Fatti e misfatti
La cittadinanza chiede sicurezza e gli amministratori tengono sempre a portata di mano un “mostro” da mandare via con grande clamore e imponenti scenografie al momento opportuno.
I rom nei campi nomadi sono vessati, ricattati, umiliati, deportati, frustrati, degradati e sgomberati. Per sopravvivere sono costretti all’illegalità e i campi nomadi diventano inevitabilmente ricettacoli di malaffare che crea un’economia di sopravvivenza. Tutti vedono gli effetti deleteri, ma nessuno ne rimuove le cause. È qui la colpa della politica e di certe associazioni che sembrano non avere alcun interesse a cambiare le cose.
Purtroppo alcuni personaggi politici non rappresentano solo se stessi ma una parte importante della popolazione, che rischia di diventare razzista e xenofoba non per cultura ma per indottrinamento. Si rischia una deriva pericolosa. Creare ad hoc un nemico esterno e un’alterità pericolosa sono concetti nazifascisti ed etnocentrici utili a rafforzare un’identità nazionale, messa in discussione in un periodo di crisi economica. I governi che perdono consenso e sono incapaci di dare risposte concrete preferiscono prendersela vigliaccamente con i più deboli e usarli come capri espiatori come se poche decine di migliaia di persone possano veramente essere una minaccia e la colpa di tutti i problemi. Come in passato, è più facile veicolare su chi non può difendersi le frustrazioni dell’opinione pubblica.
Ciò avviene attraverso un’oculata e massiccia campagna propagandistica orchestrata dalla politica e attuata dagli editori: i rom in nessun caso devono emergere positivamente e anche quando sono protagonisti di eventi artistici e culturali importanti, tutto deve essere rigorosamente ridotto ai minimi termini o impiastricciato con problemi sociali.
L’immagine attribuita ai rom è devastante: roulottes sgangherate, baraccopoli, sporcizia. Ecco allora creati ad hoc gli agnelli sacrificali ideali, svuotati di ogni tratto umano, così lontani dagli standard di vita della maggioranza e dati in pasto all’opinione pubblica. Poco importa se si tratta di essere umani costituiti per lo più da bambini e donne indifesi, sono solo rom, carne da macello funzionali. La comunicazione diventa così propaganda, invece di assolvere al diritto-dovere di informare, sostiene una politica misera che mostra i muscoli ai più deboli che non hanno né voce né protezione. Alcuni editori svolgono il loro compito loro con servizi giornalistici preconfezionati, a senso unico, senza contraddittorio, con la presenza di rom non all’altezza del dibattito proposto e sempre funzionali all’obiettivo.
Dai media, emergono solo ed esclusivamente i lati negativi del mondo rom senza approfondire la verità. Alcuni esempi: la popolazione romani costituita da rom, sinti, kalè, manouches e romanichals è definita dispregiativamente “zingara”; è considerata nomade quando, invece, la mobilità è sempre stata coatta, figlia di terribili persecuzioni subite in Italia e in Europa nel corso dei secoli; i campi nomadi, emblemi della discriminazione, del razzismo e della segregazione razziale indegni di un Paese che si considera civile, sono presentati come espressione culturale; la maggioranza dei rom e sinti in Italia sono di antico insediamento (i primi arrivi risalgono al XIV secolo) e cittadini italiani per il 70% eppure tutti i rom sono percepiti come stranieri.
I rom sono privati anche del riconoscimento minimo dei diritti civili, quei diritti tutelati internazionalmente e che danno a un essere umano la dignità e la cittadinanza. Sembra che ai rom non spetti il diritto alla casa, il diritto al lavoro, il diritto all’assistenza sanitaria, alla scolarizzazione. Senza questi elementari diritti nessun essere umano può vivere serenamente con gli altri.
Io ho conseguito due lauree senza aver beneficiato di un solo euro per i miei studi, nonostante tutto il fiume di denaro sperperato. I rom e sinti laureati in Italia hanno raggiunto il proprio obiettivo per vie traverse o attraverso ingenti sacrifici familiari e personali.
Com’è possibile che, a fronte di milioni di euro spesi, nessuno conosca la lingua, la letteratura, la cultura e la storia di rom e sinti?
