ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI

Verso le elezioni europee

Il sovranismo mondialista contro l’Europa.
Sergio Paronetto (Presidente Centro studi ecumenico-sociali per la pace di Pax Christi Italia)

Il tema dell’immigrazione sarà al centro delle elezioni europee del maggio 2019. La campagna elettorale sovranista si baserà sullo schema propagandistico della lotta del popolo sovrano “contro il mondialismo”. In realtà la lotta sarà tra poteri diversi in contrasto tra loro, tra piccole e grandi potenze, e, schematicamente, tra europeismo federale (in faticosa gestazione) e sovranismo internazionale (in esuberante esplosione). Chi, come il governo, pensa di contrastare con durezza ipernazionalista i “poteri forti” dell’Europa, illudendosi di affermare la propria sovranità, non capisce o non vuole capire che un’Europa di stati murati e separati, balcanizzata, diventa preda di grandi potenze come Usa e Russia. La vera alternativa al mondialismo finanziario non è il sovranismo, che è sempre una forma di globalizzazione frammentata pronta ad alimentare una guerra di tutti contro tutti, ma un’altra Europa democratica, civile, giusta, solidale. La lotta dura e pura contro Bruxelles rischia di diventare acquiescenza ai grandi poteri antieuropei. Nei fatti, oggi, è a servizio della lotta di Trump e Putin contro l’Europa. Si pensa di combattere i tecnocrati di Bruxelles (certamente screditati e autoritari), ma si favoriscono i grandi poteri di Washington e di Mosca. 

Gli Stati Uniti di Trump e Bannon

Per quanto riguarda gli Stati Uniti, occorre ricordare che Matteo Salvini, amico del gruppo di Visegrad (Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia), il nucleo nero dell’anti-Europa sovranista, il 7 settembre 2018 ha incontrato Steve Bannon per aderire al suo nuovo raggruppamento The Movement, un’infrastruttura globale per il movimento populista mondiale, una strana “Internazionale dei nazionalisti” (tecnicamente è un ossimoro). L’ex consigliere di Trump, più trumpiano di Trump, editore dello screditato sito Breitbart news, uomo legato a grandi poteri mondiali, protagonista di molte operazioni di disinformazione prima e dopo le elezioni che hanno portato il suo capo alla Casa Bianca nel 2016, coinvolto nello scandalo di Cambridge Analytica con lo sfruttamento dei dati acquisiti su facebook, è emigrato in Europa e sta puntando al mercato europeo dell’opinione pubblica di orientamento euroscettico e nazionalista, facendo leva sulle proteste anti immigrati e sul mito dell’invasione senza limiti. Egli si presenta come punto di sintesi di alcune spinte aggressive, ora complottiste ora millenariste, ben consolidate: il suprematismo statunitense di matrice razzista, il nazionalismo reazionario russo, il sovranismo populista attivo in Europa, il fondamentalismo religioso anglosassone, la teopolitica dominionista e catastrofista di alcuni visionari, il cattolicesimo reazionario antibergogliano. In Italia, col beneplacito di qualche cardinale e dell’istituto “Dignitatis humanae”, sta aprendo una scuola politica nel monastero di Trisulti, chiamata “Accademia dell’Occidente giudaico-cristiano”, schierata contro il papa. 

Bannon ritiene l’Italia “il centro dell’universo politico” dove “è in gioco la natura stessa della sovranità, perché dall’esito di questa esperienza dipendono le sorti della rivolta dei popoli che vogliono riprendersi il potere dalle mani delle élite globali che gliel’hanno sottratto”. Egli pensa che l’Italia sia laboratorio per “il futuro della politica mondiale” dove “destra” (Lega con Fratelli d’Italia) e “sinistra” (5 Stelle) si sarebbero unite per restituire potere al popolo, guidate da Salvini e Di Maio “patrioti eroi” come Orbàn, Farage, Le Pen, Strache e gli amici della galassia grigio-nera (“Il Foglio”, 1 ottobre 2018). 

