Una sconfitta bruciante
è ora, però, che i pacifisti lavorino insieme per la controinformazione.
“Non esiste delitto, inganno, trucco, imbroglio e vizio che non vivano della loro segretezza. Portate alla luce del giorno questi segreti, descriveteli, rendeteli ridicoli agli occhi di tutti e prima o poi la pubblica opinione li getterà via. La sola divulgazione di per sé non è forse sufficiente, ma è l’unico mezzo senza il quale falliscono tutti gli altri”. Questo scriveva il grande giornalista Joseph Pulitzer. Ma durante la guerra in Libia noi abbiamo svelato l’inganno e il trucco? Come mai ha preso piede un’imponente informazione manipolata? Nell’era di internet non avrebbe potuto diffondersi se i manipolatori avessero avvertito il fiato sul collo dell’intera comunità web.
Purtroppo la guerra in Libia ha segnato la più bruciante sconfitta del movimento per la pace.
Bisogna prenderne atto. Dobbiamo capire cosa è successo. Qui cercherò solo di analizzare il web. Durante il conflitto si sono diffuse infinite bugie di guerra che hanno conquistato il web senza incontrare resistenza. Senza una controinformazione da parte dei siti web pacifisti. Se si faceva il “giro del web”, si scopriva che i siti della “nostra area” erano per buona parte non aggiornati. Alcuni neppure riportavano che eravamo in guerra con la Libia! Occorreva ribattere colpo su colpo, smentire ogni falsa informazione in tempo reale, cioè in giornata, sapendolo fare, ovviamente. Tutto questo è mancato, se si fa eccezione per alcune limitare aree di resistenza critica, animate soprattutto dalla giornalista Marinella Correggia.
È circolata l’idea che, una volta iniziata la guerra, non ci fosse nulla da fare. Invece, il potere che ci sovrasta sa di essere permeato di bugie e teme di essere ridicolizzato. Leggete qui. Il ministro degli Esteri Frattini il 21 marzo 2011 ha dichiarato: “In Libia non ci deve essere una guerra, ma la piena implementazione della risoluzione 1973 Onu. L’Italia ha accettato di fare parte della coalizione internazionale proprio per fare rispettare il cessate il fuoco, fare fermare le violenze e proteggere la popolazione”. Il segretario del PD Bersani lo stesso giorno al TG1 ha espresso “il sostegno all’Italia strettamente nei limiti della risoluzione, che non prevede la guerra, che non prevede l’abbattimento del regime di Gheddafi”. Era così difficile smontare queste bugie? No, per nulla. Eppure non lo abbiamo fatto. Basta cercare su Google con pazienza e annotarsi le bugie.
Diciamola tutta: molti pacifisti hanno pigramente delegato ad altri il compito di ricercare. Controllare è faticoso. Occorreva passare settimane e settimane a verificare le notizie manipolate: erano la stragrande maggioranza. Controllare le bugie di guerra richiede ore per confrontare e cercare le fonti. Alla fine si scoprono le incongruenze. Molti questa cosa non l’hanno fatta. E così la propaganda di guerra è passata.
Pur avendo il computer collegato a internet per 24 ore al giorno, quanti hanno dedicato qualche ora per fare controinformazione?
È assurdo. Non c’è giustificazione: ci siamo macchiati di una responsabilità orrenda. Potevamo fare e non abbiamo fatto. Gli stessi strateghi della guerra mediatica si sono stupiti della nostra pigrizia. E hanno vinto a tavolino.