Dal video la pace
Nel 1991 nasceva PeaceLink, la telematica per la pace. Era l’anno della prima Guerra del Golfo. Negli Stati Uniti già nel 1984 i pacifisti avevano fondato PeaceNet.
Soli e inascoltati. PeaceLink mise assieme a livello nazionale dei tecnici che, a livello locale, erano assolutamente soli e inascoltati. Il termine “telematica” veniva usato pochissimo e soprattutto non era chiaro a cosa servisse esattamente. La parola internet era inesistente.
Videotel. Lucio Libertini, ingegnere e dirigente comunista, nel 1991 elogiava il Videotel: “Con soli 18 milioni possiamo creare una rete nazionale di posta elettronica”, diceva. E chi ce li aveva 18 milioni? Io non avevo sei milioni per comprare una Panda nuova e con 18 milioni ne avrei comprate tre!
“Quanto costa?”. A quel tempo comprai uno dei primi computer portatili. Sul dischetto avevo tutto il mio archivio dati. E se avessi inviato il dischetto per posta ad altri amici in Italia? Ma la mia meraviglia crebbe quando lessi che il dischetto si poteva inviare direttamente sulla rete telefonica. Ma sarebbe costato di più o di meno? Si risparmiava rispetto ai francobolli? Così cominciò la mia avventura telematica pacifista. Non nacque per amore delle tecnologie, ma unicamente per risparmiare.
Cinquemila volte. Il mio computer portatile disponeva di una memoria mille volte inferiore rispetto a oggi: la RAM era infatti da 1 milione di caratteri (1 megabyte), mentre oggi la RAM del mio netbook è da 1 miliardo di caratteri (1 gigabyte). La velocità di trasmissione dei dati oggi? È cinquemila volte più veloce. Allora era di 2400 bit al secondo.
“Illusi”. Fu una difficile scelta quella di puntare sulla telematica pacifista. Molti ci guardavano come degli illusi che stavano sbagliando tutto. Per loro era una pura utopia pensare a un computer in ogni casa. Troppo costoso. Un sogno aristocratico e completamente sballato. Oggi il problema non sono più i computer: molti vengono dismessi anche se perfettamente funzionanti.
Il sorpasso. Venti anni fa mi svegliavo alcune mattine e non trovavo neppure un messaggio di posta elettronica. Se in una giornata ne trovavo tre o quattro gioivo. Telefonavo agli amici per invogliarli a entrare in rete. Cinque anni dopo, nel 1996, su una rivista specializzata lessi una notizia sconvolgente: negli Stati Uniti le e-mail scambiate avevano superato le classiche lettere. Capii che prima o poi il “sorpasso” sarebbe avvenuto anche qui, in Italia. A distanza di venti anni, mi fa impressione notare come il problema oggi si sia capovolto: ci sono troppi messaggi nella posta elettronica. Ma allora nessuno avrebbe scommesso nulla sulla telematica.
Ipotesi sul futuro. C’era molta diffidenza e poca informazione. Fu padre Alex Zanotelli che ci ascoltò, intuì la novità rivoluzionaria e ci dette una mano. Grazie a padre Alex gran parte dello scetticismo e della diffidenza fra i pacifisti svanì.
Una velocità imprevista. Il fatto di essere oggi sommerso dai messaggi e dalle richieste è assolutamente un imprevisto, uno scherzo del destino: chi lo avrebbe detto che la rivoluzione telematica avrebbe galoppato più velocemente di ogni mia più fervida ipotesi sul futuro? Se l’avvio fu molto più lento di quanto immaginavo, oggi la velocità è enormemente superiore a quanto avevo previsto. Adesso non occorre più spiegare e convincere. I ragazzi di oggi sono “nativi digitali”. Dieci anni fa dovevo perdere molto tempo per “alfabetizzare” alla telematica spiegando ai miei studenti come creare un blog, pubblicare un post o accedere a un account.
Una pace ancora da costruire. Oggi tutto è cambiato. Le competenze sono contagiose e fanno parte della comunicazione quotidiana fra pari. In questo mondo, così cambiato rispetto a venti anni fa, non è però cambiato l’impellente bisogno di contrastare le guerre e di unirsi per costruire una società più giusta e solidale.