NONVIOLENZA

La nonviolenza dei volti

Il libro di Sergio Paronetto ci accompagna tra volti, nomi e storie di testimoni nonviolenti.
Rosa Siciliano

“Auguro una pace inquieta e creativa a chi sta leggendo. La pace fa bene. È nascita-rinascita. Parto di un mondo” (24). Così comincia il suo libro l’autore che vive la nonviolenza come “parola nuova”, globale e mite, scelta personale e cantiere sociale, progetto politico e cittadinanza attiva, spiritualità e profezia. Partendo dalle sue esperienze (insegnamento, obiezione di coscienza, servizio civile in Ecuador, incontri dei “Beati i costruttori di pace” con Bettazzi e Tonino Bello, Pax Christi come “lungo amore nascosto”), Paronetto descrive il fluire delle “nonviolenze dei volti” come forza storica e “utopia realistica”, realtà quotidiana e planetaria, valore e metodo, “polvere della storia” (travaglio e cammino conflittuale) e “soffio dello spirito” (contemplazione e sogno diurno).
Per lui la nonviolenza è “carne e sangue di persone in azione”, vera “forza di liberazione”. Forza come energia vitale, mistica e profezia. Liberazione come pratica di libertà, polvere da sollevare e fango da impastare, azione conviviale che ricrea la grazia del volto. I nonviolenti realizzano quanto auspicava Giovanni XXIII: “versano la luce e la grazia nel cuore degli uomini, facendo loro scoprire, al di là di tutte le frontiere, volti di fratelli, volti di amici”.
Il testo parte da Primo Mazzolari e Tonino Bello che sembrano abbracciare, in luoghi e momenti diversi, tutto l’arco del secolo e il vocabolario della pace. Assieme a loro, spiccano i più famosi Martin L. King e Gandhi e i meno noti Leonidas Proaño, vescovo degli indios conosciuto in Ecuador, e Paulo Freire, promotore della “pedagogia degli oppressi”; lo spirito del Concilio con Giovanni XXIII e Pao-lo VI, Camara e Romero, La Pira e Balducci, Milani e Turoldo. Incontriamo il “cuore pensante” di Etty Hillesum, il “perdono” di Nelson Mandela e Desmond Tutu, la “pace giusta” in zone di alta conflittualità dalla Colombia alla Palestina, da Michel Sabbah ai parenti delle vittime; la nonviolenza femminile; gli studi di Galtung, Muller, Peyretti, Revelli e altri. Un lungo capitolo riguarda il magistero di pace di Giovanni Paolo II (“voce inascoltata”) e il formarsi di una teologia laica-cristiana della nonviolenza.
Il testo offre un mosaico di nonviolenze (induiste, buddiste, islamiche, ebraiche, cristiane, ecumeniche, filosofiche e culturali, politiche, civili ed ecclesiali), centinaia di itinerari e iniziative di associazioni, movimenti, reti, campagne e un capitolo di preghiere.
Prima della ricca bibliografia finale di oltre 400 testi (utile per l’ipotesi di una “scuola dei volti”), appare una lunga lettera ai giovani sul “realismo della nonviolenza”, quasi un decalogo ragionato sulla bellezza della pace.
È un invito a provare sempre, ad alimentare il piacere di vivere assieme, a curare la fragile bellezza della nostra umanità. La pace è ancora bambina. Delicata e forte. Crocifissa e risorta. Piena di grazia e di immenso stupore.

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