Com’è possibile che, nell’era della comunicazione, solo gli esperti sanno cos’è il porrajmos quando a tutti è dato sapere cos’è la shoà? Perchè 500 mila rom e sinti trucidati dai nazifascisti non hanno avuto posto nella memoria collettiva? Sotto il nazifascismo i rom e sinti sono stati usati come cavie per esperimenti pseudoscientifici; gli sono stati sottratti case, averi, terreni, denari e oggetti preziosi, mai restituiti ai legittimi proprietari; sono stati usati come schiavi nella macchina bellica. Perché tutto ciò è stato volutamente celato o rimosso? Forse perché farebbe scattare il rispetto e la solidarietà nei confronti delle comunità romanes e il diritto di essere risarciti. È ciò che in realtà non si vuole. Attorno ai rom si è creata un’industria redditizia e sono migliaia gli italiani che grazie a loro hanno, oggi, uno stipendio assicurato: consulenti, mediatori, operatori sociali, sedicenti esperti, associazioni e quant’altro. Eppure, nonostante i fallimenti, diversi enti sono ancora lì a ottenere finanziamenti, con la complicità di politici di riferimento, per progetti milionari. A chi conviene, allora, cambiare le cose? Solo ai rom e sinti, ma chiaramente sono inascoltati o delegittimati. Non c’è alcuna volontà politica di cambiare questa consuetudine, che un tempo si poteva imputare alla disinformazione e che oggi, in verità, riflette una precisa strategia.
Alcuni politici continuano a fare demagogia facendo credere che l’integrazione dei rom passi per le tasche degli italiani quando, invece, esistono i fondi europei per questo scopo. Gli stessi fondi vengono, invece, usati non per integrare i rom ma per sgomberarli! Si preferisce sperperare centinaia di milioni di euro per costruire e mantenere i campi nomadi, invece di integrare poche migliaia di rom stranieri, che in Romania e nella ex-Jugoslavia vivevano già nelle case. Esistono migliaia e migliaia di rom e sinti onesti che lavorano e danno il loro contributo alla patria, ma che sono costretti a nascondere le proprie origini per non avere ritorsioni: calciatori, pugili, infermieri, dipendenti comunali, operai, insegnanti, imprenditori, assicuratori, trasportatori, fornai, artigiani, commercianti, ristoratori, circensi, giostrai, musicisti, pittori. Esistono centinaia di eventi legati al mondo e alla cultura romani di cui l’opinione pubblica viene privata: mostre ed esposizioni, convegni, seminari, presentazione di libri e cd, corsi universitari, festivals, concerti, cineforum, concorsi artistici e letterari, Solo i fatti di cronaca sono largamente diffusi dai media e l’errore del singolo si ripercuote su tutto un popolo. È chiaro che l’opinione pubblica non può che avere un’idea distorta del mondo e della cultura romani. Questa è la grande insopportabile mistificazione che sta portando un popolo a un nuovo genocidio celato e invisibile nell’era della comunicazione.
L’apartheid nei campi nomadi, certi servizi giornalistici e trasmissioni televisive andrebbero denunciati al Tribunale dell’Aia per crimini contro l’umanità! La dignità di un popolo intero non può essere colpita così duramente e i responsabili non possono restare impuniti. La libertà democratica dipende dalla libertà di stampa e dal rispetto delle convenzioni internazionali. Si parla tanto dell’illegalità dei rom, ma è legale avere i campi nomadi espressione di ignobile apartheid? È legale negare i diritti umani più elementari? È legale discriminare? Oppure far morire i bambini rom in condizioni disumane? La risposta significativa è che la lista dei bambini rom e sinti morti è lunghissima in tempo di pace.
Oggi i rom non sono liberi, ma sono vittime di stereotipi mistificatori creati ad arte e reclusi nei campi nomadi per impedire una vera integrazione che non passi attraverso una spersonalizzante assimilazione.
Un’enorme patrimonio, che è patrimonio dell’umanità, rischia di scomparire a causa di una politica miope che aggredisce invece di aggregare. I rom vogliono e devono vivere con gli altri nel rispetto delle regole civili ma anche delle differenze culturali.
