FORMAZIONE

Con parole e opere

La liturgia è fonte di educazione alla vita buona del Vangelo.
Giovanni Giudici (presidente Pax Christi Italia e vescovo di Pavia)

Continuiamo la lettura del documento pastorale della CEI per il decennio che abbiamo appena iniziato, e ci soffermiamo su un aspetto della vita della comunità cristiana che è proposta educativa permanente: la liturgia. Afferma il documento: “L’azione dello Spirito plasma la vita… Il culto gradito a Dio diviene un nuovo modo di vivere tutte le circostanze dell’esistenza... in quanto vissuto dentro il rapporto con Cristo e come offerta a Dio”(n 22).
Ciascuno di noi vive l’esperienza della messa domenicale; la celebrazione dei sacramenti dell’iniziazione cristiana fa parte spesso del nostro vissuto perché ci sono ragazzi in famiglia o perché i figli di nostri amici sono battezzati o cresimati o celebrano la loro prima comunione. Tutti noi, poi, celebriamo il sacramento della riconciliazione.
A seconda della nostra vocazione siamo stati coinvolti nel matrimonio o nell’ordinazione sacerdotale. Insomma, la nostra vita di cristiani è segnata profondamente dai gesti e dai segni della liturgia. La domanda che ci viene spontanea è la seguente: ci lasciamo educare dalla vita liturgica?
Sarebbe una vera contraddizione se non avvertissimo l’importanza dei sacramenti, e più ampiamente della preghiera della Chiesa, per formare lo stile della nostra vita quotidiana. È ovvio che questa domanda esige una premessa: siamo disposti a essere interpellati dalla liturgia, e viviamo la nostra vita di comunità cristiana con la persuasione che la liturgia ci forma?

Un vero incontro
Nel mese di novembre 2010, si era svolta ad Assisi la 62a Assemblea Generale della Conferenza Episcopale Italiana, che aveva posto al centro dei lavori l’esame della traduzione della terza edizione tipica del messale romano.
In quell’occasione papa Benedetto XVI aveva indirizzato ai vescovi italiani un suo messaggio, nel quale li esortava “a valorizzare la liturgia quale fonte perenne di educazione alla vita buona del Vangelo”. È la liturgia, infatti, che “introduce all’incontro con Gesù Cristo, il quale, con parole e opere costantemente edifica la Chiesa, formandola alle profondità dell’ascolto, della fraternità e della missione”.
L’invito del pontefice non ignorava i segni di una cultura che, corrodendo le forme tradizionali di vita, ha finito per eclissare dal proprio sguardo il senso di Dio e offuscare la dimensione dell’interiorità, rendendo non solo meno trasparente, ma anche meno praticabile la fede. Se, di fatto, l’uomo contemporaneo, investendo tutte le proprie energie nello sviluppo della scienza e della tecnica, ha dimenticato persino i fondamenti della vita evangelica, non stupisce di dover constatare che anche la tradizione cristiana sia in pratica misconosciuta, ignorata o ridotta al suo aspetto più superficiale.
Procedendo nell’analisi di questa crisi che coinvolge il nostro mondo, Benedetto XVI ne individuava le radici anzitutto in “una crisi di fiducia nella vita”, che influisce in maniera rilevante sul processo educativo, nel quale i riferimenti affidabili si fanno sempre più labili.
È evidente che, se così stanno le cose, per invertire la rotta “non è sufficiente un generico richiamo ai valori, né una proposta educativa che si accontenti di interventi puramente funzionali e frammentari. C’è bisogno, invece, di un rapporto personale di fedeltà tra soggetti attivi, protagonisti della relazione, capaci di prendere posizione e di mettere in gioco la propria libertà”.

Azione permanente
La Conferenza Episcopale Italiana, guardando in faccia questa crisi, ha voluto dedicare gli orientamenti pastorali per il prossimo decennio 2010-2020 proprio al tema dell’educazione, con l’intento di prendersi a cuore la vita intera di ogni uomo, cercando “nelle esperienze quotidiane l’alfabeto per comporre le parole con le quali ripresentare al mondo l’amore infinito di Dio” (Educare alla vita buona del Vangelo, 3). Ecco perchè la liturgia è indicata come scuola permanente di formazione attorno al Signore risorto. Essa, infatti, rappresenta il “luogo educativo e rivelativo” per eccellenza, in cui la fede prende forma e viene trasmessa. E proprio in quanto fondamentale luogo educativo, la liturgia non solo offre l’alfabeto che oggi manca al linguaggio quotidiano della fede, ma diventa anche sorgente di ogni profonda relazione umana, di autentica comunione e di dono reciproco.
Fornisce l’alfabeto indispensabile alla fede, perché la frequentazione della preghiera della Chiesa plasma il pensiero e i sentimenti della comunità cristiana. E diventa fonte di ogni autentica relazione umana perché, mettendo il credente in contatto con la passione di un Dio che nel suo Figlio si muove alla ricerca dell’uomo, la liturgia ci ricorda anzitutto che all’inizio del nostro essere cristiani “non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva”.

Toccati dal mistero
Queste parole, che Benedetto XVI collocava in apertura della sua prima enciclica, Deus caritas est, ravvivano la consapevolezza che l’inizio del nostro essere cristiani rimanda non tanto a un evento passato, seppur determinante, che ha originato un cambiamento nella nostra vita, bensì a una condizione destinata a rinnovarsi ogni giorno e che assume la forma di un incontro: l’incontro con Cristo che, nella grazia del sacramento, rinnova la nostra esistenza e colma di senso il nostro quotidiano. La vita, infatti, “diventa vita vera solo se riceve la sua forma dallo sguardo rivolto a Dio. E il culto serve proprio a questo: a consentire tale sguardo” (cfr. J. Ratzinger, La natura della liturgia, in Opera Omnia, vol. 11, Città del Vaticano 2010, p. 31).
Il paradigma di tale sguardo rinnovato sulla vita sembra suggerito dal passo evangelico di Luca, nel quale si narra l’incontro del Risorto con i discepoli di Emmaus.
Una pagina dalla quale emerge non solo l’indissolubile intreccio che, nella liturgia, salda il legame fra la Parola e l’Eucaristia, ma anche la grazia che accompagna e prolunga l’evento dell’incontro con Gesù: una grazia che consente di guardare alla vita con occhi e cuore rinnovati.
Nel racconto evangelico, infatti, gli occhi dei discepoli, in un primo tempo incapaci di riconoscere Gesù, una volta toccati dal Mistero, si aprono con stupore di fronte al gesto del maestro che spezza il pane. Un gesto familiare e gravido di memoria, che infiamma il loro cuore, li rimette in cammino e li rende testimoni.
La liturgia, ripetendo quei gesti e quelle parole, continua a spiegare in tutte le Scritture ciò che si riferisce a Gesù. E in questo modo educa il cuore e lo sguardo di ogni discepolo, trasformati dalla grazia, non solo a intui-re e a scorgere nelle pieghe profane del quotidiano la presenza del Risorto, ma anche a reagire in modo positivo a quella cultura di morte, di delusione e di disperazione che tante volte avvolge la nostra esistenza.
Questa passione per la vita, che sgorga dall’incontro con il Risorto, rinnovato nella celebrazione della liturgia, non può lasciarci indifferenti. Dall’incontro con lui, infatti, non si può uscire così come si è entrati, perché sempre qualcosa accade, perché è un’esperienza che cambia la vita e l’accende di nuova passione. Una passione capace di andare incontro con nuova energia a chi ci sta accanto e di narrare, con i gesti della vita, il mistero di cui abbiamo fatto esperienza.

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