FORMAZIONE

Chiamati a dialogare

La chiesa si interroga su come possano essere coniugate libertà e dignità con le innumerevoli inquietudini e condizioni di vita odierne.
Giovanni Giudici (Presidente Pax Christi Italia e vescovo di Pavia )

La riflessione sulla Parola di Dio che educa, nel documento “Educare alla vita buona del Vangelo”, si sviluppa in un’analisi e descrizione dei vari aspetti della vita di chiesa mediante i quali la comunità cristiana forma la persona del credente perché viva una fede matura. Il riferimento fondamentale tuttavia resta sempre Dio che educa il suo popolo. Ogni sforzo della comunità cristiana che intendesse educare senza tener conto dell’azione di Dio, è destinata al fallimento e anzi alla storpiatura della fede. Dio è venuto costruendo il suo popolo a partire dalla vocazione di Abramo e seguendo ogni persona con una cura e un amore personale. Per questo si può dire che la chiesa è veramente se stessa ed è educatrice solo se si lascia educare da Dio.
Che cosa chiede, infatti, il Signore al suo popolo? Di essere annunciatore di un progetto di grande bellezza e vivacità: rendere l’uomo pienamente uomo, capace di vivere nell’incontro con l’altro, nella sicurezza dell’amore di Dio, nella pace dello scambio di doni con ogni altra persona.
Chi vive la chiesa con fedeltà alla sua caratteristica prima – essere per l’annuncio –, impara a vivere anzitutto nella dimensione del dono. Il cristiano sa di essere chiamato personalmente da Dio; riconosce, entrando nella comunità cristiana, di aver ricevuto la fede, la speranza, l’amore che sono in Cristo. Da questa certezza nasce un cammino; egli cerca di comprendere come la fede illumini la sua vita e allo stesso tempo e con la stessa determinazione, si domanda come la proposta di Gesù possa rendere buona e bella la vita degli altri.

Saper dialogare
Nel documento della CEI leggiamo: Solo una comunità accogliente e dialogante può trovare le vie per instaurare rapporti di amicizia e offrire risposte alla sete di Dio che è presente nel cuore di ogni uomo (par.41). E, infatti, la scelta di aderire a quella forma di vita umanamente buona che Gesù ci offre, comporta la decisione di essere stabilmente con Lui. Ed ecco allora ciascun battezzato si trova a realizzare un paziente lavoro di comunione tra i carismi presenti nella comunità. Ciascuno di noi sa bene come l’impegno dell’ascolto, della comprensione cordiale dell’altro è scelta che si matura nella dedizione e l’atteggiamento di accoglienza dell’altro va chiesto ogni giorno con preghiera costante e paziente disponibilità.
Una seconda pista di formazione che la comunità cristiana ha a disposizione, nasce dalla caratteristica dell’evangelizzatore: la capacità di dialogo. Interpellare l’altro, vivere con simpatia per ogni esperienza umana matura e positiva, questa è la condizione indispensabile del testimone della vita buona secondo il Vangelo. Chi è nella chiesa non può tenere per se’ la conoscenza di Cristo che dà la salvezza, che garantisce la vita buona; è alla ricerca dell’incontro e del dialogo con ogni persona. Che nessuno sia escluso dal sentirsi compreso nelle sue scelte di amore alla vita ricevuta come dono e condivisa con fiducia e con speranza.
Essere cristiano chiama a esercitare un impegno nella storia, nel lavoro, nella professione, nella vita familiare, fianco a fianco di ogni uomo e donna, credente, non credente, diversamente credente. In questo modo ci si esercita a capire che cosa costruisce la dignità della persona e che cosa la contraddice; che cosa consente di rendere le persone capaci di decidere e di esercitare la propria libertà e che cosa le costringe al silenzio e alla passiva sudditanza. La chiesa ci educa al discernimento.
Quando si guarda la propria esistenza credente in questa prospettiva, si impara a comprendere e a decidere quali scelte concrete, quali rapporti, quali mediazioni sono capaci di far fiorire nella quotidianità le sintonie con il Vangelo. Per giungere a questo punto, il credente riscopre un tratto caratteristico della vita di chiesa: le occasioni di riflessione comune, lo scambio di esperienze a proposito del proprio inserimento nella società e delle sintonie o delle distanze dal Vangelo. Ci si trova nella condizione di creare una opinione pubblica all’interno della comunità cristiana, in modo che tutti i credenti sappiano compiere scelte concrete idonee a mostrare come, in quel preciso momento della storia o della geografia umana, è possibile realizzare la vita buona del Vangelo.

