ECONOMIA DI GIUSTIZIA

Tassiamo le transazioni finanziarie

Tante sono le campagne che mirano a costruire un’economia più solidale e umana, libera dalla ricerca del solo profitto. Ne presentiamo una per tutte.
Andrea Baranes (Campagna per la Riforma della Banca Mondiale)

È un momento decisivo per la tassa sulle transazioni finanziarie (TTF). Un’imposta estremamente ridotta, si parla dello 0,05%, su ogni compravendita di strumenti finanziari, ma con ricadute estremamente positive per la finanza, l’economia e l’insieme della società.
Il tasso così piccolo non scoraggerebbe i normali investimenti sui mercati, mentre è ben diversa la situazione per chi specula comprando e vendendo titoli nell’arco di pochi secondi e che dovrebbe pagare la tassa per ogni transazione. Il peso della tassa diventa progressivamente più alto tanto più gli obiettivi sono di breve periodo. Realizzando cento operazioni di compravendita sullo stesso titolo dovrei pagare la TTF cento volte, il che renderebbe l’operazione speculativa economicamente sconveniente. La tassa rappresenta uno strumento per riportare la finanza al suo ruolo originario: non un fine in sé stesso per produrre denaro dal denaro nel più breve tempo possibile, ma un mezzo al servizio dell’economia e della società.
Uno dei principali vantaggi della tassa sulle transazioni finanziarie risiede nell’enorme gettito che garantirebbe. Con un’imposta dello 0,05% parliamo di 200 miliardi di euro l’anno nel caso di una sua applicazione in Europa e di 650 miliardi di dollari all’anno se applicata su scala globale.
Le reti della società civile internazionale, che spingono per l’introduzione della tassa, chiedono che la metà del gettito venga impiegato su scala nazionale nei Paesi che l’hanno adottata, l’altra metà per scopi internazionali, finanziando interventi di lotta alla povertà e ai cambiamenti climatici. Il 50% del gettito sarebbe, quindi, gestito da ogni singolo Stato e destinato alle sue spese sociali e al welfare, spostando il conto della crisi stessa dai cittadini che ne hanno già pagato le conseguenze ai grandi attori della finanza che ne rivestono le maggiori responsabilità.
Dall’altra parte, quella sulle transazioni finanziarie è un tipico esempio di tassa globale, la cui applicazione può contribuire a tutelare un bene comune – la stabilità finanziaria internazionale – e il cui gettito può finanziare altri beni comuni. Il peso della crisi ricade anche sui Paesi più poveri, che non ne hanno nessuna responsabilità e che, non avendo dei mercati finanziari sviluppati, non trarrebbero beneficio da un utilizzo del gettito per politiche nazionali.
Il freno alla speculazione e la generazione di un gettito sono unicamente i due effetti più immediati di una TTF. Le attività finanziarie sono tassate in maniera del tutto inadeguata o non lo sono per nulla, in particolare rispetto alla tassazione sul lavoro. Una TTF va, quindi, nella direzione di una maggior giustizia fiscale. A pagare la tassa sono i grandi attori della finanza, e in particolare quelli a vocazione speculativa. La TTF è, dunque, uno strumento di redistribuzione delle ricchezze su scala globale e obbliga la finanza a pagare almeno una parte del costo della crisi.

Il controllo politico
Soprattutto, l’introduzione della TTF permetterebbe di ridare alla sfera politica una forma di controllo su quella finanziaria. Se proposte di tassazione delle transazioni finanziarie in passato erano viste come difficilmente realizzabili, oggi, diversi governi e istituzioni la sostengono apertamente. Nei mesi scorsi, il Parlamento Europeo ha votato a larga maggioranza una mozione che ne chiedeva l’introduzione “senza ulteriori ritardi”. A fine settembre, la Commissione ha pubblicato una propria bozza di Direttiva sulla TTF, sancendo la propria posizione favorevole. È ora fondamentale il posizionamento della terza istituzione europea, il Consiglio d’Europa, composto dai ministri dei singoli governi. Molti membri dell’UE sono favorevoli, Germania e Francia in testa. I più restii sono al momento gli olandesi e soprattutto gli inglesi, condizionati dalle lobby e dal potere della City di Londra, vero e proprio cuore pulsante della finanza mondiale.
Durante lo scorso G20 di Cannes, è anche cresciuto il sostegno su scala internazionale, dal Sudafrica al Brasile e all’Argentina. Persino dagli USA, storicamente contrari a qualunque tassazione della finanza, è arrivata una “disponibilità” ad affrontare l’argomento, nelle parole dello stesso presidente Sarkozy nella conferenza stampa finale. Per la prima volta, in un comunicato finale di un vertice del G20, la proposta viene menzionata esplicitamente.
L’Europa può giocare un importante ruolo da apripista.
Spicca, ancora una volta, l’assoluto silenzio del governo italiano. Gli effetti di una TTF sarebbero estremamente positivi nel nostro Paese, dove la struttura produttiva è fondata sulle piccole e medie imprese. Chi esporta vedrebbe ridotto il rischio di speculazioni sulle valute; la quotazione del petrolio e delle materie prime sarebbe più stabile e prevedibile; diminuirebbero le possibilità di attacchi sui titoli di Stato, a tutela dei piccoli risparmiatori. Il recente esempio di Grecia e Irlanda ha, purtroppo, chiarito le possibili conseguenze tanto economiche quanto sociali di tali attacchi. Oggi, anche il nostro Paese si trova nell’occhio del ciclone della speculazione internazionale.
Nell’attuale situazione di crisi e di instabilità, appare incomprensibile che il governo non si schieri con forza in favore di una misura come la TTF, mentre nell’ultima manovra si decide di aumentare l’IVA, un’imposta regressiva e che rischia di deprimere i consumi.
La Tassa sulle Transazioni Finanziarie rappresenta uno degli strumenti più efficaci per arrestare la speculazione sui mercati, per generare un reddito da destinare alla tutela dei Beni Pubblici Globali, per frenare lo strapotere della finanza. Non ci sono difficoltà o impedimenti tecnici in una sua applicazione in breve tempo; è unicamente una questione di volontà politica.
Per questo, la pressione delle organizzazioni della società civile è fondamentale. I cittadini, le lavoratrici e i lavoratori, le imprese produttive hanno già pagato un conto fin troppo salato per una crisi provocata dall’avidità degli speculatori finanziari e dall’assenza di regole. Un conto che si traduce in perdita di posti di lavoro, in aumento del debito pubblico, in aumento delle povertà tanto nel Sud del mondo quanto da noi, in maggiore insicurezza, in minori tutele sociali. È oggi possibile invertire la rotta e iniziare a chiedere ai responsabili della crisi di pagare una parte sostanziale del conto.
In Italia è stata lanciata da un anno la Campagna Zerozerocinque (www.zerozerocinque.it), promossa da oltre quaranta organizzazioni, che si pone come obiettivo l’adozione di una TTF e il sostegno dell’Italia alle proposte europee e internazionali.
Per frenare la speculazione, per una redistribuzione delle risorse, per una maggiore giustizia ed equità fiscale, per finanziare il welfare, la cooperazione internazionale e la lotta ai cambiamenti climatici. Mai più una finanza selvaggia, ma risorse per i cittadini e per il pianeta.

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