La prima marcia
Domenica 24 settembre 1961 è una data importante per la storia d’Italia: la “marcia per la pace e la fratellanza dei popoli”, idea-ta da Aldo Capitini, porta il movimento pacifista sul palcoscenico nazionale, fino ad allora occupato solo da partiti e sindacati, e ne fa un protagonista autonomo, originale, ineludibile del panorama politico italiano.
Quella marcia rimase per tanto tempo semplicemente la “marcia Perugia-Assisi”. Solo diciassette anni dopo (dieci anni dopo la morte di Capitini) divenne “la prima marcia”, quando il Movimento Nonviolento annunciò di voler convocare “la seconda marcia Perugia-Assisi”. È, dunque, la marcia per la pace del 1978 che dà continuità a tutte le altre e che rende storico questo appuntamento.
La seconda marcia, 1978: “Mille idee contro la guerra”
In un primo momento, alla proposta di farsi promotore di una seconda marcia Perugia-Assisi, il Movimento Nonviolento fu titubante. Poiché essa sarebbe stata posta a confronto con la 1° marcia del 1961 – “tanto bella da essere irripetibile” – ma privi ora della presenza “carismatica” di Capitini, completamente al buio circa la risposta delle varie forze intellettuali e politiche che avevano allora favorito un richiamo e un apporto per una partecipazione di massa. Chi avrebbe risposto nel Paese all’appello del Movimento Nonviolento così poco conosciuto e sprovveduto di mezzi? Alla fine, si decise di buttarsi nell’avventura, traendo forza da una frase di Capitini stesso: “Come non si potrebbe correre il rischio di farne di meno belle se esse devono adempiere a un compito importante?”.
Quale base della convocazione della marcia, furono mantenuti i due caratteri fondamentali della prima: di iniziativa indipendente dai partiti politici e di essere aperta a tutti. Il suo motto di convocazione, “Mille idee contro la guerra”, era inteso proprio a consentire la più larga partecipazione e l’espressione dei più diversi orientamenti e impegni di opposizione alla guerra. Poteva venire chi voleva, coi suoi cartelli e slogans, con le sue posizioni più o meno coerenti e magari le sue contraddizioni.
Ciò che contava in primo luogo, per il Movimento Nonviolento, era assolvere a quel “compito importante”, favorire un’iniziativa che, nel silenzio e nell’inerzia generali, riproponesse l’attenzione e la denuncia del tremendo pericolo e dell’immenso danno derivanti dalla perdurante e crescente corsa agli armamenti, del flagello politico materiale e morale costituito dalla presenza degli eserciti.
La partecipazione alla marcia, svoltasi il 24 settembre 1978, fu valutata sulle 15.000 persone, con la più grande varietà di provenienza geografica, ideologica e sociale.
La terza marcia: “Contro la guerra: ad ognuno di fare qualcosa”
Questa marcia, effettuata il 27 settembre 1981, venne a porsi a distanza di tre anni dalla precedente.
Ai tanti che sollecitavano il Movimento Nonviolento a riconvocarla di anno in anno, esso rispondeva che il darle una scadenza fissa, automatica, avrebbe finito per risolvere quella manifestazione popolare in poco più di un rituale. Per mantenere, invece, all’iniziativa la sua freschezza, il Movimento intendeva che la decisione sgorgasse da sé in via naturale, secondo un felice intuito del momento che la dicesse necessaria.
Pur sempre priva di specifici obiettivi politici – che altrimenti avrebbero posto preclusioni alla partecipazione di tutti – nella terza marcia si volle tuttavia richiamare all’esigenza di passare dalla semplice espressione ideale della volontà di pace a una qualche sua applicazione individuale concreta: pertanto, dopo il motto “Mille idee contro la guerra” della Marcia passata, la terza fu convocata con: “Contro la guerra: ad ognuno di fare qualcosa”, per ricordare l’invito a ciascuno di passare dalla mera espressione della coscienza alla doverosità dell’agire, dalle parole ai fatti.
