FORMAZIONE

Il tempo del bambino re

I nuovi tempi celano potenzialità importanti, da scoprire attraverso l’arte dell’educare.
Giovanni Giudici (Presidente Pax Christi Italia e vescovo di Pavia )

Educare obbedisce a un sentimento universale. Ciascuno di noi ha in cuore il volto di un bimbo, di un ragazzo, di un giovane il cui destino ci importa molto.
Il sentimento universalmente condiviso della gioia e della responsabilità educativa non toglie la constatazione che le condizioni culturali odierne pongono all’educare sfide diverse. Per questa ragione, il documento della CEI, “Educare alla vita buona del Vangelo”, ritorna con frequenza sull’annotazione che l’educare oggi si pone in maniera nuova. In cosa consiste la novità che l’educatore si trova ad affrontare?
Sul tema dell’educare, la nostra società appare spesso inquieta. Diminuiscono i legami sociali; sono messe in dubbio le convinzioni più comunemente accolte. Famiglia, scuola e istituzioni educative sono passate attraverso forti burrasche. Quando ci domandiamo quali sono i modelli educativi da proporre o le condizioni a cui preparare le persone che educhiamo, abbiamo solo lo schizzo di nuovi scenari e la nostalgia di un mondo passato che era meno perfetto di come noi lo ricordiamo e lo descriviamo oggi.
La questione dei giovani non cessa di occupare l’attualità. Violenze a scuola, vandalismi dannosi, dibattito sui segni di manifestazione della propria religione all’interno della scuola, riforma e contro-riforma della scuola. Si fa fatica a trovare convinzioni comuni.
Dà fiducia il fatto che continua a essere presente l’interesse per l’educazione.
Nel formare la nuova generazione sono coinvolti i padri e le madri; la professione dell’insegnate sembra oggi una scelta più decisa e consapevole; vi è il volontariato per l’educazione in vari movimenti giovanili. Nel campo dell’educazione possiamo iscrivere anche l’impegno della catechesi e dell’oratorio.
Il documento CEI richiama alcune dimensioni dell’educare oggi che conferiscono una caratteristica di novità. È nuova l’urgenza dell’impegno alla formazione; occorre stare in questo campo con generosità, raccogliere energie e disponibilità di tempo e di pazienza. Oggi chi educa, si trova in una sorta di solitudine; il ragazzo o l’adolescente ha con sé il consenso del gruppo o dei pari età, e l’educatore si trova a operare in concreto da solo.
Una seconda ragione di novità è il fatto che il dibattito circa l’identità di una cultura e di una civiltà si è aperto improvvisamente. Siamo in un mondo fattosi piccolo attraverso lo sviluppo delle comunicazioni.
Questa è un’opportunità perché il confronto aiuta a renderci conto della possibilità costruttrice e unificatrice della persona, che nasce dall’essere credenti e appartenenti alla storia di un dato Paese. In una classe con appartenenze etniche diverse, in un gruppo di catechismo con cattolici provenienti da altre terre, è possibile aiutare i ragazzi a crescere e a comprendere meglio se stessi proprio riflettendo sulla caratteristica di essere italiani e cattolici italiani.
Anche il veloce cambiamento delle mode contribuisce a innovare in campo educativo. Basti pensare a come siamo passati attraverso un periodo di permissività, di positiva assenza di limiti, di rifiuto di paletti indicatori. Il tempo del ‘bambino re’. Queste novità sono state del tutto negative? No, sono emersi atteggiamenti positivi. Migliore conoscenza della psicologia del ragazzo e dell’adolescente; presa in carico della singolarità di ciascuno; rifiuto dell’autoritarismo castrante; crisi delle violenze istituzionalizzate, questi sono stati i punti positivi che ne sono derivati al nuovo modello di educare. Il ragazzo è una persona; e questo ha profondamente mutato i rapporti tra genitori, ragazzi, insegnanti, allievi. La comunità cristiana intende partecipare al dibattito sull’educazione, come avverte il documento al n. 35; rintraccia le ragioni dell’educare, ne sviluppa le conseguenze, dà piena centralità alla persona come portatrice di una vocazione.

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