Con la Russia di Putin

A proposito dei legami con la Russia, occorre tener presente che esiste un patto tra Lega e “Russia unita”, partito di Putin, chiamato “Accordo sulla cooperazione e collaborazione” che prevede “un partenariato paritario e confidenziale” (ne parla un libro scritto da Fabio Sapettini e Andrea Tabacchini, Da Pontida a Mosca). Un documentato articolo di “Avvenire” (31 maggio 2018) cita l’opinione di Nona Mikhelidze, analista dello IAI (Istituto Affari Internazionali): “Il Cremlino sa che l’Italia non può uscire da un giorno all’altro dall’Ue. L’obiettivo per il momento è creare caos, ingovernabilità, aiutare quelle forze sovraniste che, per costituzione, chiedono meno Europa”. La Russia, penalizzata dalle sanzioni Ue dal marzo 2014, è interessata a indebolire l’Europa; non a caso il ritiro immediato delle sanzioni è previsto nel capitolo “esteri” del contratto di governo. L’incontro a Helsinki tra Trump e Putin del 16 luglio 2018 ha rivelato l’orientamento antieuropeo di Trump e Putin, amici-nemici, apprendisti stregoni della frantumazione europea al fine di dividere per comandare. Il giorno prima dell’incontro con Putin il presidente statunitense ha dichiarato che “l’Europa è il nostro vero nemico”. Il legame Lega-Russia è costante e capillare. Nel settembre scorso, a Verona la Lega ha spinto il consiglio comunale a due iniziative: da un lato la revoca della cittadinanza onoraria al presidente ucraino, dall’altro un incontro con dissidenti ucraini per onorare la morte di Aleksandr Zakharchenko, capo della repubblica secessionista del Donbass (Ucraina orientale). 

L’ assedio all’idea di Europa

In nome del sovranismo, l’Europa sta diventando un insieme di stati murati con sovranità reale in declino. A molti sembra che l’arrivo dei migranti costituisca un assedio. Ma c’è un altro assedio, quello di forze politiche e di alcuni stati europei, aiutati da Usa e Russia, all’idea di Europa unita e federale. Il loro ripiegamento su logiche ultranazionaliste scatena una sindrome che regala ad alcuni leader un protagonismo muscolare, rilancia i fantasmi di un cristianesimo etnico o l’ossessione identitaria di una fortezza autosufficiente. L’aggressione all’Europa viene dall’interno. Ad assediarla, a mettere in tensione le sue strutture e la sua strategia, sono alcuni suoi membri. Da anni è in atto un grande attacco ai grandi valori europei (quelli variamente declinati da Spinelli, De Gasperi, Adenauer, Schuman, Monnet, Guardini). Per questo, l’arrivo dei migranti fa così paura ai sovranisti: “Oscuramente, con fastidio, si intuisce che c’è più speranza in quella disperata ricerca di futuro di chi anela all’Europa, che nei muri freschi di cemento e nelle barriere di filo spinato che stanno rispuntando dalla Macedonia al Brennero. Quell’esodo epocale dice che dovremo fare i conti con novità che non siamo stati in grado di decifrare né di anticipare”. I muri non basteranno né a proteggere né a perpetuare il mito delle nazioni pure e assediate. Anzi è probabile che accelerino la loro caduta. “La sindrome dell’assedio è solo il paraocchi per non vedere che il Vecchio continente è entrato non in un altro millennio ma in un’altra era” (M. Franco, L’assedio). In tale contesto l’Onu è la grande assente. Di qui la minaccia, sulla scia di Trump, di non pagare le quote ONU dopo la notizia di monitoraggio internazionale su episodi di violenza xenofoba e razzista in Italia avanzata il 10 settembre 2018. Oggi sovranismo non vuol dire isolazionismo ma pratica unilaterale in campo internazionale, tendenza al dominio geopolitico. Se ognuno grida “prima noi” arriva la “guerra di tutti contro tutti”. Per questo si chiedono continuamente aumenti nella spesa militare. Un sovranismo così inteso costituisce il volto peggiore della tanto vituperata globalizzazione mondialista.

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