UNICEF

Diritti bambini

Il lungo cammino dei diritti dei bambini nelle parole del direttore di Unicef Italia, Roberto Salvan.
Alberto Conci

Quindici anni fa, il 20 novembre del 1989 veniva approvata all'ONU la Convenzione Internazionale sui Diritti del Fanciullo, il documento oggi più ratificato del pianeta, visto che mancano all'appello solo due Paesi: la Somalia e gli Stati Uniti. Abbiamo parlato di questo anniversario con il direttore di UNICEF Italia, Roberto Salvan, che abbiamo raggiunto al suo rientro dal Darfur.

Sono passati quindici anni dall'approvazione della Convenzione: quale bilancio ne possiamo trarre?
Un bilancio senz'altro positivo, se non altro perché oggi di Convenzione e di diritti dei minori si parla certamente di più nella scuola, negli ambienti che si occupano di bambini, nelle stesse commissioni e anche nei Parlamenti, dove sentiamo che si cita sempre più frequentemente questo documento. Inoltre, a distanza di 15 anni la Convenzione resta un documento aperto.

Spesso la Convenzione è stata guardata come una sorta di documento interno all'UNICEF, quasi una di dichiarazione di principi senza nessuna portata politica vincolante… È così?
Questo è uno stereotipo che per fortuna sta scomparendo. In realtà ogni Stato, ogni 5 anni, deve presentare una relazione a un Comitato formato dai Bambini rappresentanti di 18 Paesi che valutano cosa il singolo Stato sta facendo per promuovere i diritti dei bambini. Anche se la convenzione non è vincolante, il rapporto dei Diciotto costituisce, per l'immagine del Paese, una valutazione non trascurabile sul piano dei rapporti internazionali, come è recentemente accaduto per la Birmania e la Corea del Nord.

La Convenzione ha un peso nella formazione del diritto internazionale?
Per cominciare va detto che i diritti dei bambini nascono dalla costola dei diritti umani. Ma oggi stanno assumendo un ruolo sempre più importante. La gran parte, ad esempio, degli obiettivi del Millennio fissati dall'Assemblea ONU nel 2000 riguardano direttamente i bambini. E questo perché le Nazioni Unite sono sensibili alle nuove generazioni e questa sensibilità deriva dalla presenza della Convenzione e dal ruolo che sta giocando in molti contesti giuridici. È interessante che ormai nei documenti ufficiali che riguardano i bambini e gli adolescenti, ogni volta che si deve partire con un documento si parta sempre dalla Convenzione.

Il protocollo opzionale sui bambini soldato rappresenta un passo avanti. Ma la pace è contemplata come un diritto fondamentale per tutti i minori?
Il diritto alla pace rappresenta certamente una nota dolente perché esso non viene sancito come diritto a causa della resistenza di molti Paesi.
Oggi, accanto all'avvenuta approvazione del protocollo sui bambini soldato, credo sia importante il lavoro sul campo. Ho visto, ad esempio, i programmi che vengono svolti attualmente nei teatri di conflitto (proprio in questi giorni anche in Sudan): l'accento è proprio sul diritto alla pace e sull'educazione alla pace, soprattutto dove ci sono o ci sono stati scontri, problemi tribali, combattimenti… Si cerca attraverso i programmi di portare avanti il diritto alla pace, anche se esso non è sancito con un passaggio sulla convenzione. Su questo inserimento l'UNICEF sta lavorando ormai da anni. Ma è importante portare avanti contemporaneamente la discussione sui principi e il lavoro sul campo. Ho incontrato in questo ultimo viaggio nel Darfur un signore di circa 60 anni che faceva parte di una cooperativa che si occupava di perforare dei pozzi e portare l'acqua, lavorava insieme a una ONG sudanese e all'UNICEF. Questo signore indossava una maglietta con la scritta “water for peace”. Voglio dire che alla fine si costruisce la pace anche attraverso la distribuzione dell'acqua.

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