NONVIOLENZA

Mahatma, Obama e l'India

Dalla visita di Obama in India, a distanza di mesi, emergono riflessioni attuali e importanti su un modello di sviluppo che sostiene equilibri bellici e disparità economiche.
Ali Asghar Engineer (Traduzione di Silvia Renghi)

Obama, nel suo viaggio in India (6-9 novembre 2010, ndr), ha reso un caloroso omaggio a Mahatma Gandhi e ha detto che egli appartiene non solo all’India ma a tutto il mondo.
Inutile dire che è più facile rendergli omaggio piuttosto che agire in conformità alla sua filosofia. Noi gli rendiamo grandi onori, ma in pratica ignoriamo i suoi insegnamenti. In realtà, più ignoriamo i suoi insegnamenti e più appariscente tende a essere il nostro omaggio. Tranne poche eccezioni. Noi indiani siamo più colpevoli di ignorare gli insegnamenti del Mahatma rispetto ad altri. Tutti i nostri politici ufficialmente rendono omaggio al Mahatma, tutti gli intitoliamo strade, gli dedichiamo statue e, cosa ironica, stampiamo la sua fotografia sulle banconote. Allo stesso modo, tutti i capi di Stato che visitano l’India vengono, di rito, portati al Samadhi di Gandhiji per deporre una corona di fiori.
I tributi di Obama a Gandhi, devo dire, non erano meramente rituali, erano molto di più. Sembravano venire dal suo cuore. Obama, dopo tutto, è un seguace di Martin Luter King, che è stato fortemente influenzato dalla filosofia della nonviolenza di Gandhi e ciò che distingue Martin Luter King è proprio la pratica della nonviolenza attraverso cui ha ottenuto il rispetto dei diritti per gli afro-americani con mezzi nonviolenti.
Martin Luter King ha dovuto sacrificare la propria vita per i suoi ideali, ha liberato gli afro-americani negli anni Sessanta del secolo scorso e Obama è un suo seguace. Ciò che ha detto in India è stato più che una mera formalità. Ma, premesso questo, dobbiamo farci alcune domande. Martin Luter King ha praticato quello in cui credeva e ha dato potere agli afro-americani. Obama, nonostante creda anch’egli nella filosofia di Gandhi, da quando ha vinto la presidenza americana, è lontano dal praticarla.
È molto importante notare che Gandhi non si è mai trovato coinvolto in alcun tipo di lotta per il potere. Non ha mai avuto l’ambizione di diventare presidente o primo ministro dell’India. Il giorno in cui l’India divenne indipendente e si stava procedendo alla formazione del governo a Delhi, Gandhi era lontano, a Navakhali, per combattere la violenza pubblica. Non aveva ancora celebrato l’indipendenza dell’India che era stata ottenuta al costo molto alto della divisione da un lato e di uccisioni di massa dall’altro. La sua priorità era stabilire la pace pubblica. Così scelse di stare a Navakhali che brulicava di lotte.

