EDITORIALE

Il colpo del secolo

Sergio Paronetto

“Potremmo fare il colpo del secolo”. “Tutto scorre in maniera fluida”. Così parlano alcuni agenti di un centro di potere organizzato per gestire un fiume colossale di denaro, che sarebbe guidato dal presidente del Consiglio e dai suoi uomini. 5.000 sono le pagine dell’istruttoria di Bari che documenterebbero la predisposizione, da parte di Finmeccanica, di “bandi di gara su misura” per consegnare gli appalti graditi a Tarantini e al suo comitato d’affari che – scrivono gli atti – “promuove e organizza l’associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione per consolidare il rapporto con Silvio Berlusconi. Per ottenere, per suo tramite, incarichi istituzionali e allacciare, avvalendosi della sua intermediazione, rapporti di tipo affaristico con i vertici della Protezione civile, di Finmeccanica SpA, di società a quest’ultima collegate”.
Insomma anche Finmeccanica avrebbe finanziato il vertice della politica italiana. Dirigenti e agenti di società del gruppo avrebbero anche tentato di corrompere funzionari di Paesi esteri per aggiudicarsi forniture di armamenti o apparati per la sicurezza. L’inchiesta in corso parla di over commission, di veri e propri accordi corruttivi, di transazioni illecite per la vendita di prodotti del gruppo a paesi come Arabia Saudita, Malesia, Colombia, Brasile, Panama e altri. Si spera che non sia vero, ovviamente, ma la documentazione abbonda di dati e si intreccia a informazioni di centri studi e di molte associazioni. Non è nostra competenza esprimere valutazioni penali in un’indagine ancora aperta. Ma è nostro dovere di cristiani, testimoni del Vangelo, e di cittadini, fedeli alla Costituzione e impegnati in Pax Christi, ragionare con indignazione operativa sul rapporto tra corsa agli armamenti, logiche di guerra, prostituzione, corruzione. Siamo in pieno degrado etico-politico, distruttivo della vita di tante persone, della democrazia, della dignità umana. Quale spreco criminale di risorse è in atto! Siamo dentro “una grande questione morale”, dice il 26 settembre il cardinale Bagnasco che mesi fa aveva parlato di un’Italia prigioniera di un “disastro antropologico”.
Da quale spaventoso decennio di dolore, di guerre, di illegalità e di menzogna dobbiamo uscire! Il disarmo è un bene comune. Purifica l’aria. Aiuta la rifondazione etica della politica e dell’economia. Per questo, con gli occhi ancora pieni di sole della maestosa e colorata Perugia-Assisi del 25 settembre, portiamo “il decalogo della pace” nel cuore, e soprattutto due obiettivi: disarmare la finanza e costruire un’economia di giustizia, tassare le transazioni finanziarie, lottare contro la corruzione e l’evasione fiscale; ripudiare la guerra, tagliare le spese militari, ridurre il commercio delle armi, riconvertire l’industria bellica.
A tal fine ci muoviamo con la campagna Stop F-35-Taglia le ali alle armi e con la preparazione della marcia della pace a Brescia in occasione della Giornata mondiale della pace (“Educare i giovani alla giustizia e alla pace”). È in cantiere un incontro su “Disarmo vuol dire futuro”. A che punto siamo con il rapporto tra finanza e armi? Con la riconversione dell’economia? Con l’esperienza di parrocchie-diocesi disarmate? Con le azioni di smilitarizzazione? Con i cappellani militari? Come far nascere una limpida politica nonviolenta atta a plasmare la pace con mezzi di pace?

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