STILI DI VITA

Cambio e scambio

Le banche del tempo italiane: un’esperienza diffusa e innovativa nella direzione di una condivisione, di orizzonti ideali e di risorse.
Grazia Pratella

La banca del tempo è una proposta fondata sulla condivisione, di tempo, appunto e di esperienze, di bisogni e di risorse. Si pensa a un tempo che, in modo circolare, così come accade per il denaro, venga messo a disposizione di chi ne ha bisogno sotto forma di piccoli servizi, quelli che le donne e gli uomini di casa sono sempre stati abituati a svolgere. Dal cambio della lampadina, alla riparazione della gamba del mobiletto, alla sintonizzazione del decoder, al ritiro della ricetta dal medico, alla cura degli animali o delle piante, al portare un anziano dal medico, all’aiutare un bambino a svolgere un compito. Oggi io posso aver bisogno del ritiro della ricetta, domani tu puoi aver bisogno della piccola spesa che può fare un altro iscritto, il quale a sua volta potrebbe aver bisogno dopodomani che gli si protocolli una lettera.
Nel 2010 è stato distribuito alle banche del tempo presenti in Italia un questionario piuttosto articolato per fotografarne le caratteristiche.
Il 52 per cento delle banche del tempo italiane è iscritto all’associazione nazionale e questo denota un forte interesse a “fare rete”. Altre non sono iscritte direttamente, ma tramite l’appartenenza a coordinamenti; altre ancora sono totalmente autonome.
Hanno risposto al questionario 144 banche del tempo che rappresentano il 37 per cento delle presenze in Italia. Le banche del tempo più attive sviluppano in un anno oltre 7000 scambi, dalle risposte se ne evidenzia il raddoppiarsi rispetto all’inizio dell’attività.
Circa la composizione degli iscritti, all’inizio degli anni 2000 erano in prevalenza persone occupate, mentre in questi ultimi anni sono aumentati i pensionati e si alza l’età media degli iscritti.
Il dato può essere letto in vari modi: da un lato la composizione delle banche potrebbe essere interpretata come un uniformarsi alla realtà della popolazione italiana, dall’altro si potrebbe pensare che si avvicinino meno a queste forme associative proprio le persone che si volevano raggiungere con la legge che le ha istituite.
Da tale legge (cfr. box allegato, ndr), nata in seguito a un ampio dibattito parlamentare, si evidenzia come l’esperienza miri a favorire e sostenere la maternità e la paternità e a dare valore a esperienze in tale direzione che già esistevano dal 1994.
Dal testo di legge si desume che dovrebbero essere gli enti locali in qualche modo promotori e tutori delle banche del tempo. Dove è mancato interesse e progettualità nel pubblico, gruppi di cittadini si sono auto-organizzati e costituiti in associazioni “banche del tempo” sviluppando una rete di relazione fra gli iscritti e poi fra le banche.
Questo si evince dal report dove si parla di adozione di una convenzione con l’ente locale: mediamente la convenzione è adottata dal 50 per cento delle banche del tempo, è evidente come in questo caso una banca del tempo presenti caratteristiche simili e l’attività sia realmente a sostegno delle famiglie.
Non a caso questo articolo di legge rientra nella 53/2000 che tende a proporre azioni per facilitare la paternità e la maternità.
In altri paesi, (stiamo in questo periodo sviluppando forti relazioni con Spagna e Portogallo), questo tipo di associazioni vede una forte progettualità pubblico/privata: soprattutto la formazione degli operatori è vista come un momento qualificante nella vita dell’associazione.
A tal proposito, il 26 per cento delle nostre banche vorrebbe potenziare gli scambi rivolgendosi a un numero più ampio di popolazione; il 25 per cento chiede incontri sulla comunicazione sia per sapersi proporre all’esterno sia per comprendere meglio le esigenze dei propri iscritti; il 21 per cento vorrebbe avere maggiori conoscenze contabili e amministrative; il 17 per cento è interessato a progettare.
La formazione riguarda i giovani iscritti che vogliono affrontare un nuovo modello di esperienza e i meno giovani che vogliono mantenere attive le loro capacità, potenziandole e rivolgendole al soddisfacimento di bisogni cui un ente locale di per sé non può andare incontro, in quanto non rientranti nella loro mission.
Con una progettualità idonea e la collaborazione di enti e associazioni in rete, le banche del tempo potrebbero rappresentare un reale sostegno anche per casi limite.

A braccetto con gli enti pubblici
Per migliorare l’incisività delle banche del tempo e uniformare le modalità di azione che svolgono bisognerebbe che le istituzioni cominciassero a crederci veramente: è emblematico il caso della città di Roma, dove già nel 1997 il comune aveva favorito l’apertura di una banca del tempo attraverso sportelli che funzionavano come vere banche dove i cittadini versavano e prelevavano ore di tempo.
Alcuni sportelli romani hanno ora quasi 2000 correntisti e, nonostante l’entità, la potenzialità delle banche del tempo potrebbe essere ancora maggiore, arrivando a coprire una buona parte di richieste dei cittadini.
Se fino a ora questo tipo di istituzioni ha rappresentato un fenomeno di nicchia, il momento particolare di crisi istituzionale, economica e sociale in cui viviamo richiederebbe una rivisitazione dell’esistente. Il maggior numero di banche del tempo si registra in Piemonte e in Lombardia (particolarmente nella provincia di Milano). L’associazione nazionale banche del tempo è nata nel 2007. Un ultimo dato: si nota dal report l’interesse delle banche del tempo a adottare forme associative precise, statuti, quindi una richiesta forte di legalità e regolamentazione.
In conclusione, la banca del tempo non si inventa, occorre un forte lavoro di elaborazione culturale e una profonda convinzione sociale; si cerca di lavorare sull’empowerment come ricerca all’interno di sé delle proprie capacità e delle potenzialità inutilizzate.

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