Oltre le sponde del mare
Un dossier che coglie la grande sfida che il nord Africa oggi pone.
A se stesso prima di tutto. E al mondo occidentale.
Da Piazza Tahrir, alle strade di Tunisi, dalla Siria allo Yemen, alla Libia e al Marocco milioni di persone da mesi si mobilitano per chiedere un cambiamento radicale del sistema politico che per anni ha frustrato ogni loro aspirazione alla libertà.
Parlare di Maghreb oggi, con un dossier quasi tutto al femminile, è sfida ed esercizio complesso giacché in questo periodo liminale, che intercorre tra la fine dei regimi e la costruzione di altre ipotesi politiche, può succedere di tutto. Si possono accelerare le spinte alla radicalizzazione del conflitto, si può rischiare il ritorno alla normalità, o consolidare le istanze e i soggetti che oggi chiedono democrazia.
Una democrazia sostanziale, che si riappropria degli strumenti della politica della modernità, (il sistema elettorale, i processi costituenti), ma li trasforma e li rielabora in una visione nuova, non più etero-diretta, e nella quale la dignità è il pilastro centrale. Certamente, ci sono molte differenze da paese a paese, dovute alla storia e alla conformazione dei gruppi di potere che per anni hanno inibito ogni prospettiva di cambiamento. E poi la presenza dell’Islam (da quello moderato e quello salafita), che ha rappresentato uno dei pretesti centrali delle potenze occidentali per puntellare quei regimi che qualcuno ha definito vittime di un “jetlag storico” o meglio ancora di un “disordine temporale postcoloniale” ancorati com’erano a una visione assoluta del potere, a un autoritarismo che ormai nulla ha a che vedere con le aspirazioni legittime di quei popoli.
Oltre ai governi autoritari la primavera araba pare essersi portata via anche qualsiasi velleità integralista, il grande piano di Al Qaeda di penetrare il tessuto sociale di quei paesi. Si è detto che la chiave di volta di questo sommovimento va trovata in una complessità di fattori, e indubbiamente così è. Oggi le politiche di riduzione della spesa pubblica si accompagnano a un’ ulteriore contrazione del potere di acquisto delle classi popolari, dovuto in primis all’aumento dei prezzi dei generi alimentari, conseguenza delle speculazioni finanziarie sui prodotti agricoli. Aggiungiamo a questo il potere tremendo del web. la sua capacità di permettere la comunicazione oltre la censura e il controllo di polizia, la possibilità di costruire un sentire collettivo, pratiche e culture politiche tra popoli e generazioni accomunati oggi dalla stessa disperazione e voglia di riappropriarsi di persona del proprio futuro.
Oggi si gioca il futuro del Mediterraneo e dell’Europa. Con i paesi della sponda nord che continuano a usare gli strumenti della realpolitik per tentare disperatamente di riconfermare il proprio ruolo centrale nei destini della regione. E non esitano a usare la forza delle armi, con il pretesto dell’ingerenza umanitaria in Libia per tentare di riaffermare il proprio protagonismo, in un’internazionalizzazione di una guerra civile che può rappresentare un grave rischio per quei processi di trasformazione.
Gli eventi del Maghreb, e non solo, assumono pertanto una grande importanza. Ci interrogano sul significato della democrazia, ma anche sul tema della dignità, sulla costruzione partecipata di un nuovo spazio pubblico, su come promuovere i diritti dell’uomo in un mondo ormai post-occidentale. Più in generale, su come provare a costruire assieme a quei popoli – con capacità di ascolto e la doverosa umiltà – un’ipotesi di pace e democrazia transnazionale, euro-mediterranea, che dia senso a una visione cosmopolita che rifugge le tentazioni dell’uso della forza e sia saldamente ancorata al diritto e ai diritti universali.