ECUMENISMO

Riconciliarsi per fede

Quello che le Chiese cristiane riconciliate possono fare per un'Europa di pace. Intervista a Meo Gnocchi, presidente del Segretariato Attività Ecumeniche.
A cura di Simone Morandini

Il SAE
Il Segretariato Attività Ecumeniche è un’associazione laica e interconfessionale, per il dialogo ecumenico, ebraico-cristiano e – sempre più negli ultimi anni – interreligioso. È stato fondato negli anni del Concilio da Maria Vingiani, che resterà presidente fino al 1996, quando le succederà Elena Covini e quindi nel 2004, Mario Gnocchi.
Con i suoi 44 gruppi locali, il SAE è presente nelle principali città; organizza annualmente una sessione di formazione ecumenica, appuntamento di grande rilievo per credenti di comunità diverse.
Nel mondo del dialogo ecumenico e interreligioso italiano, il SAE svolge da più di 40 anni un ruolo e un servizio decisamente importante, sia per lo stile di azione che lo ha sempre caratterizzato sia perché, come movimento di laici, ha sempre cercato di intrecciare la riflessione ecumenica con temi sociali delicati e profetici, in ascolto dei “segni dei tempi” … Da qualche anno è diventata molto significativa la presenza alle settimane estive di formazione ecumenica di numerosi giovani che hanno dimostrato un vivace interesse a interrogarsi insieme, in modo “ecumenico”, sulla realtà di oggi. Su di loro il SAE ha scelto di investire in modo particolare, facendosi promotore, con numerosi altri movimenti italiani, di un Happening ecumenico per giovani che si svolgerà a Firenze a Gennaio. Il tema è quello che più scuote le coscienze in questo drammatico contesto di guerra: come costruire la Pace, la Giustizia e la Salvaguardia del creato. Provocatorio il titolo “Osare la Pace per fede”.
Ne abbiamo parlato con il nuovo presidente del SAE, Meo Gnocchi.

Perché il cammino ecumenico è essenziale per la pace e la riconciliazione tra i popoli?
La risposta più ovvia è che ogni ferita aperta o rimarginata sul piano spirituale e religioso si riflette naturalmente su quello culturale, sociale e politico. Come diceva Hans Küng, non ci può essere pace tra i popoli finché non c'è pace tra le religioni e le Chiese.
A questo si può aggiungere, in spirito di fede, che seme di pace autentica nel

Giustizia, pace e salvaguardia del creato
Il processo Giustizia, Pace e Salvaguardia del Creato (GPIC) è stato avviato dalla VI Assemblea del Consiglio Ecumenico delle Chiese (Vancouver 1984). Il suo punto culminante è stata la Convocazione Ecumenica di Seul del 1990, ma di grande importanza è stata anche la I Assemblea Ecumenica su “Pace con giustizia” (Basilea, 1989). In continuità con essa, poi, anche la II Assemblea Ecumenica su “Riconciliazione, dono di Dio e sorgente di vita nuova” (Graz 1997).
A partire dall’Assemblea Ecumenica di Graz prende avvio un processo di dialogo e di riflessione tra la KEK (Conferenza delle Chiese Europee) e il CCEE (Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee) per la stesura di un testo per la collaborazione ecumenica in Europa. Nella settimana successiva alla Pasqua 2001 a Strasburgo si giunge alla firma della Charta Oecumenica, che contiene parole impegnative sulla collaborazione ecumenica per GPIC, come al dialogo con l’ebraismo e con l’Islam.
mondo è l'Evangelo, e l'Evangelo, secondo la parola di Gesù, è reso credibile dall'unità dei suoi discepoli: “che siano una cosa sola, perché il mondo creda”. Credere a Gesù significa accogliere la pace che egli dona.
E ancora, che il modello di unità perseguito dai cristiani nel dialogo ecumenico ha valore esemplare anche nella più vasta sfera dei rapporti umani, perché non si basa su un livellamento o una cancellazione delle identità e delle tradizioni particolari, ma anzi su una loro crescita sinfonica, su un reciproco scambio di testimonianze e di doni.
Infine, che al fondo del dialogo ecumenico sta la percezione della ricchezza insondabile della verità, di cui nessuno può pretendere d'essere il possessore esclusivo e imporre l'espressione definitiva: il che fa cadere qualsiasi giustificazione religiosa della prepotenza, del dominio e del rifiuto dell'altro. Proprio l'amore della verità esclude ogni forma di integralismo autoritario e oppressivo.

