturali (libri, cd, film, spettacoli, mostre, ecc.) alla diffusione delle licenze Creative Commons al di fuori dei confini del software libero, fino all’incentivo a tutte le forme di autogestione e autoproduzione dal basso di cultura, in grado di sfidare le logiche del profitto con gli strumenti della partecipazione e della cooperazione solidale.