USA

Dio d'America

Per vincere le elezioni negli Stati Uniti bisogna parlare di Dio. Il voto religioso conta. Sempre di più. E allora Dio deve benedire i candidati. E, se necessario, anche le guerre.
Massimo Rubboli (Docente di Storia, Facoltà di Scienze Politiche, Università di Genova)

L'importanza della religione nella vita privata e pubblica degli Stati Uniti è cresciuta in misura tale che anche la politica risente in qualche modo di questa realtà.
Negli ultimi decenni, la religione è diventata un fattore sempre più importante nelle elezioni presidenziali. Anche sondaggi recenti hanno confermato che molti elettori hanno visto l'intero processo elettorale attraverso le lenti delle loro tradizioni religiose, della loro fede, dei loro valori. Questi elettori hanno dato il loro voto al candidato che sembrava offrire le migliori garanzie di difendere e promuovere i loro valori religiosi attraverso proposte legislative, iniziative di politica estera, priorità di bilancio e programmi di servizi sociali.

Il voto cattolico
Dopo le critiche che gli sono state rivolte da alcuni vescovi per la sua posizione in difesa del diritto all’aborto, non è detto che John Kerry abbia riconquistato il voto cattolico, che in realtà è costituito da un insieme di sottogruppi caratterizzati da differenze regionali, socio-economiche, etniche e a volte teologiche. La divisione principale è quella fra i cattolici di origine europea e i cattolici ispano-americani, arrivati negli ultimi decenni e in costante crescita.
Nell’ottobre 2003, la Conferenza episcopale statunitense ha pubblicato una guida per gli elettori cattolici; in essa si osserva che, nel clima politico attuale, la Chiesa cattolica deve “essere impegnata ma non usata” nel processo politico.
I candidati hanno dovuto ovviamente tenere conto di queste aspettative degli elettori, anche facendo ricorso a un linguaggio religioso che rivestisse di autorità spirituale le loro posizioni e iniziative politiche. Non tutti riescono a farlo in modo convincente e, in generale, i repubblicani hanno mostrato di saperlo fare meglio dei democratici.

La Nuova Destra religiosa
Dopo la pesante sconfitta di Barry Goldwater nelle elezioni presidenziali del 1964, alcuni esponenti del Nuova Destra repubblicana decisero che era necessario allargare la base elettorale del partito, coinvolgendo i conservatori religiosi. Inserendo i valori tradizionali della famiglia nel programma politico, riuscirono a gettare le basi per una Nuova Destra religiosa, che portò, nel 1979, alla formazione della Moral Majority guidata dal pastore Jerry Falwell. Questa coalizione di cristiani (cattolici e protestanti) ed ebrei conservatori contribuì non poco all'elezione (nel 1980) e alla rielezione (nel 1984) di Ronald Reagan.
La “destra religiosa” è stata particolarmente abile nel costituire organizzazioni di base che hanno stabilito dei contatti sempre più stretti tra i candidati repubblicani e gli elettori che davano considerevole importanza alla religione. Queste forze conservatrici hanno dapprima esercitato la loro influenza a livello locale e poi a un livello sempre più alto, impegnandosi in battaglie politiche come quella contro l'aborto, contro i diritti degli omosessuali, per l'insegnamento del creazionismo e per la preghiera nelle scuole pubbliche. Nonostante la scarsa attenzione e considerazione che i mass-media prestavano ai conservatori religiosi, si andò consolidando un rapporto sempre più stretto tra loro e il gruppo dirigente del partito repubblicano.
I conservatori religiosi, inizialmente, furono osteggiati dai repubblicani moderati che temevano che le intemperanze verbali di leader come Jerry Falwell o Pat Robertson potessero alienare una parte dell'elettorato moderato. I nuovi esponenti della coalizione della “destra religiosa” sono indubbiamente più

Cultura della guerra
Lo spirito del patriottismo antifederalista che aveva animato le milizie del primo periodo nazionale è ancora presente oggi nei gruppi paramilitari di cittadini che si considerano gli autentici difensori dei valori americani tradizionali. Questi gruppi sono presenti in quasi tutti gli Stati e costituiscono una potenziale minaccia alla sicurezza interna, perché la loro ideologia è spesso estremista e le loro attività superano a volte le soglie della legalità.
Il fenomeno delle nuove milizie va visto nel contesto di quella cultura paramilitare che ha ripreso vigore prima con la II guerra mondiale e poi con la Guerra Fredda.
Oltre che nei comics dei supereroi, la cultura paramilitare ha trovato espressione in romanzi di grande successo, nel cinema (basti ricordare i film degli anni ’70 che esaltavano le imprese dei vigilanti fino alle imprese di personaggi come Terminator e Rambo) e nei parchi, sorti negli anni ’80, in cui milioni di americani “giocano” alla guerra.
pronti a compromessi politici su punti secondari; la loro strategia si è rivelata vincente e le lobbies dei conservatori religiosi sono ormai saldamente insediate a Washington e riescono a influire sulle decisioni del Congresso.

