Dietro le quinte
Senza sorprese ormai, a ogni edizione di grande evento sportivo, Mondiali di calcio o Giochi Olimpici che siano, emergono dissensi. Molteplici forme di dissenso. Sociale, ambientale, politico, etico e via dicendo. Infatti, se solo guardiamo indietro e partiamo dai Mondiali di Germania – quelli che l’Italia ha vinto nel 2006 – registriamo la nascita di una Campagna che denunciava un fenomeno fino a quel momento considerato “naturale”, “che sta nelle cose.”
Stiamo parlando del fenomeno della tratta delle donne a latere dei grandi eventi sportivi. Una tratta finalizzata allo sfruttamento nella prostituzione forzata, di donne, soprattutto giovani e spesso minori. Nel 2006 la Campagna promossa da diverse associazioni cercò di portare alla luce il fenomeno denunciando in particolare cosa accadeva in Germania nel traffico di donne dall’Est Europa, per adeguare “l’offerta alla domanda”. Sì, un fenomeno che tristemente accompagna i grandi eventi. Le associazioni che si occupano di questa realtà dicono che accade in occasione di tutti gli eventi, sportivi e non. Una fiera internazionale, un Torneo e perfino durante le grandi conferenze internazionali. Grazie alla sensibilizzazione che riuscì a raggiungere l’opinione pubblica e le istituzioni europee, incluso il Parlamento Europeo, reti e associazioni, che si occupano dei diritti delle donne un po’ in tutto il mondo, si allertarono. Il primo appuntamento africano della manifestazione sportiva tra le più amate al mondo i mondiali di calcio, nel Sudafrica del 2010, diventarono perciò oggetto di particolare attenzione per le reti che in quella regione e nel continente si occupano proprio di contrastare il fenomeno della tratta di esseri umani. Una tratta che si svela nelle sua tante forme e in Africa australe aggiunge alla già dura realtà della prostituzione non per libera scelta, l’elemento della povertà e dello sfruttamento delle minori a livello veramente difficile da sopportare. Lungi dall’essere una Campagna di moralizzazione, le iniziative congiunte di associazioni e reti della società civile come la WLSA (Women and Law in Southern Africa) e istituzioni nazionali e internazionale come l’OIM, Croce Rossa e organismi locali e governi della regione hanno costruito un percorso volto a prevenire e contrastare il processo di organizzazione strutturata di queste forme di traffico di esseri umani. Grazie a queste azioni, si sono ottenuti buoni risultati. Tra queste, la Campagna della UISP e Peace Games tra l’Italia dove si sono sensibilizzati pubblico e tifosi e il Mozambico – Paese di tradizionale emigrazione verso il Sud Africa – dove, in collaborazione con la rete WLSA, si è dato vita a una Campagna di sensibilizzazione rivolta alla popolazione per prevenire l’adescamento delle ragazze dietro false promesse di lavoro. Un caso emblematico è finito sotto l’occhio della stampa e tv e ha consentito di rilanciare l’allarme e, al tempo stesso, di spingere e ottenere un maggiore coinvolgimento delle istituzioni preposte al controllo delle frontiere.
La prostituzione forzata non riguarda solo i Paesi ospitanti, ma il pubblico proveniente da tutto il mondo per seguire gli eventi. Riguarda gli uomini che festeggiano una vittoria o si consolano da una sconfitta, con il sesso a pagamento, anche se questo significa abusare di una ragazzina adolescente che non ha il potere di difendersi essendo vittima di bieco sfruttamento. Perciò è giusto rivolgersi al pubblico italiano, ai potenziali clienti, come opportunamente ricorda Oria Gargano dell’Associazione “Be free” partner della UISP nella Campagna promossa nel 2010 e che si occupa a tempo pieno di lotta alla tratta delle donne in Italia. Dunque ci riguarda, non è un fenomeno “marziano”. E veniamo ai giorni nostri, al Mondiale 2014, voluto fortemente insieme al prossimo grande evento sportivo per eccellenza, le Olimpiadi del 2016 che avranno anch’esse luogo in Brasile. Il turismo sessuale è un fenomeno purtroppo collegato al Brasile. E anche in questa edizione reti e associazioni internazionali e locali brasiliane si sono mobilitate per la prevenzione dello sfruttamento soprattutto dei minori delle favelas. Povertà e infanzia nel mirino di troppi potenziali sfruttatori e acquirenti.
Ma in Brasile come si sa si sono manifestate tante altre forme di protesta per disagi sociali, per la denuncia delle ingenti risorse destinate alla costruzione delle infrastrutture dei Mondiali e il contorno, alla denuncia della corruzione o all’aumento dei costi dei trasporti per coprire le spese fatte sempre per adeguare l’ospitalità dell’evento. Tutti tratti comuni di critica alla gestione di forte impatto sui territori coinvolti che sempre più trova organizzazioni della società civile pronte e attrezzate alla denuncia e per fortuna a volte anche alla prevenzione dell’insieme degli impatti negativi di cui i grandi eventi possono essere portatori. È stato così in altre edizioni, con il mondiale di calcio in Sudafrica o con le Olimpiadi a Londra. Per fortuna si consolida anche la capacità delle società civili di costruire per tempo strategie di prevenzione oltre che di denuncia. Ci sono anche buone pratiche oltre a tante nefandezze. Tutto sta nella capacità di lungo respiro e di lavoro comune in rete delle diverse realtà e, naturalmente, ci vuole la sensibilità e volontà politica da parte delle istituzioni locali, e Comuni, le Regioni e i Governi che ospitano sul proprio territorio tali eventi.
Un paio di riflessioni ancora, a margine di questi mondiali, in considerazione dei commenti apparsi sui media. Da un lato titoli come “Il flop dell’Africa”, riferendosi alle squadre africane che per gran parte sono state eliminate dimenticando la vistosa presenza dell’Africa ovunque. I tanti giocatori presenti nelle squadre di tutto il mondo, africani a tutti gli effetti e cittadini di tante nazionali europee, latinoamericane, asiatiche e statunitensi. Suona “strana” questa dimenticanza, questa separazione.
Infine, dura da digerire la quantità e soprattutto la qualità delle critiche che di sportivo hanno ben poco nei confronti di Mario Balotelli. Prima esaltato diamante in occasione della prima partita andata bene –diciamolo – anche grazie alle sue giocate e non solo al suo goal con l’Inghilterra e poi quasi capro espiatorio di una brutta esibizione della intera nazionale. Nessuno nega le responsabilità sul piano tecnico e di comportamento in campo che hanno costretto alla scelta di sostituirlo per non rischiare. Ma qui si è dato sfogo a qualcosa di indescrivibile, non solo squallido razzismo, ma a qualcosa di disonesto, sapendo di fare male. Sa di pollice verso al Colosseo al tempo dell’antica Roma, non della dignità e presentabilità di un paese e dei suoi media. Evidentemente perché le società che esprimiamo non sono ancora all’altezza dei diritti e della dignità di tutte e di tutti.