NONVIOLENZA

Io non ci sto

L’obiezione di coscienza nelle sue diverse forme.
Dal servizio militare alla produzione di armi.
Elio Pagani (già obiettore alla produzione bellica, insegna matematica e scienze)

L’obiezione professionale consiste nel rifiutarsi di svolgere, o di continuare a svolgere, un’attività contraria alle proprie convinzioni di coscienza. È evidente che tali convinzioni (di matrice filosofica o religiosa) si radicano nel principio della non partecipazione ad attività che vengono ritenute eticamente riprovevoli, perché contrarie alla vita e alla dignità. Questo tipo di protesta può essere definito “non collaborazione al male”. È implicito nel concetto di obiezione il fatto che, quando questa è in violazione di una legge, chi la pratica assume in prima persona le conseguenze civili e penali che derivano dal praticarla.

Le obiezioni
L’obiezione di coscienza alla produzione bellica può riguardare: la produzione bellica, intesa come il rifiuto di lavorare in imprese che producono armi di qualunque genere, o servizi strettamente correlati; la produzione di energia nucleare, anche per uso pacifico, con il conseguente rifiuto del lavoratore di operare in imprese impegnate nella costruzione di reattori nucleari. Naturalmente, l’obiezione professionale ha interessato altri settori, in particolare in tema di tutela dell’ambiente e del nascituro.
In tema di aborto, l’unico tipo di obiezione professionale riconosciuta in Italia è previsto dalla legge 194 del 1978, la stessa legge che introduce il diritto, a certe condizioni, all’interruzione volontaria di gravidanza. Unico vero limite al diritto di obiezione, in questo caso, è la circostanza nella quale l’aborto si rivelerebbe indispensabile per salvare la vita della donna in imminente pericolo. Medici e paramedici obiettori possono esercitare l’obiezione conservando il proprio lavoro e i diritti connessi.
L’obiezione al servizio militare, riconosciuta con la legge 772 del 1972, nonostante alcune significative limitazioni, aveva già fatto fare un notevole passo in avanti al sistema giuridico italiano e troverà compiutezza nella legge 230 del 1998, che riconosce l’obiezione al servizio militare come diritto soggettivo, recependo in ciò la risoluzione del Parlamento Europeo del gennaio 1994. Il riconoscimento di questo tipo di obiezione sostenne moralmente anche quei lavoratori che pensavano negli anni Settanta e Ottanta di praticare l’obiezione alla produzione militare.
Circa l’obiezione professionale, considerando solo l’Italia, negli anni Ottanta furono almeno una quindicina i lavoratori dell’industria bellica che si dichiararono obiettori, ma naturalmente si può immaginare che in quegli anni molti lavoratori, senza dichiarare pubblicamente la loro intenzione, fecero obiezione preventiva o lasciarono la loro attività cambiando settore. A questi sono da aggiungere le dichiarazioni di obiezione preventiva di migliaia di scienziati che si opposero, nella prima metà degli anni Ottanta, alla partecipazione al progetto reaganiano di “guerre stellari” (SDI) e l’azione di gruppi di lavoratori le cui azioni di “boicottaggio” della produzione bellica possono essere assimilate a forme di obiezione professionale.
Negli stessi anni, con associazioni cattoliche e internazionaliste, la Federazione Lavoratori Metalmeccanici supportò i parlamentari che volevano introdurre una legge sul controllo e la limitazione dell’export di armi. La legge 185, approvata nel 1990, è frutto di queste iniziative e di quelle che negli anni Ottanta scaturirono dal cartello di associazioni cattoliche e riviste missionarie “Contro i mercanti di morte”. Non v’è dubbio che tali iniziative influenzarono la sensibilità dei lavoratori del settore.

