Una rivoluzione cristiana
Il Punto Pace Molise di Pax Christi, nel primo anno di attività, ha promosso, per il 4 novembre a Campobasso, il convegno dal titolo “La rivoluzione cristiana – dignità umana nella Bibbia e nella Costituzione”, affidando la riflessione al presidente emerito della Corte Costituzionale, dr. Agostino Casavola e al biblista don Michele Tartaglia. Per chi è addentro alle questioni politiche di questa regione, unica e sorprendentemente confusionaria, che favorisce un’economia criminale e un sistema a uso dei potenti di turno, la riflessione sembrerà solo alta teoria, ma forse dovremmo accostarci tutti con umiltà sia alla Costituzione che alla Bibbia e imparare a conoscerle e amarle. Da dove nasce l’esigenza di approfondire queste tematiche? Nel corso del periodo di formazione, guidata da Francesca Delfino, abbiamo analizzato questioni attinenti ai diritti umani e alla centralità della dignità umana nella Bibbia.
Quindi, ci siamo posti alcune domande. Quale deve essere la funzione dello Stato e dei suoi apparati, Regione, Province e Comuni compresi? Lo Stato è certamente organizzazione, personale, leggi, sanzioni, eserciti, ma non sta qui la sua natura essenziale: se si limitasse a questo non si distinguerebbe da una società di ladroni. Ciò che caratterizza lo Stato è il fatto che, nella realtà degli interessi concreti, esso ritrova ed esprime la vera natura del popolo e la loro sua vera esigenza. Lo Stato informa a tale verità le leggi e il diritto. La sovranità non è, dunque, arbitrio, ma rappresentanza dei costumi e delle idee del popolo, che è il vero sovrano, in quanto crea il diritto ritrovandolo in se stesso. Tutto questo, evidentemente, rende lo Stato irriducibile a una grossa azienda di affari o a un grosso strumento di forza esteriore. Le rivoluzioni non devono essere interpretate come disordini calamitosi ai danni dello Stato – come il rovesciamento – ma piuttosto come frutto dell’adeguamento continuo dello Stato stesso alla realtà storica che esso esprime e rappresenta.
Questo pensiero di Capograssi (giurista cattolico e membro della prima Corte Costituzionale) si riallaccia a quello di Rosmini (filosofo, sacerdote e monaco): le rivoluzioni sono la graduale presa di possesso, che una parte sempre maggiore di umanità fa sempre più di se stessa. Con riferimento alla storia, abbiamo 3 tipi di Stato: lo Stato greco, lo Stato romano e lo Stato moderno. Nello Stato dell’antica Grecia, il potere statuale è in mano ai sapienti: non nel senso di scienziati, ma nel senso di cittadini per i quali esso rappresenta l’affare più serio, e il più alto valore della vita, superiore a ogni altro interesse pratico e particolare. Lo Stato greco è dunque esclusione di ogni altra umanità. Ed è in questo particolarismo esasperato che esso muore. A Roma le cose cambiano radicalmente. Il centro dell’interesse non è più la vita dello Stato, ma l’azione del singolo.
Questo consente l’emergere di uno Stato molto diverso, non esclusivo, anzi capace di includere la plebe e le genti. L’orbe (il mondo abitato) per la prima volta diventa urbe (la città). Il limite del modello romano sta, però, nel suo forte impianto giuridico, che si traduce nella volontà vuota capace di sancire quello che trova: la schiavitù, l’inferiorità della donna, l’arbitrio sui minori. Un’umanità ferma e astratta, quasi ipnotizzata. Ed è qui che si inserisce la rivoluzione cristiana. L’avvento del messaggio cristiano ha come effetto epocale di raccogliere in un’unica visione tutti i bisogni dell’umanità. Il Dio del cristianesimo non è, dunque, il motore immobile immaginato da Aristotele, ma un Dio che agisce nella storia. Non solo: il Dio del Cristianesimo è un Dio umile che si fa uomo. All’uomo è dato di condividere la sorte di Dio. Ne deriva che lo spirito umano si incarna e che il pensiero scende nella vita, si fa vita. La verità è accessibile facendola. Pensare significa amare, attuare, vivere, creare. L’eguaglianza degli uomini, che Roma aveva posto nella conquista militare di tutte le nazioni e che la Grecia aveva affidato allo spirito di cittadinanza, nel Cristianesimo diventa l’essere accomunati da una stessa origine, da uno stesso fine e da una medesima fede.
Ogni relazione umana, che fino a quel momento aveva implicato la subordinazione di un individuo a un altro, muta profondamente: è il caso delle relazioni familiari, delle relazioni tra servo e padrone, delle relazioni all’interno di uno Stato. L’autorità non è più un diritto, ma un dovere e questo si traduce nel realizzare il bene dell’altro. La rivoluzione cristiana è, dunque, la radicale liberazione da ogni dominio: non solo l’autorità diviene servizio, ma il servo condivide la stessa origine e lo stesso fine del padrone.
Nel momento in cui il detentore dell’autorità tentasse di sovvertire la formidabile graduazione di valori, resistere ai suoi comandi diventerebbe il più degno e più tragico dovere morale dell’uomo. Capograssi vedeva nello Stato tracciato dalla nostra Costituzione e nella rivoluzione cristiana non due domini estranei, uno all’altro, ma due sorgenti destinate a incrociarsi.