Le difficoltà dei Democratici
D'altra parte, in genere, i candidati democratici hanno mostrato maggiore riserbo sui loro orientamenti di fede e hanno dato l'impressione di essere meno interessati alla difesa dei valori religiosi dei loro avversari; in altre parole, il partito democratico non ha tentato di stabilire un rapporto organico con la componente religiosa dell'elettorato. Questa scelta ha quasi certamente influito negativamente sui risultati elettorali dei democratici negli ultimi anni.
Anche in questa stagione elettorale i candidati democratici hanno mostrato durante le primarie una notevole incertezza nei riguardi della religione e maggiore reticenza nell'uso di un linguaggio religioso, che invece Bush ha continuato a usare sempre di più dopo l'11 settembre 2001. Il presidente ha anche cercato di mantenere e approfondire i rapporti con le comunità religiose, in particolare (ma non solo) con gli evangelici conservatori, sottolineando la sua posizione contro l'aborto e la ricerca sulle cellule staminali.
Inoltre, la fede di Bush è stata oggetto di due libri e di un documentario inviato a migliaia di chiese. In queste biografie spirituali, vere e proprie agiografie a fini elettorali, il presidente è presentato come una persona che ha dovuto soffrire e affrontare ostilità a causa della sua fede, ma che è rimasto saldo nella fede dopo essere stato trasformato dalla grazia di Dio, che lo ha chiamato a guidare la nazione.
Tutto ciò ha contribuito a creare il mito del partito repubblicano come difensore dei valori religiosi e di quello democratico come espressione dei valori laici e non religiosi.

Il comportamento dei cattolici
Solo nel corso della campagna elettorale pare i democratici abbiano capito l'importanza di imparare a “parlare il linguaggio della fede” e abbiano tentato di modificare l'immagine del proprio partito come totalmente secolarizzato. La necessità di prestare maggiore attenzione al fattore religioso sembra essere stata recepita dallo staff di Kerry, che ha preso alcuni provvedimenti: innanzi tutto, è stata assunta una persona con il compito specifico di tenere i rapporti con le comunità religiose (cristiane, ebraiche, musulmane); poi, nel sito ufficiale del candidato democratico (http://www.johnkerry.com) è stato creato uno spazio apposito per la religione, con links e prese di posizione. In un discorso tenuto all'inizio di luglio 2004, Kerry ha dato prova di questa nuova strategia affermando che la fede ha un ruolo importante nella sua agenda politica. Kerry è cattolico, ma è difficile a caldo ricostruire il comportamento elettorale dei cattolici (circa

Cultura della pace
Il pacifismo ha radici storiche che risalgono al periodo coloniale. Al pacifismo originario di matrice cristiana si aggiunse poi quello di matrice anarchica e socialista che si sviluppò soprattutto nel XX secolo.
Oggi, alla cultura della pace appartengono movimenti e gruppi antimilitaristi, pacifisti e nonviolenti con caratteristiche diverse, uniti da una comune opposizione alla cultura militarista e alla crescente militarizzazione della politica estera americana.
(cfr. M. Rubboli, Dio sta marciando, Edizioni la meridiana, Molfetta, 2003)
un quarto della popolazione degli Stati Uniti), dopo la parziale perdita di credibilità della gerarchia della Chiesa cattolica, accusata di avere occultato per anni numerosi casi di pedofilia.

La Convention democratica: un nuovo uso della religione
Durante la Convention nazionale del partito democratico svoltasi a Boston dal 26 al 29 luglio 2004, è emersa in modo evidente la nuova linea dei democratici. Ha iniziato Clinton, con il ripetuto uso di “manda me!”, un esplicito riferimento a Isaia 6,8; poi ha continuato Barack Obama, che ha criticato l'uso strumentale della fede religiosa per dividere le persone; infine, anche Joseph Biden, non certo noto per la sua spiritualità, ha usato immagini bibliche.
Ma è stato soprattutto lo stesso Kerry a esprimersi in un linguaggio religioso per descrivere la sua posizione su questioni politiche: la politica ambientale riguarda la salvaguardia delle “cattedrali della natura”; il finanziamento dell'assistenza sociale è ispirato dal comandamento “Onora tuo padre e tua madre”. Kerry ha anche detto esplicitamente: “La fede mi ha dato dei valori e una speranza che mi hanno aiutato a vivere, dal Vietnam fino a oggi”.
Kerry è riuscito così a costruire un'immagine della sua esperienza religiosa che può rivaleggiare con quella di Bush: il presidente, a causa del suo problema con l'alcool, era caduto, aveva trovato Dio ed era stato salvato; in Vietnam, anche Kerry aveva trovato degli ostacoli, aveva sofferto e si era salvato. Come ha dichiarato nel filmato autobiografico presentato alla Convention democratica, “Oggi sono vivo per la grazia di un essere superiore”.

La Convention repubblicana: più guerra che religione
Se gran parte della Convention democratica è stata dedicata al servizio militare in Vietnam di John Kerry, che si è presentato accompagnato da un gruppo di veterani, la Convention repubblicana (New York, 30 agosto-2 settembre) si è aperta con un discorso di Bush padre da una portaerei, seguito da un saluto di una rappresentante del Congresso da un'accademia navale e poi da una serie di marce militari per ognuna delle componenti delle forze armate degli Stati Uniti. Gli interventi ufficiali, a partire da quelli del sindaco di New York Michael Bloomberg e dell'ex-sindaco Rudy Giuliani, a quelli del governatore della California Arnold Schwarzenegger (alias “Terminator”) e del senatore dell'Arizona John McCain (altro eroe della guerra del Vietnam), fino a quelli del vice-presidente Dick Cheney e dello stesso Bush, si sono concentrati sull'11 settembre, sulla lotta al terrorismo, sulla guerra in Iraq – oltre, naturalmente, a tentare di screditare Kerry con ogni mezzo – trascurando non solo le questioni etiche e religiose, ma anche l'economia, l'ambiente, l'educazione e altri grandi temi di politica interna.
Eppure, nonostante una campagna elettorale con forti richiami alla guerra contro il terrorismo, diventato un problema prioritario dopo i tragici eventi dell'11 settembre 2001, non va dimenticato che esiste una cultura della nonviolenza che si oppone alla retorica bellica e rivendica un patriottismo pacifista.

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