L’integrazione è come l’amore, si fa in due. L’errore è sempre del singolo e mai di un’intera comunità o di un’intera popolazione. Oggi se la prendono con i rom stranieri e,se non poniamo argini, se la prenderanno con i rom e sinti italiani, poi con gli immigrati, con gli ebrei, e via discorrendo.
Alcune proposte concrete per migliorare:
1) La sicurezza e la legalità vanno garantite a tutti. Rom e sinti compresi. Nessuna voce autorevole ha condannato realmente l’apartheid in Italia. Solo all’estero si sono resi conto della gravità della situazione.
2) Ristabilire la legalità riguardo la palese violazione, sotto diversi pretesti, dei più elementari diritti umani nei confronti delle diverse comunità rom e sinti in Italia, costrette a vivere in condizioni disumane e fortemente discriminate in netto contrasto con la Costituzione italiana, con la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e con le normative europee e internazionali.
3) Smantellare i campi nomadi, pattumiere sociali degradanti e frustranti, centri di segregazione razziale permanente ed emblema della discriminazione. I rom e sinti non sono nomadi per cultura. La mobilità è sempre stata coatta e mai una scelta. Chi vive oggi nei campi nomadi ieri aveva le case in Romania o nella ex-Jugoslavia. Il 70% della popolazione romani in Italia ha cittadinanza italiana e vive in abitazioni.
4) Facilitare l’accesso alle case popolari con pari opportunità o sviluppare insediamenti urbanistici non ghettizzanti facilitando anche l’utilizzo dei servizi pubblici. Favorire il più possibile l’accesso alla scolarizzazione, al lavoro e all’assistenza sanitaria.
5) Promuovere l’integrazione anche attraverso i fondi europei con programmi specifici riguardanti la popolazione romani per evitare la facile strumentalizzazione di far credere che l’integrazione dei rom e sinti in Italia passa attraverso le tasche degli italiani.
6) Arrestare il processo di demonizzazione e di criminalizzazione di un intero popolo. Sono i singoli che hanno un nome e cognome a sbagliare e che devono essere puniti e non l’etnia di appartenenza.
7) Promuovere la conoscenza della storia, della cultura, dell’arte e della lingua dei rom e sinti per combattere gli stereotipi negativi e favorire l’integrazione. Attualmente si dà il 99% di spazio mediatico alla cronaca e l’1% di spazio agli eventi culturali che pur si organizzano sull’intero territorio nazionale. È chiaro che questa disparità non può avere effetti positivi.
8) Prendere atto del palese fallimento dell’assistenzialismo delle associazioni di volontariato che si sono arrogate il diritto di rappresentare il popolo rom. Si sperperano annualmente centinaia di migliaia di euro per progetti di scarso o nessun valore per i rom e sinti.
9) Creare una consulta romani in Italia di intellettuali rom e sinti e associazioni che abbiano un’esperienza internazionale sulle problematiche concernenti la realtà delle comunità romanes che possa favorire la mediazione nella risoluzione dei problemi sociali e politici.
10) Favorire il più possibile il processo di integrazione positiva a coloro che dimostrano una chiara volontà di partecipazione sociale evitando di porre sullo stesso piano chi merita e chi delinque. I modelli positivi devono essere esaltati per essere una valida attrattiva per combattere l’esclusione sociale e l’emarginazione culturale.
11) Le associazioni che oggi svolgono un ruolo meramente assistenzialistico nei confronti di rom e sinti andrebbero riconvertite in società di servizi.
12) Occorre creare un’editoria romani per pubblicare e diffondere libri e riviste per un’informazione corretta e scientifica sul mondo romani, capace di superare pregiudizi e stereotipi dannosi per tutti.
13) Occorre sostenere programmi televisivi e radiofoniche che si occupino regolarmente dei rom e sinti non solo antropologicamente e socialmente ma anche culturalmente e artisticamente.
14) Creare corsi di formazione, cooperative e opportunità di lavoro per rom e sinti
15) Creare laboratori artistici e culturali in favore di giovani rom e sinti con prospettive professionali.