Il successo della marcia precedente aveva determinato il coagulo di un comitato umbro per la pace coordinato dal Movimento Nonviolento, composto delle varie forze regionali politiche, sindacali e culturali che si erano trovate impegnate nella realizzazione di quella manifestazione. Su di esso, ancora attivo nei mesi in cui il Movimento decise la convocazione della 3° marcia, fu agevolmente possibile istituire un apposito comitato organizzatore presieduto dal Movimento, e che con immediata intesa si rese atto a realizzare, nelle settimane antecedenti la marcia diverse iniziative collaterali di sostegno.
La marcia venne a registrare un rilevante successo, con una straordinaria affluenza anche internazionale valutata tra le 70.000 e le 100.000 persone. A significarne lo spirito unitario e prioritario (“La marcia è di tutti e per tutti”), un unico discorso avrebbe dovuto tenersi alla sua conclusione da parte di Norberto Bobbio, poi impeditone da un diluvio imperversante al momento della conclusione alla Rocca di Assisi.
Tra i diversi segni dell’enorme interesse e dibattito manifestatisi intorno alla terza marcia, vi fu quello dell’attenzione di tutti i quotidiani nazionali, con ampi articoli apparsi fin dalle settimane antecedenti la sua preparazione.
La quarta marcia, 1985: “Contro il riarmo blocchiamo le spese militari”
Questa quarta marcia, distinguendosi dalle precedenti che avevano avuto degli slogan generici, fu intesa alla realizzazione di un preciso obiettivo politico: il blocco delle spese militari italiane attraverso l’attivazione di un’apposita campagna.
Quale condizione per la convocazione della marcia, il Movimento richiese un preliminare impegno formale da parte di forze partitiche e sindacali già pienamente coinvolte nelle sue precedenti edizioni, possibilmente interessate all’idea della campagna, di cui la marcia avrebbe dovuto eminentemente costituire il momento di avvio con la dimostrazione pubblica, di ciascuna delle forze lì partecipanti, del loro impegno alla campagna. Avendo chiaramente fissato che, senza quel preordinato impegno, il Movimento non sarebbe addivenuto alla promozione della marcia, fu possibile conseguire una base minima iniziale di forze preliminarmente impegnate alla campagna, con l’esplicita adesione delle Confederazioni Sindacali, del Partito Comunista e delle ACLI.
Il Movimento procedette, quindi, alla convocazione della marcia, che ebbe una partecipazione valutata tra le 40.000 e le 50.000 persone, ma che si esaurì in sé per la successiva diserzione dallo sviluppo della campagna da parte delle forze che vi si erano formalmente impegnate.
Una marcia Perugia-Assisi per la nonviolenza, 2000: “Mai più eserciti e guerra”
Dopo queste prime quattro edizioni, la paternità della convocazione della marcia passò alla Tavola della Pace, che nel frattempo si era costituita come frutto della collaborazione fra associazioni e istituzioni locali per le marce precedenti. Il Movimento Nonviolento convocò una propria marcia specifica nonviolenta “Mai più eserciti e guerre” il 24 settembre del 2000, con queste motivazioni:
1) che veda, fin dalla sua costruzione e proposta, l’impegno delle associazioni, dei gruppi, dei singoli amici della nonviolenza;
2) che contrasti la rassegnazione all’inevitabilità delle guerre che è l’implicita legittimazione degli eserciti;
3) che presenti la ricchezza e positività delle esperienze nonviolente, pur nella ristrettezza dei mezzi a disposizione, per l’umanizzazione, trasformazione e risoluzione dei conflitti;
4) che nel richiamo a Francesco d’Assisi sappia trasmettere a tutti un messaggio di unità e di apertura.
Il significato profondo di questa marcia nonviolenta stava nel suo motto di convocazione: per abolire la guerra, bisogna abolire gli eserciti, strumento principale di rea-lizzazione delle guerre. A questa marcia nonviolenta parteciparono oltre 5000 persone; si concluse con la lettura dei messaggi di Norberto Bobbio e di Pietro Pinna.