Quale contributo comune possono offrire le Chiese alla costruzione di un'Europa come casa comune, accogliente verso tutti?
Per quanto riguarda l'Europa, non va dimenticato quanto essa nei secoli passati sia stata coinvolta nelle divisioni tra i cristiani e nelle lotte anche cruente che ne sono derivate. La capacità di rimarginare quelle ferite, di riconciliare le memorie di una storia conflittuale, può già essere un segno di speranza per tutti. Oggi poi nel cuore dell'Europa, a causa della crescente immigrazione dai Paesi dell'Est, si riavvicinano e si rimescolano due mondi finora distanti e poco conosciuti l'uno dall'altro: la cristianità orientale e quella occidentale. Fenomeno che può suscitare nuove tensioni, ma anche nuove possibilità di riconciliazione, di scambio e di integrazione pacifica, nuovi modelli di convivenza. E alle Chiese riconciliate si aprono grandi spazi di azione comune per far sì che la nuova Europa sia non soltanto una struttura, ma appunto una “casa” umanamente abitabile e ospitale. La Charta Oecumenica si esprime chiaramente in questo senso, indicando precisi obiettivi per la difesa e la promozione dei fondamentali valori umani anche sul piano etico, sociale e politico.

In che rapporto sta il dialogo tra le Chiese e quello con altre comunità religiose, a partire da quella ebraica e quella musulmana?
Il confronto con l'ebraismo si è imposto in modo ineludibile proprio

Dalla Charta Oecumenica
… Di fronte ai numerosi conflitti è compito delle Chiese assumersi congiuntamente il servizio della riconciliazione anche per i popoli e le culture… I nostri sforzi comuni sono diretti alla valutazione e alla risoluzione dei problemi politici e sociali nello spirito del Vangelo. Dal momento che noi valorizziamo la persona e la dignità di ognuno in quanto immagine di Dio, ci impegniamo per l’assoluta eguaglianza di valore di ogni essere umano… Ci impegniamo per un ordine pacifico, fondato sulla soluzione nonviolenta dei conflitti. Condanniamo pertanto ogni forma di violenza contro gli esseri umani, soprattutto contro le donne e i bambini. Riconciliazione significa promuovere la giustizia sociale all’interno di un popolo e tra tutti i popoli e in particolare superare l’abisso che separa il ricco dal povero, come pure la disoccupazione. Vogliamo contribuire insieme affinché venga concessa una accoglienza umana e dignitosa a donne e uomini migranti, ai profughi e a chi cerca asilo in Europa.
(paragrafo 8 – Riconciliare popoli e culture)
all'interno del dialogo ecumenico: ripercorrendo la storia delle proprie divisioni alla luce della parola di Dio, in spirito penitenziale e non rivendicativo, le Chiese sono state indotte a risalire alle proprie origini, alla propria comune radice, e quindi ad assumere più chiara coscienza della prima frattura che ha lacerato il popolo di Dio: la drammatica separazione e contrapposizione tra cristiani ed ebrei. Questa lacerazione, che ha disgiunto credenti nell'unico Dio, nutriti dalla linfa di un'unica pianta e fondati su una stessa promessa e una stessa speranza, è apparsa come il segno iniziale di quello “scandalo” che sarebbero poi state le successive divisioni tra i cristiani; e per guarire queste e riattingere alle fonti originarie della propria fede si è riconosciuta la necessità di tornare a un fraterno confronto col popolo d'Israele. Il grande teologo Karl Barth è giunto a dire che “esiste un solo grande problema ecumenico: quello delle nostre relazioni col popolo ebraico”. La coscienza delle tragiche conseguenze dell'avversione nutrita in passato verso gli ebrei, terribilmente risvegliata dalla Shoah, ha conferito a questo riavvicinamento il carattere di una vera e propria conversione da parte delle Chiese cristiane.
Su un piano diverso, ma con alcune analogie, le Chiese in dialogo si sono aperte alla relazione con l'islam: anch'esso, infatti, si riconosce radicato nella fede di Abramo e partecipa, pur nella propria diversità, di tanti elementi della tradizione giudaica e cristiana. Se la storia, anche in questo caso, è stata ed è ancora purtroppo segnata da tragici conflitti, tanto più necessario è ritrovare i motivi di fede che possono aprire le vie di un incontro fraterno.

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