Il potere della carezza
Di leggere la bellezza di ciascuno e di scolpirla nel suo cuore.
Poteva avvenire normalmente di trascorrere un’intera giornata con don Tonino, di incontrare le stesse persone e visitare gli stessi luoghi. Di restarne anche molto soddisfatti, anzi con l’anima colma di suggestioni e significati.
Per lui era diverso.
Aveva l’attitudine, quasi un dono di natura, a rileggere in profondità i volti e le situazioni. Riusciva a cogliere i segni di Dio in ogni persona. Ogni cosa veniva strappata alla sua banalità apparente per essere scolpita come significativa nella sua anima.
Don Tonino era uomo dalle letture profonde delle situazioni che mai si fermavano alla superficie. Sempre riusciva a leggere la filigrana segreta delle cose. D’altra parte per vedere la filigrana è necessario mettere la banconota in controluce. E lui amava rileggere situazioni, storie, persone lasciandole illuminare dalla luce profonda di Dio. Ogni persona era davvero un dono. Tant’è che chi lo incontrava era certo d’aver ricevuto qualcosa di più del suo tempo, della sua attenzione e della sua amicizia. Un’attitudine, quella di don Tonino, a vivere decentrato da sé per poter mettere al centro della sua stessa vita la persona che in quel momento incontrava. E accadeva così che, anche al termine di una giornata condivisa per intero con gli stessi incontri e i medesimi ritmi, egli era capace di riscrivere – come in versi – gli accadimenti di quel giorno. Le lettere pubblicate per Massimo, per la guardia campestre, per Gennaro, nonché le numerosissime citazioni di nomi di persona che ricorrono nei suoi scritti, non sono che la prova testimoniale di questa sua attenzione ai volti, ovvero alla vita, delle persone che incontrava fisicamente.
Don Tonino non è stato solo un teorizzatore di quell’“etica del volto” inaugurata da Emanuel Levinas, ma un solerte frequentatore di volti. Un cultore della materia. Un praticante scrupoloso. “L’altro è un volto da scoprire, da contemplare, da togliere dalle nebbie dell’omologazione, dell’appiattimento; – diceva – un volto da contemplare, da guardare e da accarezzare. C’è tutta una descrizione bellissima della carezza, che viene concepita come dono. La carezza non è mai un prendere per portare a sé, è sempre un dare”.
Don Tonino può essere definito come un interprete alto di quella “carezza di Dio” che egli stesso amava raccontare nella bottega del falegname. Aveva la capacità di una prossimità inedita senza tradire le questioni più complesse. Sapeva farsi prossimo senza dimenticare di prendere posizione sul problema abitativo, sulla condizione dei migranti, sulla guerra in Iraq e in Bosnia, sulla miseria del Sud del mondo… Dal micro al macro. A dirla tutta, oggi comprendiamo meglio che le prese di posizione assunte con forza e determinazione su temi sociali o di politica internazionale, attingevano forza, lucidità e profondità, proprio da questa assidua frequentazione della vita quotidiana e delle fatiche di tante e tanti.
Per noi oggi questa attitudine di don Tonino diventa una testimonianza da raccogliere e far rifluire nei comportamenti personali e comunitari. Si deve essere determinati nella denuncia delle ingiustizie che feriscono il mondo, custodendo sempre l’attenzione ad accarezzare i volti. A partire da quelli delle vittime.