Comunità pastorali
Pensiamo ai segnali nuovi che provengono dalla società del nostro tempo: il confronto con religioni diverse, il prevalere di una scelta di organizzazione sociale che segna profondamente il lavoro con la caratteristica della precarietà. È evidente che la chiesa educa proprio rendendo i suoi figli attenti a raccogliere in concreto i segnali di cambiamento, e a valutarli alla luce della vocazione cristiana. Vi è del positivo nella flessibilità che sta acquisendo il lavoro? Come le nuove condizioni di vita nel lavoro o nella scuola possono essere vissute perché si dia attenzione alla dignità della persona, alla sua libertà di vivere, di esprimersi, di costruire se stessa e il mondo in cui si trova? Devono forse essere scelte da modificare proprio per essere obbedienti al Vangelo?
In questi anni poi la chiesa educa al discernimento anche proponendo cambiamenti che riguardano il versante della vita interna della comunità. Siamo, infatti, invitati a interpretare alcuni aspetti nuovi dello stesso strutturarsi della comunità cristiana. Il diminuire delle persone che fanno la scelta di essere cristiani e di appartenere alla chiesa, consigliano di operare un cambiamento delle stesse modalità con cui la comunità cristiana si struttura. La parrocchia cede il posto alla nuova realtà delle comunità pastorali o unità pastorali. Si chiede una maggiore collaborazione tra presbiteri, tra laici di diverse comunità parrocchiali, si impara a offrire tempo ed energie in contesti che non sono quelli immediati delle persone conosciute o vicine.
E ancora. Viene ripensata la modalità con cui introdurre i credenti battezzati nella comunità cristiana. Al catechismo, incentrato soprattutto sulla cura dei bambini e dei ragazzi, si accompagna ormai in molte comunità parrocchiali e diocesane, l’attenzione agli adulti in quanto genitori di quei bambini che si accostano per la prima volta all’Eucaristia e che completano la loro appartenenza a Cristo ricevendo il sacramento della Confermazione.
Aumenta pure in questi anni il numero degli adulti che chiedono il battesimo; spesso sono persone che provengono da percorsi esistenziali iniziati in altre terre, in altre culture. La chiesa educa a farsi carico di un cammino nella comunità cristiana di persone adulte. È nuovo il passaggio verso una appartenenza più meditata e sicura di quanti non appartengono fin da piccoli alla cerchia dei credenti praticanti.
Per tutte queste novità chi oggi vive nella comunità cristiana è invitato a reagire positivamente alle trasformazioni in atto, comprendendole come un segno di Dio e accompagnandole con l’intelligenza spirituale ma anche con la collaborazione concreta, frutto di carità.
Il documento che stiamo commentando descrive bene le novità che abbiamo elencato: In un ambiente spesso indifferente se non addirittura ostile al messaggio del Vangelo, la chiesa riscopre il linguaggio originario dell’annuncio, che ha in sé due caratteristiche educative straordinarie: la dimensione del dono e l’appello alla conversione continua (par. 40).
Insomma, vivendo la vicenda quotidiana della comunità cristiana siamo aiutati a prendere coscienza che lo strumento che Dio utilizza per educare i suoi figli e le sue figlie è la chiesa. Si tratta di un corteo immenso di uomini e donne che è in cammino verso Dio, e noi vi facciamo parte, qui e oggi nella chiesa di Benedetto XVI e nella comunità della nostra diocesi.

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