SARDEGNA

E i militari non vanno via...

Cambiano gli scenari internazionali, ma sulla Sardegna continua a gravare la pesante ipoteca delle basi militari.
I rischi del nucleare.
Giancarla Codrignani

Sapete dove facevano le esercitazioni gli aerei militari della neutrale Svizzera? Nei cieli della Sardegna…
I più giovani non conoscono nella sua realtà il significato del termine “servitù militare” che, anche nel nome, evoca medievalismi mantenuti dall'autorità coercitiva dello Stato anche nella nostra età repubblicana. Nel 1972 un insegnante pacifista e radicale, Ugo Dessy, scriveva Sardegna, un'isola per i militari, (c) www.aeronautica.difesa.it un libro che faceva il punto della situazione dell'isola nell'anno in cui il governo decise di ospitare alla Maddalena una nave-officina per sommergibili nucleari americani: “La Sardegna realizza oggi – era il commento sintetico – in piena democrazia e in tempi di distensione internazionale, il vecchio sogno guerrafondaio di Mussolini: sta diventando una gigantesca portaerei naturale nel Mediterraneo”.
Allora, infatti, a Capo Teulada marines italiani, americani e inglesi facevano i loro giochi di simulazione fra raffiche di caccia F 104, fuochi di mine e cingoli di M 47. A Decimomannu c'era l'aeroporto più grande della Nato (tre piste) e almeno settanta aerei da combattimento ogni giorno piombavano su bersagli in mare. Tra Perdasdefogu e San Lorenzo cadevano missili terra-terra e terra-mare che andavano a esplodere nelle acque costiere o anche tra la vegetazione. Nell'interno, in Barbagia, venivano lanciati i parà per i corsi di sopravvivenza e le “prove di ardimento”.
Commentava un consigliere regionale socialista sulle pagine di un “Panorama” dell'epoca: “Fra militari, funzionari puniti e carcerati, la Sardegna è terra di deportazione”. Erano gli anni dell'industrializzazione e della promozione turistica e la Sardegna restava sotto il regime di “servitù” e dei danni che questo comportava per la popolazione: non solo nelle zone militari, ma anche in quelle limitrofe era vietato aprire strade, fossi, linee elettriche, condotte d'acqua o gas, pescare, piantare o tagliare alberi; inoltre i terreni e le case erano soggette a esproprio.

Trent'anni dopo
Colonizzazione, come dicevano i ragazzi del ‘68 che protestavano e che venivano regolarmente arrestati? A distanza di trent'anni, il giudizio storico non può che constatare il danno della passività dei governi ai poteri esterni. Trent'anni fa, tuttavia, si suol dire, “le cose erano diverse”; oggi, infatti, non c'è più il pericolo sovietico, la Nato ha cambiato funzione, l'Europa è intenzionata a non farsi guerre, i conflitti esterni sono ipocritamente definiti umanitari. Ma i cambiamenti, anche in Sardegna, sono convenzionali: la pastorizia si è ridotta da sé; l'industrializzazione anche se non è quella che dovrebbe essere, in qualche modo è andata avanti; la presenza delle basi e degli arsenali fornisce qualche occupazione e un po' di commercio; il turismo si è avvantaggiato perché aerei ed esplosivi contengono un po' il rumore. Tuttavia i siti militari sono sempre una quindicina e tra essi la base di Santo Stefano alla Maddalena rappresenta il numero uno nella scala della pericolosità delle strutture militari in Italia.
I contestatori di un tempo sapevano tutto delle militarizzazioni e manifestavano rumorosamente; oggi i turisti attraccano alla Maddalena e si indicano di lontano – vietato avvicinarsi – la base americana; chi protestava contro “il nucleare” non ha fatto prevenzione davanti al rischio di contaminazioni. La base americana è seriamente pericolosa e non ci sono più le giustificazioni antiche per tenerla: nel Mediterraneo non ci sono le navi da guerra sovietiche, ma i gommoni dei disperati e gli Usa non hanno bisogno – a meno che… – dell'officina di Santo Stefano per la VI flotta.
E la contaminazione delle acque è invece il pericolo reale.
Da tempo dovrebbe essere stato desecretato un piano per misure di emergenza per i dodici porti italiani “nuclearizzati”; esso comporta l'obbligo per la Marina Militare di notificare l'arrivo di tutte le navi a propulsione atomica. Ma la trasparenza non è facile e solo pochi giornali hanno dato notizia, nel novembre 2003, di un boato percepito da tutto l'arcipelago e di un possibile incidente al sommergibile statunitense Hartford da 6.000 tonnellate.
Nel silenzio delle autorità, il Wwf sardo ha commissionato l'analisi della radioattività da un istituto di ricerca francese (Criirad) che ha trovato tracce di torio 234 (che è un propellente dei motori nucleari) molto superiori al livello di guardia. Nonostante le regolari rilevazioni, le autorità militari italiane e americane non

