PAROLA A RISCHIO

La fede del viandante

Essere cristiani è essenzialmente essere in cammino. Ma anche essere uomini autentici vuol dire accogliere la sfida della strada.
Tonio Dell’Olio

E prese a seguirlo per la strada. (Mc 10,52)

Si è davvero sui passi del Cristo quando finalmente non ci si riposa più in posizioni acquisite, nelle certezze prefabbricate, nella propria autosufficienza e si accetta la sfida di rimettersi in discussione sempre. Di accogliere un altro progetto di vita, un'altra proposta. Non una volta per sempre, ma momento dopo momento. Gli stessi vangeli sembrano essere scritti per strada. È lì che si ambientano le vicende, i discorsi, gli incontri… e questo significa che finalmente Bartimeo ha maturato qualcosa di più della stessa dignità recuperata. Non ha soltanto rotto gli ormeggi con ogni forma di sub-vita, di dipendenza, di inferiorità. Ora finalmente dà anche qualità e bellezza, senso e forza al suo vivere. Perché vivere non è sopravvivere, non è solo avere qualcosa da mangiare, dei soldi in tasca, un lavoro, una famiglia. Vivere è dare un senso ai propri giorni. Dare un senso, ovvero una direzione, ovvero un cammino. Per questo, Bartimeo che si mette in strada a camminare è l'icona splendente di una liberazione totale e completa. Vivere è avere Gesù guarisce il cieco - Duccio di Buoninsegna qualcuno da amare e da cui essere amati. È sentirsi utili a qualcuno. Vivere è avere un sogno, è progettare nel senso di proiettarsi verso il giorno dopo. È camminare. Essere uomini è essere nomadi. Il selciato è il racconto, è il luogo dell'incontro. La strada è l'unità di misura della vita in senso figurato e in senso proprio. Al lavoro come dall'amata ci si va mettendosi per strada. Peccato che oggi la strada sia sempre meno anche il luogo del passeggio e delle relazioni. In ogni caso resta il luogo obbligato della vita. Così Bartimeo, che all'inizio viene presentato come colui che “sedeva lungo la strada a mendicare” (Mc 10, 46), è ora colui che non siede più e vive quella strada mettendosi sui passi del “Figlio di Davide” che si è fatto strumento della sua liberazione. Dai margini ha guadagnato il centro della strada. Non è più addossato alla parete delle case, sul fondo del marciapiede, com'è tipico di tutti i mendicanti. È in piedi e in cammino. Perché Bartimeo ha compreso che vivere non è soltanto rialzarsi da terra, ma anche mettersi in cammino sulla strada.

Vocazione pellegrino
S'era capito che questo racconto, più che di un miracolo, riferiva di una vocazione. Per chi avesse nutrito ancora qualche dubbio, Marco conclude con questa pennellata che è tipica dei racconti di chiamata. Bartimeo si comporta come l'esattore delle imposte e i pescatori: avendo lasciato la vita vecchia dietro le sue spalle, non esita a seguire Gesù. Non sa dove andrà e dove quell'uomo lo condurrà. Gli basta andare. Si fida di lui. Si affida a lui. Confida in lui. Questa è fede. È l'abbandono senza riserve nelle mani (e nei piedi) di colui che ha il potere di liberarmi. Per questo continuo a ripetere che questo personaggio minore dei vangeli rappresenta il modello della nostra vita e della nostra fede. Una fede umile che sa impetrare e riconoscere il volto di Dio, che sa rendersi disponibile alla sua azione ed esprime gratitudine e gioia prendendo a camminare nella stessa direzione di Dio. “Seguirlo per la strada” significa condividere lo stesso sogno e costruire lo stesso progetto. Vuol dire trasformarsi in soggetto e operatore di liberazione e di pace. Se solo anche noi aprissimo gli occhi e ci rendessimo conto delle meraviglie che il Dio della vita opera continuamente dentro la nostra miseria, prenderemmo a seguirlo senza esitazione alcuna, con slancio generoso e pronto, lasciandoci prendere per mano per non rischiare nemmeno remotamente di sbagliare strada. Questo è esodo. Se solo riuscissimo a lasciarci contaminare dalla fede di questo ex cieco, ci riscatteremmo dalle nostre appartenenze religiose che tante volte sembrano figlie sterili del calcolo e del confronto e cammineremmo finalmente liberi dietro il Signore della vita. Sorrideremmo di fronte a tutto ciò che prova a dividerci: la strada è la stessa. E persino la direzione! Cambiano forse solo il passo, l'andatura e la velocità del camminare. Anche le liturgie diventerebbero danze e le lingue canti. Eviteremmo di obbligare al gregoriano il mondo intero e ascolteremmo in silenzio i ritmi e le melodie di popoli e fedi in un'unica festa di luce e di musica. Seguire Gesù lungo la strada è il fascino del cammino che ti porta a incontrare gente e scoprire profumi nuovi. Diversi dall'incenso che riempie la sagrestia e il tempio della tua città; diversi dalle spezie della cucina di casa tua. Scopri così un'identità plurale che mi mette anche al riparo da ogni semplificazione di relativismo, di sincretismo e di macedonia spirituale.

