CORTE COSTITUZIONALE

Storiche sentenze

Storiche. E numerose. Le sentenze della Corte Costituzionale hanno pienamente riconosciuto la cittadinanza del Servizio Civile tra le forme della difesa del Paese. Di più. E ha ribadito che esiste una difesa civile accanto alla difesa tradizionale, militare.
Diego Cipriani

Dopo quasi vent'anni dalla storica sentenza della Corte Costituzionale, che dichiarò il Servizio Civile come forma di difesa della patria, la stessa Corte è tornata sull'argomento nel luglio scorso con un'altra sentenza, la n. 228. Ma procediamo con ordine.

Nel 1985 la Corte, presieduta allora da Leopoldo Elia e come relatore Giovanni Conso, aveva sentenziato che tra l'articolo 52 della Costituzione (quello del “sacro dovere” di difendere la patria) e la legge sull'obiezione di coscienza non v'era contrasto, in quanto la difesa della patria può essere espletata sia attraverso una difesa armata sia attraverso una difesa non armata. Così, il Servizio Civile degli obiettori di coscienza “non si traduce assolutamente in una deroga al dovere di difesa della Patria, ben suscettibile

Caritas Italiana, <i>Voci sull&#8217;obiezione. Interviste ai protagonisti</i>, La Meridiana, pp. 177
Mentre l’Italia dice addio alla leva, c’è chi non si rassegna a mandare in soffitta, oltre alla divise, anche il patrimonio di vissuti che per mezzo secolo si sono coagulati intorno alla pratica dell’obiezione di coscienza al servizio militare. La Caritas Italiana, l’ente che ha raccolto il maggior numero di obiettori nel nostro Paese, ha raccolto le testimonianze di 40 personaggi che, in un modo o nell’altro, hanno incrociato la propria vita con l’obiezione e il servizio civile. Interviste a personaggi del mondo istituzionale (come Andreotti, Pannella, Jean), della Chiesa italiana (come Piovanelli, Bettazzi), del movimento dei primi obiettori (Pinna, Gozzini, Fabbrini), della Caritas (Nervo, Pasini) ma ci sono anche molti “ex” obiettori che sono diventati famosi (come Tommasi, Carboni, Zuccato) nei più disparati settori della vita del nostro Paese. La prefazione è di Leopoldo Elia, presidente della Corte Costituzionale che nel 1985 emanò una storica sentenza a favore del servizio civile.
di adempimento attraverso la prestazione di adeguati comportamenti di impegno sociale non armato”.

Dalla sentenza al comitato
Fu una sentenza storica, quella, cui seguirono altre sette che demolirono la legge del 1972, che aveva riconosciuto l'obiezione al servizio militare. Non a caso il Parlamento ne dovette tener conto quando, nel 1998, approvò finalmente la nuova legge sull'obiezione di coscienza nella quale, all'articolo 1, si dice esplicitamente, ricalcando quella famosa sentenza, che il Servizio Civile è “diverso per natura e autonomo dal servizio militare, ma come questo rispondente al dovere costituzionale di difesa della Patria”.
Il legislatore, in quella stessa legge, si era spinto oltre, prevedendo anche la possibilità per gli obiettori di essere coinvolti in “forme di ricerca e di sperimentazione di difesa civile non armata e nonviolenta” . Ma solo nel maggio scorso, a sei anni dalla legge, il governo di centro-destra costituirà un “Comitato” incaricato dal ministro Giovanardi di affiancare l'Ufficio Nazionale per il Servizio Civile (la struttura della Presidenza del Consiglio che gestisce l'intero sistema del Servizio Civile in Italia) per realizzare quanto previsto nel '98.

Dentro anche le regioni
Ma torniamo alla Corte Costituzionale. Nel 2001 il Parlamento a maggioranza centro-sinistra, dopo aver deciso di sospendere la leva obbligatoria, approva la legge n. 64 che istituisce il “Servizio Civile nazionale”, un servizio volontario al quale già da tre anni possono accedere anche le ragazze. Nel primo articolo di quella legge si ribadisce che il Servizio Civile concorre, “in alternativa al servizio militare obbligatorio, alla difesa della Patria con mezzi e attività non militari”. La legge, e gli atti normativi successivi, prevedono inoltre il coinvolgimento delle regioni nella gestione del Servizio Civile, pur mantenendo la competenza ultima a livello nazionale.
E qui nascono i problemi. Infatti, la Provincia Autonoma di Trento è ricorsa alla Corte Costituzionale denunciando l'interferenza delle norme del Servizio Civile sui poteri e le competenze attribuite dal federalismo alle Regioni, arrivando anche a sostenere la non riconducibilità del Servizio Civile, così come previsto dalle nuove norme, al concetto di difesa della patria.
L'assise presieduta da Gustavo Zagrebelsky, e avente come giudice relatore Fernanda Contri, ha in pratica dato torto alla Provincia di Trento ricordando che la Costituzione attribuisce allo Stato la competenza non solo in materia di “Forze Armate” ma anche di “difesa” e aggiungendo che “accanto alla difesa militare, che è solo una forma di difesa della Patria, può ben dunque collocarsi un'altra forma di difesa, per così dire, civile, che si traduce nella prestazione dei già evocati comportamenti di impegno sociale non armato”. Insomma, per i giudici della Consulta il Servizio Civile “partecipa della medesima natura del servizio militare, quale prestazione equivalente a quest'ultimo e riconducibile alla stessa idea di difesa della Patria”. Gli stessi giudici, infine, non escludono che le regioni possano istituire un proprio Servizio Civile regionale, distinto da quello nazionale e nella sostanza diverso da esso perché non avente nulla a che fare col dovere di difesa.
Un nuovo autorevole supporto, dunque, per quanti da anni si sforzano di coniugare la difesa e la sicurezza con la nonviolenza.

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