Per una Sardegna smilitarizzata
Siamo fortemente preoccupati dei segnali di militarizzazione crescente del territorio italiano e protestiamo.
Vorremmo che il nostro Paese continuasse a splendere per le sue bellezze naturali e artistiche, per le sue testimonianze storiche e paesaggistiche, piuttosto che ripiegarsi in questa logica del nemico e della contrapposizione che fa dell’Italia una fortezza nucleare.
Il progetto di trasformare il punto di approdo militare USA dell’arcipelago de La Maddalena in una vera e propria base permanente non sostiene quel clima di fiducia nei rapporti internazionali cui vorremmo che la nostra politica estera e di difesa fossero improntate. Tale decisione del Ministero della Difesa non è che l’ennesima dopo quella di Taranto e di altri siti che potrebbero ragionevolmente essere utilizzati per ben altre e più nobili finalità.
Ci opponiamo in modo fermo e deciso a questo progetto che peraltro rappresenta un rischio reale anche per la popolazione sarda ed esprimiamo solidarietà piena a quanti sfileranno questa sera a Cagliari. Riteniamo che la mozione approvata dal Consiglio Regionale sia un timido ma significativo passo nella direzione di un uso “più civile” del territorio.
Essa prevede: “La predisposizione di un adeguato e specifico programma di monitoraggio nell'arcipelago della Maddalena, affidando ad autorevoli istituti di ricerca indipendenti il rilevamento dell'effettivo livello di inquinamento nell'acqua e nell'aria; l'obbligo per i sommergibili nucleari che transitano nelle Bocche di Bonifacio di uniformarsi alle regole della circolazione navale; lo smantellamento della base per sottomarini nucleari di Santo Stefano, entro un periodo di tempo ragionevole e prestabilito”.
D’altra parte siamo consci del tributo già alto che l’Isola paga alla logica militare dal momento che ben 24 mila ettari del territorio sardo sono sottoposti a vincoli militari, contro i 16 mila del resto della nazione, con una massiccia presenza di infrastrutture militari della Difesa nazionale, dell'Alleanza Atlantica e del governo USA. Per queste ragioni ci permettiamo incoraggiare l’attenzione e la vigilanza delle Chiese locali, delle organizzazioni di ispirazioni cristiana e della società civile tutta.

Pax Christi Italia, 21/02/2004
hanno spiegato il mistero e il boato che ha spaventato la gente è stato classificato “terremoto”.
Da tempo i Ds e i Verdi hanno chiesto un'inchiesta parlamentare, ma, naturalmente, non hanno fatto notizia e non hanno scomposto il governo, che, da par suo, ha rimosso perfino la richiesta della Regione Sardegna di smantellare la base della Maddalena e di far dimettere il ministro della difesa. Anzi, Antonio Martino ha varato, su richiesta americana, il raddoppio della base. Secondo la prassi abituale, il governo Berlusconi ha promesso di farsi carico dei diritti della popolazione civile, di tutelare l'ambiente, di conservare l'occupazione dell'arsenale, ma di fatto si è impegnato a “mantenere gli obblighi sottoscritti dall'Italia con gli Stati Uniti, nell'ambito della storica alleanza che rappresenta un elemento essenziale per la difesa delle democrazie dalle nuove minacce, anche di tipo terroristico”.
A tale fine, intende “portare avanti la realizzazione della riqualificazione del punto di appoggio logistico dell'isola di Santo Stefano” (leggasi: il raddoppio della base) e, per chi fosse preoccupato per la contaminazione delle acque e la salute pubblica, ha assicurato “un completo piano di emergenza e un conseguente piano di evacuazione” che non è proprio il massimo della rassicurazione. Gli appalti correranno e per il momento anche le proteste isolane si sono quietate, con il sostegno indiretto dei media che hanno messo a tacere la cosa. Anche nel mare di Barents un sottomarino nucleare russo ha suscitato inquietudini, anche perché la flotta ex-sovietica è ridotta a vecchi catorci che perdono i pezzi; ma la propulsione nucleare non è uno scherzo in nessun caso.
Anche quando funzionano gli ultimi modelli, l'instabilità del mezzo marino, le possibili incrinature e le deiezioni sembra che non siano mai il massimo della sicurezza. La Sardegna non va persa di vista: non è solo una meravigliosa meta balneare. Nei colloqui che il 30 marzo i rappresentanti di governo e dell'imprenditoria miltar-industriale hanno avuto a Washington con la controparte statunitense dei falchi (Wolfowitz in testa) non deve essersi parlato di smantellare né armamenti pericolosi, né tanto meno basi militari: l'Italia, e non solo la Sardegna, può ridiventare la solita portaerei naturale al servizio degli Usa e fuori dalle linee di difesa dell'Unione europea.

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