MEZZOGIORNO

Sud liberazione e resistenza di base

La miseria era il nemico di ieri.
Il potere forte, incontrollato e sordo è quello di oggi.
La lezione che viene da Scanzano.
Agostino Superbo

Dopo la cancellazione del nome di Scanzano dal decreto del governo sulle scorie nucleari, la gente di Basilicata ha vissuto, per molti giorni, momenti importanti di aggregazione. Siamo stati rallegrati da un canto di speranza, senza essere assordati da un urlo di vittoria, per esprimere un consenso forte e senza riserve a uno sviluppo pieno di rispetto per i doni di Dio e per la dignità degli uomini. Si è presentato quasi come un movimento di liberazione, quello che si è mosso lungo le strade della nostra regione.
La paura di una incombente oppressione ha reso forte la volontà di affrancarsi da inutili sudditanze, dalla paura di non essere ascoltati, di non valere nulla. Sembrava che, per un attimo, i ruoli si fossero capovolti e che fosse il popolo a guidare, con antica saggezza, i suoi amministratori e i suoi governanti.
Nel passato la questione meridionale si poneva come necessità di uscire dall’arretratezza e dall’isolamento, oggi si pone come urgenza nel recuperare la consapevolezza della straordinaria dignità culturale e sociale delle nostre popolazioni. La miseria era il nemico di ieri; il potere forte e incontrollato, il nemico di oggi.
Ieri la mancanza di risorse economiche ci rendeva deboli, oggi ci rende fragili la ricorrente tentazione dell’assistenzialismo comodo. Per queste nuove battaglie le energie migliori si trovano nella coscienza delle persone, delle famiglie e delle comunità: nella fede cristiana innanzitutto. Sulla fede popolare delle nostre regioni si è molto scritto, detto e fotografato. L’impressione generale che si ricava da questi discorsi, non corrisponde, a mio parere, alla realtà. Talvolta, infatti, ci si lascia impressionare da alcune forme oscillanti tra magia e religione.
Non senza stupore possiamo spesso constatare come la fede in Gesù Cristo e la speranza cristiana riescono a dare impulso nuovo a comportamenti civili e socialmente apprezzabili.
Si è sviluppato, in Basilicata, un movimento nonviolento nel senso più pieno e positivo del termine. Per combattere la buona battaglia di una civiltà responsabile verso Dio e verso gli uomini, i lucani hanno scelto le armi della pace: la giustizia, la solidarietà, la costanza, la dignità e il coraggio.
Essi hanno voluto affermare che è possibile, anzi doveroso, per l’uomo di oggi consegnare alle future generazioni un mondo reso sempre più bello dall’ingegno umano. L’universo intero porta, in se stesso, il sigillo del Creatore e non può essere trattato come un semplice oggetto da dominare senza criterio. I beni della terra sono destinati a tutti gli uomini e non possono essere sottoposti all’arbitrio incontrollato di pochi.
Le guerre che si combattono con le armi devastano l’ambiente e lo rendono ostile all’uomo e alla donna e a tutti gli esseri viventi oltre a sottrarre ingenti risorse economiche alle grandi battaglie contro la fame e contro le malattie. Anche le guerre combattute con le armi dell’economia impazzita e della politica falsa recano danni enormi agli abitanti più deboli e indifesi del nostro pianeta. La giustizia è l’unica via da percorrere per la liberazione dalle nuove schiavitù e per dare vigore alla pace e alla salvaguardia del creato. Essa nasce dal riconoscimento dell’opera del Creatore e dall’attenta considerazione della dignità dei deboli, mentre suggerisce politiche ispirate alla promozione di ogni persona. “Misericordia e verità si incontreranno - giustizia e pace si baceranno” è, questa, la speranza dei credenti, fin dall’Antico Testamento. Abbiamo vissuto momenti difficili, sostenuti, in maniera meravigliosa, dalla fede in Cristo, da un profondo senso di unità e dalla volontà di costruire il bene comune per la nostra regione, per l’Italia e per i deboli di tutto il mondo. Ora bisogna camminare per questa strada. È necessario abbandonare le divisioni pretestuose, che nascono non da una legittima diversità di opinioni ma da nascoste questioni di potere. Dobbiamo rinnovare i gesti di amore alla terra, che è dono del Signore, e costruire nuove forme di responsabilità verso i giovani. È urgente demolire gli stretti orizzonti degli interessi privati per guardare con simpatia al bene di tutti. Avremo, così, la forza di realizzare nuovi percorsi sociali, civili e politici per la famiglia, il lavoro, l’educazione, la responsabilità politica. Gli avvenimenti di Scanzano ci hanno dimostrato come, per noi, ciò è possibile, grazie alle ricchezze di fede e di umanità forse sotterrate ma mai dimenticate: con l’aiuto di Dio e la buona volontà degli uomini.

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