Armi nucleari
In secondo luogo, chiunque prende sul serio Gandhi e sostiene di essere un suo seguace, deve mettere in pratica la nonviolenza che non è possibile senza pratica della verità. Ahimsa e satyagraha (nonviolenza e verità) vanno di pari passo. Qualsiasi paese armato fino ai denti (alcuni possono distruggere la terra per 10 volte!), non può praticare la nonviolenza. L’America intraprende guerre in tanti paesi dell’Asia e dell’Africa nel nome della sicurezza. In realtà più armi possiede, più si sente insicura. Possiede diverse centinaia di armi nucleari e Gandhi è stato totalmente contro questo tipo di armamenti. Così, la prima cosa che Obama può fare è preparare un autentico programma per eliminare le armi nucleari e, quindi, acquisire il diritto morale di chiedere alle altre potenze nucleari di fare altrettanto.
Oggi, anche sotto Obama, gli USA conducono un doppio gioco. Mentre fanno pressione sull’Iran affinché non fabbrichi armi nucleari, direttamente o indirettamente giustificano Israele, che possiede più di 100 testate nucleari. Come può esercitare una qualche autorità morale per chiedere all’Iran di non ricorrere alle armi nucleari? Questi due comportamenti sono totalmente contrari alla filosofia di Gandhi della verità e della nonviolenza.
In terzo luogo, sotto Obama, l’America deve portare la vera pace in Palestina e riconoscere ai palestinesi i propri diritti. Gandhi aveva detto che la Palestina appartiene ai palestinesi quanto l’India appartiene agli indiani o l’Inghilterra agli inglesi. Spero che Obama abbia letto queste parole e, da vero seguace gandhiano, dovrebbe fare il possibile, resistendo a tutte le pressioni, per restituire la Palestina ai palestinesi, in conformità alle risoluzioni delle Nazioni Unite del 1948 e del 1967.
Un’altra questione è quella della liberalizzazione e della globalizzazione. Gandhi aveva detto che lo sviluppo e il progresso reale sono qualcosa che avvantaggia l’ultima persona della società o i più poveri dei poveri. Ciò che vediamo nel mondo in generale, e in India in particolare, è proprio l’opposto. I poveri stanno diventando orribilmente poveri e i ricchi sono sempre più ricchi. È ben noto il fatto che più del 75 per cento delle persone in India vivono in stato di povertà. È ovvio che anche Obama collabora, con le sue politiche, a questo sviluppo disuguale, che si traduce in estreme polarizzazioni tra ricchi e poveri. Gandhi non avrebbe mai approvato tale “sviluppo”. È ingiusto e si traduce in violenza. L’America invade anche altri paesi, non solo per la sua sicurezza, ma anche per la sua “prosperità economica”. Solo una società giusta può essere veramente nonviolenta.
[…] Povertà e sviluppo, quando sono a favore dei soli ricchi, diventano la causa della violenza che, quindi, assume forme diverse. Anche nelle società occidentali i sentimenti razziali vengono fuori durante la recessione economica. Basta immaginare il grado di violenza in India, dove quasi il 75 per cento delle persone vivono sulla soglia di povertà o al sotto di questa. Tale modello di sviluppo semplicemente non può essere accettabile dagli ammiratore di Gandhi.
Gandhi ha sottolineato la vita semplice, riponendo attenzione alla spiritualità e alla verità. Una società nonviolenta non è possibile senza la semplicità, la verità e la spiritualità. Qualsiasi alto standard di vita, come quello degli americani e degli indiani d’élite, porterà inevitabilmente alla violenza in quanto gli elevati livelli di vita sono basati sullo sfruttamento e sull’ingiustizia che inevitabilmente si trasforma in violenza. Le economie moderne sono fondate sulla creazione di bisogni artificiali e indotti e su elevati livelli di consumismo.
[…] Siamo consapevoli che non è facile per Obama, o per qualsiasi presidente degli Stati Uniti, portare avanti il cambiamento di un modello economico e abbassare il livello del consumismo. È più facile a dirsi che a farsi. Nessun presidente americano può sopravvivere se decide di lavorare per un simile cambiamento. Il presidente americano non può ridurre neppure gli armamenti convenzionali, né, tanto meno, le armi nucleari, poiché esistono forti legami tra l’industria e i corpi militari. Ma è anche vero che se l’America segue questo modello di crescita economica e conserva gli elevati tenori di vita attuali, a discapito dei paesi più poveri, non ci sarà pace nel mondo.
Un sincero seguace di Gandhi non può far parte di tale crescita economica ingiusta. Deve essere orientato spiritualmente e deve concentrarsi in ugual misura sulle ricchezze spirituali e su quelle materiali.
L’economia moderna comporta che più si consuma, più si ha bisogno di qualcosa e più ci sentiamo vuoti spiritualmente. L’economia della charkha (la ruota) non può funzionare oggi, ma alcune delle intuizioni di Gandhi sono tuttora valide, come lo erano quando egli era in vita. Ci sono verità eterne e verità contestualizzate. Non è necessario attenersi a quelle contestualizzate.

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