Costituzione vendesi
Shomer ma mi-llailah? È in tempi cupi come quelli che stiamo vivendo, segnati dall'incertezza e dal sospetto, che questo oscuro e misterioso interrogativo del profeta Isaia torna prepotentemente a farsi strada.
Già, ma quali sono le sentinelle cui rivolgere quell'interrogativo, oggi? Chi può indicare la via, rappresentare un conforto, o, semplicemente, costituire
un baluardo fermo di etica e impegno civile cui fare costantemente riferimento?
Paolo Sylos Labini, economista tra i più insigni in Italia, professore universitario nato a Roma nel 1920 da genitori di origini pugliesi, rientra di sicuro in questa schiera.
Precari a vita
Non è abituato a scendere a compromessi e per tale ragione può considerarsi un “grande saggio”, dalla ferma e orgogliosa cultura laica, cui chiedere una valutazione sulla nostra condizione.
“Saggio io? – ride di gusto il professore – No, non credo proprio! Ma non vede come mi trattano gli organi di informazione? Sono sempre più marginalizzato, attaccato, vilipeso. Passo per disfattista, catastrofista, apocalittico o, addirittura, demonizzatore…ma saggio proprio no!”.
Sarà forse per quell'inguaribile difetto di dire le cose come stanno, di guardare la realtà per poi fare previsioni sul futuro che, puntualmente, si verificano.
“Io sono un economista e gli economisti non fanno previsioni. Non siamo maghi con la sfera di cristallo. Analizziamo le condizioni di fatto e facciamo diagnosi, come i medici. E se, dopo una ‘visita' e cioè dopo aver valutato i diversi elementi, riscontriamo un “male” abbiamo il dovere, come i medici, di dirlo. Un medico coscienzioso se si rende conto che ci sono rischi, anche gravi, per il paziente deve dirglielo, non può tacerli per non spaventarlo. Ecco, questo è quello che ho sempre fatto io e, per fortuna, spesso le mie diagnosi si sono rivelate esatte ma è con soddisfazione mista ad amarezza che le dico questo”.
E certo la situazione attuale non promette niente di buono. Da una recente indagine risulta che le giovani generazioni di oggi sono le prime, dal dopoguerra in poi, a guardare con incertezza al futuro, a immaginarselo peggiore del presente, a vedere sempre più distante la prospettiva di un lavoro e di una famiglia. Una generazione di precari a vita. Che società diventa quella che alleva i suoi figli nell'incertezza?
Risorse civili
“I nostri giovani devono essere consapevoli del periodo che viviamo. Devono conoscere le difficoltà per imparare ad affrontarle. Viviamo tempi bui e tempi ancora più bui ci attendono, è inutile negarselo. Ma questo non deve farci perdere la speranza, non ce n'è motivo. Il nostro Paese, con un memorabile
La Carta fondamentale modificata definirà una nuova forma di governo, il cosiddetto “premierato”, che pone al centro del sistema la figura del Primo Ministro il quale determina la politica dell’esecutivo, ha il potere di nomina e revoca dei ministri e può sciogliere le Camere (oggi queste sono competenze del Presidente della Repubblica); cambia anche la struttura del Parlamento che sarà composto dalla Camera dei Deputati e dal Senato federale e il numero dei parlamentari sarà ridotto di circa un quarto; vengono riscritti i rapporti fra Stato e Regioni, ed a queste ultime viene affidata la legislazione esclusiva per quanto riguarda l’assistenza e l’organizzazione sanitaria, l’organizzazione scolastica, la gestione degli istituti scolastici e di formazione, la definizione della parte dei programmi scolastici e formativi di interesse specifico della regione e la disciplina della polizia amministrativa e locale.
Un'etica civile
Già, l'etica sembra una parola dimenticata, un concetto non più attuale. Molto meglio il profitto.
“È questo il grande limite della nostra società. Si fa tutto per la ricerca spasmodica del profitto, dei soldi facili, della ‘carriera', della ‘posizione' da mantenere da cui trarre qualche misero privilegio. Nel modello di società che Berlusconi ha esaltato sono diventati questi gli obiettivi da raggiungere, i veri valori cui sacrificare qualsiasi principio etico. Questo ovviamente ha riflessi anche sulla politica che stenta a liberarsi da quel machiavellismo per cui morale e politica vanno tenute del tutto separate, e non solo distinte, e che, egualmente, vanno tenute separate la morale e l'economia. Tale impostazione non è ammissibile: perseguire un fine con metodi abbietti, inevitabilmente determina che lo stesso fine sia abbietto. Il machiavellismo rappresenta un limite gravissimo della cultura politica del nostro Paese. Dilatando molto l'intenzione originaria, è servito a giustificare ogni sorta di delitti e di imbrogli e quindi ha decisamente concorso alla loro diffusione. Una piaga che ha contagiato non pochi politici e intellettuali sia fra i laici che fra i cattolici e in questo secondo caso lo sconcerto è anche maggiore, data la pretesa dei cattolici di essere portatori di una moralità più ampia e più elevata di quella dei laici”.
Salvare la Costituzione
La “nostra bella Costituzione” sta subendo distorsioni profonde. Mai prima d'ora era accaduto che il patto costituzionale divenisse merce di scambio tra le forze politiche di un governo. Sembra una sorta di profanazione che ha violato uno spazio sacro mai avvenuta in tutto il secondo dopoguerra. “Salviamo la Costituzione è un allarme che condivido in pieno. La mia posizione sul governo-Berlusconi è arcinota. Come oggi dovrebbe essere evidente a tutti Berlusconi è entrato in politica per due ragioni soltanto, che costituiscono il suo vero programma: difendere e accrescere la ‘roba' e le televisioni ed evitare la galera. Ha ottenuto quello che voleva (penso alle leggi-vergogna: la legge-Cirami, la Gasparri, l'abolizione del reato di falso in bilancio) in tempi brevissimi e con una facilità che immagino abbia sorpreso anche lui. Ma per completare l'opera ha bisogno di “blindare” queste sue conquiste ed ecco questo vero e proprio ‘raptus riformistico' con il progetto, ormai in fase avanzata di attuazione grazie a un Parlamento in larga parte asservito al ‘padrone', di riformare – ma sarebbe meglio dire devastare – la forma di governo. È un progetto che se fosse compiuto, darebbe un colpo di grazia a qualunque prospettiva per l'Italia di diventare (o forse di tornare ad essere) un Paese civile in un tempo ragionevole. Per questo occorre lanciare una grande operazione nel Paese per far comprendere, con parole chiare a tutti, quello che sta accadendo”.
La leva della morale
Ma su cosa fare leva per attivare le coscienze, per suscitare l'indignazione? Insomma, il nostro Paese ha ancora una “riserva civile”?
“Per me è da un lato un dovere morale e dall'altro una necessità personale. Dico e scrivo quello che penso semplicemente per potermi guardare con simpatia ogni mattina, davanti allo specchio, quando mi faccio la barba e per poter avere, immutata da anni, la stima e l'affetto dei miei figli”.
L'allievo di Salvemini non poteva che rispondere così.