Caro Bartimeo,
Camineiro vocè sabe no existe o camino. Paso paso, poco a poco, o camino se fais (camminatore tu lo sai che non esiste il cammino. Passo dopo passo e poco a poco si apre il cammino). Sono i versi di una canzone brasiliana che associo immediatamente alla tua esperienza di cammino. Come il camminatore della foresta, cui si riferisce la canzone, non conosce la strada e la apre ad altri a colpi di machete facendosi largo tra rami, arbusti e foglie, anche tu – che eri cieco fino a qualche minuto prima – hai dovuto conoscere tutto per la prima volta e aprirti un cammino davanti. Forse sarà anche per questa tua profonda consapevolezza di ex cieco che ti sei affidato ai passi del Figlio di Davide? Ed è per questo che non avendo io coscienza d'essere cieco, non mi lascio aprire la strada e guidare da Lui verso cammini esodali. Ci vuole troppo coraggio per avere fede, ovvero per fidarsi. Umilmente chiedo la tua intercessione a vincere le mie incertezze a mettermi in cammino sulla strada della vita vera. Incertezze ben nascoste dietro sicurezze ostentate, dietro il paravento di una cultura tronfia, celate nella botte di una razionalità arrogante e non negoziabile. La fede dei semplici. Questa la chiave di volta. La fede di coloro che hanno sperimentato d'essere liberati e che sanno abbandonarsi senza riserve. Se è così per me, sento che è vero anche per le nostre comunità. Anche nelle scelte cruciali della pace e della solidarietà continuiamo a essere figli del calcolo e dei ragionamenti umani. Solo umani. Di fronte alle minacce alla nostra sicurezza, ad esempio, la ragione dice di costruire muri sempre più alti e di armarli con armi sempre più potenti e di andare a sgominare il nemico fin dentro casa sua… Tu ci insegni questa fede scalza e libera che sa correre il rischio della nonviolenza. L'unica che non tradisca la via percorsa e segnata dal Cristo dei poveri. Come Francesco anche tu, Bartimeo ex cieco ed ex mendicante, hai imparato a puntare sull'irrazionale di Dio e a sconfiggere il nemico dentro di te, al punto – ci scommetto – di andare verso l'altro non per sopprimerlo ma per dirgli: ti voglio bene. Dove altro porta questa strada che ti sei messo a percorrere? Lo vorrei tanto sapere. Ma saperlo sarebbe esattamente negare la logica alternativa della fede. Quello che imparo in quest'ultimo tuo insegnamento è che quando la fede si mette per strada fa miracoli e incrocia la vita della gente. Si fa politica, economia… proprio come ci ha insegnato il Figlio di Davide. Grazie, Bartimeo e arrivederci, con l'augurio di ritrovarci un giorno viandanti sulla stessa strada.

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