Nella Chiesa
Nel mondo cattolico personalità di spicco hanno invitato se non a praticare l’obiezione professionale almeno a sostenerla. Questo è ciò che si deduce leggendo, ad esempio, la poesia dedicata a un “Operaio di una fabbrica di armi” scritta da Carol Wojtyla molti anni prima di diventare Papa o la “Salmodia contro le armi (un appello a tutti gli operai)” scritta da padre Davide Maria Turoldo nel 1972 o i documenti di Pax Christi e di mons. Luigi Bettazzi come quello che, in occasione di una delle Marce per la Pace di fine anno (1980) dice “occorre affermare la libertà di ogni persona di poter scegliere che cosa produrre, senza subire il ricatto occupazionale; la libertà di lavorare per la vita e non per la morte”. Don Enrico Chiavacci, professore di teologia morale, così si esprimeva: “di fronte alla ricerca o alla produzione di armi, in quanto essa rappresenta una cooperazione diretta al male volta alla distruzione dell’uomo, il rifiuto del cristiano deve essere netto”. Anche i moralisti don Giuseppe Mattai e Luigi Lorenzetti, considerando il rapporto tra etica e professioni, sostengono l’importanza della responsabilità personale e del rifiuto alla cooperazione col male e della obiezione professionale. Pure padre Ernesto Balducci, nel suo spingerci a considerarci uomini planetari, considerava centrale l’esercizio della responsabilità individuale. Più volte padre Alex Zanotelli ha richiamato alla necessità di obiettare anche sui luoghi di lavoro per non essere parte di quella struttura di peccato che è la produzione bellica, e come non ricordare la struggente lettera del 1986 “Al fratello che lavora in una fabbrica di armi” di mons. Tonino Bello?

Oggi
Ora lo scenario geopolitico è radicalmente cambiato e si riparla di “diritto all’uso della guerra”, di “guerra preventiva”, di guerra “infinita”. Definita “operazione di polizia internazionale”, spesso la guerra è stata combattuta da “vigilantes” globali degli interessi del Nord del mondo. Tutto ciò accompagnato a un aumento stratosferico della spesa e della produzione militare.
Ma per fare ciò i complessi politico-militar-industriali-scientifici hanno dovuto sviluppare imponenti azioni di disinformazione per riuscire a far digerire la guerra ai loro popoli ormai ad essa piuttosto refrattari. Ecco allora evocare “regni del male”, mostrare improbabili “pistole fumanti”, evocare “guerre di civiltà” o di “religione” inventare concetti opinabili come “armi intelligenti”, “interventi chirurgici”, “danni collaterali”. Così le azioni belliche sono diventate il “lavoro dei nostri ragazzi” e la guerra è diventata “missione di pace”.
Ci sono stati recenti casi di obiezione? Ci possono dare nuove indicazioni?
Nel 2003, Flavia (che non volle divulgare il suo cognome), ingegnere aerospaziale, rifiuta di contribuire, attraverso la ricerca presso l’università La Sapienza di Roma, a costruire missili, sistemi di puntamento per missili o satelliti e accetta di svolgere lavori più umili, indicandoci come il sistema di ricerca e produzione militare “contagi” sempre di più le università e quali sono i nuovi spazi per praticare l’obiezione di coscienza.
Il 6 settembre 2011, in una lettera alla stampa firmata da una trentina di insegnanti contro l’ipotesi che si tenga in una scuola pubblica (l’ITIS Fauser di Novara) e con soldi pubblici un corso postdiploma per tecnici da impiegare nella realizzazione del supertecnologico e costosissimo cacciabombardiere F35, affermano “Noi, che siamo insegnanti di Novara e dintorni, noi, che non stimiamo la guerra né utile né giusta, noi, che consideriamo tutte le fabbriche d’armi nient’altro che fabbriche di morte, noi ci permettiamo, a scanso di equivoci futuri, di invitare giovani e docenti a boicottare il corso di cui sopra. Sarebbe bello che nessun giovane novarese si iscrivesse a un corso di questo genere, lasciando le aule tristemente vuote. Sarebbe pure sacrosanto che nessun docente accettasse di insegnare in questo corso destinato a formare fabbricanti d’armi e di morte”. Sì, si aprono nuove strade per l’obiezione professionale, che affermano ancora una volta la supremazia della propria coscienza sulle armi e che rivendicano il diritto a un lavoro socialmente utile, ecologicamente compatibile ed eticamente corretto.

Ultimo numero

Rigenerare l'abitare
MARZO 2020

Rigenerare l'abitare

Dal Mediterraneo, luogo di incontro
tra Chiese e paesi perché
il nostro mare sia un cortile di pace,
all'Economia, focus di un dossier,
realizzato in collaborazione
con la Fondazione finanza etica.
Mosaico di paceMosaico di paceMosaico di pace

articoli correlati

    Realizzato da Off.ed comunicazione con PhPeace 2.7.15