San Romero de America
Condivido le mie riflessioni e osservazioni su san Oscar Arnulfo Romero – pastore, profeta e martire –considerando la sua persona, il suo esempio e il significato storico.
Sacerdote e vescovo
Prima dell’ottobre del 1974 non lo conoscevo se non di nome. Fu nominato vescovo di Santiago de María (El Salvador) nell’ottobre 1974 e arrivò nella diocesi nel dicembre dello stesso anno. Da quel momento ho iniziato a sentir parlare di lui come padre Romero, come lo chiamavano tutti. Raccontavano che aveva amore e cura per i poveri, parlava e condivideva tutto con loro; gli piaceva predicare e aveva un modo semplice di spiegarsi, era devoto della Vergine della Pace. Quando l’ho conosciuto personalmente, come aspirante al sacerdozio ministeriale, ho verificato di persona quanto avevo ascoltato dalla gente e ho avuto modo di scoprire altri aspetti della sua vita e del suo ministero pastorale: era semplice, piacevole, spontaneo, particolarmente attento ai poveri, in particolare a tutto ciò che aveva a che fare con le loro condizioni di vita e con i loro bisogni essenziali.
A Santiago de María, in occasione della raccolta del caffè (specialmente nei mesi di novembre-gennaio), scoprì che centinaia di contadini, provenienti da varie comunità rurali lavoravano in modo poco dignitoso. Dopo un’intera giornata, li trovava nel parco o sotto i portici e spesso dormivano all’aria aperta. I più fortunati potevano trovare alloggio in case di conoscenti o in locande (ville in cui si affittavano stanze a prezzi convenienti, con o senza letti, affollate e in condizioni insalubri).
Mons. Romero accolse i contadini, tutti quelli che poteva, trasformando la sala riunioni della casa episcopale in un dormitorio. Questo gesto di solidarietà e condivisione con i lavoratori più poveri era insolito per una figura come quella di un vescovo e per la funzione che ricopriva, ma lo faceva con naturalezza e amicizia verso i suoi ospiti.
Questo incontro con i “tagliatori di caffè”, i contadini, i poveri, generalmente mal retribuiti e maltrattati, si svolgeva in un contesto sociale di grandi ingiustizie e nei vari settori economici e attivi della società salvadoregna (insegnanti, impiegati in aziende, studenti, cooperative contadini, ecc.) si avvertiva forte la richiesta di giustizia sociale. Il governo (frutto di una frode elettorale flagrante, nel 1972 e poi anche nel 1977), l’oligarchia e i suoi complici reagirono a questa richiesta di maggior giustizia con una dura repressione.
Il 1975 è stato la chiave per iniziare a conoscere gli effetti e le cause della povertà per la maggior parte degli abitanti del paese. Romero ha promosso una vera analisi della realtà sociale ed economica, a partire dal progetto di riforma agraria che il governo centrale intendeva promuovere, come adempimento di un progetto legislativo del 1972. I sacerdoti, gli agenti pastorali, i religiosi, i seminaristi: tutti siamo stati convocati per tre giorni di studio, per conoscere e capire tale progetto di riforma. Nello stesso anno, papa Paolo VI pubblicava l’esortazione apostolica Evangelii Nuntiandi – l’8 dicembre 1975 – dando un grande impulso alle richieste di giustizia e liberazione degli oppressi del mondo. Questo documento ha dato a mons. Romero la luce per comprendere e praticare la liberazione come prassi cristiana autentica.
La difesa dei poveri
Mons. Romero è stato nominato arcivescovo di San Salvador il 3 febbraio 1977. Subentrò nell’incarico pastorale con una cerimonia semplice nella chiesa parrocchiale “San José de la Montaña”, il 22 febbraio dello stesso anno. Il contesto sociale era diverso da quello di Santiago de María: era la capitale del paese e qui confluiva e si faceva più forte la domanda di giustizia sociale, rispetto dei diritti umani e si avvertivano come improrogabili i cambiamenti del sistema sociale, economico e politico; si sentiva il bisogno di superamento della dittatura oligarchica-militare trincerata nel paese dal 2 dicembre 1931.
Sul piano cristiano, ecclesiale e pastorale, ampi settori si erano rinnovati e cominciavano ad agire secondo gli orientamenti dottrinali e pastorali del Concilio Vaticano II e, nello stesso tempo, la seconda assemblea generale dei vescovi latino-americani a Medellin (in Colombia), nel 1968, cercava di mettere in pratica i nuovi orientamenti conciliari. Il Concilio aveva stabilito che la Chiesa era per il mondo e al servizio del mondo, secondo la prospettiva del Vangelo.
Consapevole di essere uno strumento di Dio, Oscar Romero ha promosso un’azione pastorale della Chiesa basata sull’opzione per i poveri. Lo stile e l’azione coerente con questa missione pastorale passavano attraverso segni e tappe concrete: la solidarietà con i poveri, l’assunzione su di sé delle loro aspirazioni e lotte per un tenore di vita più dignitoso, l’appoggio alle organizzazioni sociali che chiedevano giustizia, il contributo cristiano nella strutturazione di un nuovo sistema sociale, politico ed economico più giusto. Le omelie ferventi, le quattro lettere pastorali e l’esempio di dar la vita in modo che tutti potessero avere una nuova vita in Cristo Gesù, furono un segno eloquente del desiderio di realizzare la propria missione a partire dall’opzione per i poveri. Tutto questo lo coinvolgeva e indicava a tutti la direzione della conversione: la giustizia come espressione sociale dell’amore cristiano, perché è ideale comune.
In tal senso, in una società economica, politica e anche religiosa, ingiusta, divisa e antagonista, mons. Romero sentì un grande sostegno da parte dei vescovi latino-americani riunitisi in assemblea generale a Puebla, e resisi promotori di un autentico rinnovamento cristiano come “radicale conversione alla giustizia e all’amore, capace di trasformare dal di dentro le strutture della società pluralista nel rispetto e nella promozione della dignità della persona umana…” (documento di Puebla, n. 1206). L’orizzonte della vita umana e cristiana era il popolo, a tal punto da portarlo a dire: “Il mio amore è il popolo; e dal popolo potranno vedere (...) chi è con me e chi non lo è (...). Unisciti, mettiti al servizio di questa gente, tutto ciò che voi sapete sia contributo per tutti e per il popolo stesso. Allora si praticheranno legge e giustizia” (omelia, 20 agosto 1978).
San Romero
Papa Francesco, parlando ai salvadoregni arrivati a Roma per la canonizzazione di Romero, ha riconosciuto che il nuovo santo “ci chiama ad annunciare il suo messaggio di libertà per tutta l’umanità”. Nella prospettiva biblica e nella teologia della liberazione si intende la libertà dai fatti, dalle cause e dalle conseguenze dell’ingiustizia, libertà di amare, accogliere e servire tutti, come Gesù di Nazareth. Abbiamo quindi un riferimento universale per pensare, agire e trasformare la nostra realtà nella direzione dell’amore e della giustizia, san Oscar Romero, vittima dell’odio e dell’ingiustizia, che ci chiama all’azione personale, sociale e organizzata a favore dell’amore e della giustizia.